Ci sono pochi giochi che hanno saputo imporre non solo un marchio, ma anche uno standard nel proprio genere. Ufo Enemy Unknown e’ uno dei capolavori degli anni 90 che ancora oggi si tenta in mille modi di imitare e superare.
Quando usci’ – stiamo parlando del 1994 – avevo un’Amiga che arrancava a cambiare i quattro (o cinque?) floppy ogni volta che dovevo iniziare una missione; per non parlare delle interminabili attese fra un turno e l’altro, quando a muovere era l’AI e la capacita’ di calcolo era quella che era. Eppure la magia c’era tutta, trasudava da quei freddi supporti magnetici che custodivo gelosamente nel cassetto, timoroso potessero danneggiarsi da tutto quell’utilizzo; e quella passione, quella malattia non ha colpito solo me.
Lo schema di gioco era rivoluzionario, ai tempi: una parte strategica, con una gestione della base e delle finanze piuttosto dettagliata e che lasciava ampio margine al giocatore di scegliere come indirizzare gli sforzi della X-Com (l’organizzazione internazionale creata per difendere la Terra dall’invasione aliena); una parte molto affascinante dedicata alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, che regalava perle prese pari pari dal mondo dell’ufologia reale; e una parte di combattimento tattico a turni semplicemente sensazionale: tutto poteva essere distrutto, con una adeguata potenza di fuoco, la zona (creata randomicamente prima dello scontro) veniva pian piano esplorata con una tensione palpabile e gli alieni erano davvero ostici da eliminare e potevano saltar fuori nel peggiore dei momenti. Ci si affezionava ai nostri soldati, dotati di un’anima grazie al proprio nome e alle proprie caratteristiche di mira, resistenza, salute e cosi’ via che miglioravano battaglia dopo battaglia; e quando i nostri veterani venivano irrimediabilmente colpiti a morte era un vero pugno allo stomaco. Si dovevano utilizzare tattiche di copertura, sacrificando le reclute appena arrivate per permettere ai nostri elementi piu’ capaci di sopravvivere allo scontro e mettere fine alla minaccia aliena; e potevamo equipaggiare ogni soldato in modo differente, con armi, medikit e strumenti particolari, per essere sicuri che la nostra squadra di 14 uomini fosse preparata ad ogni evenienza. E come se non bastasse, la creazione di una “Ufopaedia”, mutuata da Civilization (entrambi i giochi erano pubblicati dalla mitica Microprose), che si arricchiva man mano di informazioni e pagine consultabili per avere informazioni sugli avvenimenti del gioco, sulle scoperte, sulle autopsie degli alieni catturati, sulle nuove armi e su molto altro ancora.
Tutti questi aspetti si affacciavano per la prima volta nel panorama dei videogiochi, e furono mescolati in modo sapiente e geniale tanto da poter definire Ufo Enemy Unknown uno dei migliori giochi di sempre… e pensare che ha rischiato di non vedere mai la luce per i ritardi nello sviluppo!
L’accoglienza, sia di critica che di pubblico, fu entusiasta, e ancora oggi e’ uno di quei giochi che puoi reinstallare, nonostante siano passati 20 anni, ed essere sicuro che ti divertiranno non poco – magari scaricando il file di installazione da qualche sito abandonware e facendolo girare sotto DosBox, e patchandolo con un’ottima utility creata dai fan in questi anni per migliorarne alcuni aspetti e risolvere alcuni bug, come quello della difficolta’ (chi pensa di aver finito il gioco originale al massimo livello di difficolta’ sappia che gli scontri erano tutti al livello piu’ basso!).
Sull’onda del successo, l’anno dopo usci’ Terror From The Deep, sequel che vedeva lo scontro spostarsi sotto il livello del mare. Basato su un approccio “more of the same”, il gioco proponeva una grafica appena ritoccata, nessun cambiamento sostanziale, ma una difficolta’ esasperantemente aumentata, tanto che in molti lo abbandonarono dopo pochi scontri, frustrati dall’incredibile precisione dei nemici.
Terror From The Deep non ha lasciato lo stesso segno del suo predecessore, forse perche’ sviluppato da un team diverso dall’orginale, ma e’ comunque un gioco da provare e da finire (con tanta pazienza, magari).
Dopo due anni di silenzio, il 1997 vedeva arrivare il terzo titolo della serie: X-Com Apocalypse, che tornato in mano agli sviluppatori originali della Mythos Games, aveva stravolta la struttura di gioco. Non si trattava piu’ di difendere la terra, ma una sola citta’; un agglomerato urbano di strategica importanza (piu’ avanti nel gioco verra’ spiegato perche’) costantemente messo sotto pressione da attacchi dall’aria e da terra.
Il gioco presentava molti aspetti cambiati e rinnovati. Intanto la grafica, che assumeva un tono a meta’ fra il futuristico e il fumettoso, con scelte ardite e piuttosto difficili da apprezzare… almeno inizialmente. Alla lunga quello stile dimostrava il suo fascino particolare, che in fin dei conti aiutava il giocatore a piombare nell’atmosfera del gioco, ma l’impatto iniziale era sicuramente di perplessita’.
Ma le novita’ piu’ importanti erano riservate al combattimento. Intanto, per la prima volta il combattimento aereo era gestito in dettaglio dal giocatore, invece che essere lasciato in mano ad uno scontro piuttosto stilizzato; ogni velivolo poteva essere indirizzato in un determinato punto della mappa, avere un atteggiamento piu’ o meno prudente e fatto volare ad una determinata altezza, tutte cose che andavano ad impattare direttamente sull’esito dello scontro con gli ufo, in grado di abbattere facilmente i nostri mezzi se lasciati a loro stessi. C’era da tenere in considerazione inoltre i danni alle strutture della citta’, che comportavano effetti nefasti sui nostri approvvigionamenti e sulla considerazione che i vari enti e corporazioni avevano nei nostri confronti (con la possibilita’ che addirittura si alleassero con gli alieni). La distruzione di qualche linea di comunicazione poteva addirittura impedire alle nostre reclute di raggiungere la base di assegnazione, come mi e’ successo una volta!
La parte tattica prevedeva una nuova modalita’ in tempo reale, utilizzabile in alternativa a quella tradizionale a turni. Mentre l’azione scorreva, era possibile mettere in pausa per impartire gli ordini con la stessa precisione dei precedenti capitoli, inclusa la direzione in cui guardare, la posizione (in piedi, in ginocchio o sdraiato), il rateo di fuoco e l’aggressivita’ nell’assaltare i nemici; era anche possibile dividere i nostri uomini in squadre (modificabili durante la battaglia) per facilitare gli spostamenti o gli ordini di sparare, tutte novita’ assolute che sarebbero state presto o tardi adottate come standard da altri giochi, anche di generi diversi. E, ciliegina sulla torta, l’intelligenza artificiale imparava giocando, tanto che iniziando due volte la campagna allo stesso livello di difficolta’, la seconda volta sarebbe stato impossibile utilizzare le stesse tattiche della prima se volevamo portare a casa la pellaccia.
Nonostante un’interfaccia poco elegante e inizialmente complessa da gestire, gli scontri a fuoco erano una vera delizia per gli occhi; vedere i traccianti ed i raggi al plasma o al laser riempire lo schermo mentre i due schieramenti tentano di trovare coperture da soli, senza il nostro intervento, e’ una esperienza che a tutt’oggi non riesco a trovare in nessun altro gioco.
Purtroppo il gioco e’ rimasto una gemma nascosta, a causa della grafica particolare e dello stile di gioco decisamente diverso; era necessario insistere nelle prime fasi di gioco per apprezzare appieno quelle caratteristiche cosi’ diverse rispetto ai capitoli precedenti, e in pochi lo hanno fatto. Resta comunque un ottimo gioco, forse il piu’ divertente della serie per gli scontri a fuoco.
Dopo Apocalypse, ci fu un vuoto durato diversi anni. Alcuni tentativi di spostare il genere nella categoria degli spara-spara caddero nel vuoto per la scarsa realizzazione tecnica, e si dovette aspettare fino al 2003 per vedere un nuovo gioco apparire sui nostri schermi. Si trattava di Ufo: Aftermath, prodotto da un team della Repubblica Ceca (o Ungherese, non ricordo), che non utilizzava piu’ il nome X-Com per ovvi motivi legali ma che manteneva piu’ o meno inalterato lo spirito dei precedenti capitoli.
Con una grafica discreta, il focus incentrato sugli scontri a fuoco (se non ricordo male la gestione della base era ridotta o praticamente assente) e interessanti colpi di scena, i ragazzi della Cenega confezionarono un bel gioco che si ritaglio’ la sua fetta di appassionati, in astinenza da troppo tempo.
Nonostante la difficolta’ di muovere i propri uomini in ambienti stretti come gli ufo, sia a causa delle inquadrature che per i colori utilizzati, Ufo: Aftermath era divertente. Certo, alcune scelte erano un po’ discutibili (come il raggio ridicolo delle armi, che sembravano piu’ fucili da soft-air che armi da guerra, o la riduzione della squadra ad un massimo di 8 componenti), ma sostanzialmente il gioco c’era eccome. Nonostante non fosse un capolavoro e ad un certo punto diventasse ripetitivo nell’affrontare le missioni (come i primi due capitoli, d’altronde), l’atmosfera di desolazione e morte provocata a livello planetario da un’attacco a sorpresa degli alieni nella primissima fase di gioco portava il giocatore a tentare la carta della resistenza, coinvolgendolo appieno e facendolo attaccare al monitor. Ci furono due seguiti, ai quali non ho (ancora) giocato, e di cui si parlava discretamente bene: Ufo: Aftershock del 2005, che presentava una forzatura iniziale nella trama rispetto al capitolo precedente, e Ufo: Afterlight del 2007, che spostava la guerra fuori dai confini terrestri.
Nel frattempo sul panorama videoludico erano uscite altre produzioni, piu’ o meno legittime e piu’ o meno fortunate.
E’ il caso di Laser Squad Nemesis, del 2002, e programmato dai fratelli Gollup, proprio quelli che avevano concepito il primo Ufo Enemy Unknown (e autori del primo Laser Squad, padre putativo della serie X-Com). Dotato di una grafica “cartoonosa”, era una versione multiplayer delle battaglie fra alieni e terrestri. Non c’era nulla di gestionale, solo 4 razze con diverse tipologie di soldati e veicoli con cui preparare la propria squadra e affrontare un amico online. Le battaglie erano discrete, ma non c’era troppa sostanza; il gioco non ebbe successo e fu rapidamente dimenticato.
Lo stesso si puo’ dire di Ufo Extraterrestrial, del 2007, che passo’ come una meteora nel firmamento dei titoli dedicati alla lotta “umani contro alieni”. Altro titolo che non ho (ancora) personalmente giocato, ma che riprendeva il tema della campagna single player senza riuscire a far sentire la propria voce.
Un discorso diverso va fatto per il progetto open-source (e quindi gratuito) di stampo tedesco Ufo: Alien Invasion. Nato nel 2001, e tutt’ora in corso di sviluppo, incarna benissimo lo spirito della serie prendendone gli aspetti migliori, riadattandoli in chiave moderna, e peccando solo in parte su alcuni inevitabili aspetti dovuti al carattere amatoriale del gioco.
Nella sua piu’ recente incarnazione, la versione 2.5 (ancora non definitiva, quindi soggetta a cambiamenti) e’ stato cambiato il modo in cui si attiva il fuoco di reazione, rendendolo meno immediato, ed e’ stato aggiunto il peso all’equipaggiamento. Gli scontri a fuoco, gia’ appagantemente difficili, sono ora divenuti a volte di difficile gestione, tanto che sul forum del sito ufficiale la comunita’ dice spesso la propria agli sviluppatori, appassionati quanto loro, per cercare di tarare il gioco.
Alcuni aspetti sono incompleti, come una presunta epidemia aliena che dovrebbe colpire la razza umana ad un certo punto del gioco, ma gia’ adesso e’ un piacere giocare ad Ufo: Alien Invasion. E’ difficile, coinvolgente e presenta una trama che se non si puo’ definire il massimo dell’originalita’ e’ sicuramente dettagliata. Consigliatissimo.
Ed arriviamo al 2012, con la pubblicazione di X-Com: Enemy Unknown, che vuole essere un revamp del gioco originale. Il nuovo titolo presenta una grafica eccezionale, nulla di comparabile a quanto visto finora (soprattutto negli scontri a fuoco) ed una atmosfera coinvolgente, ma al tempo stesso sembra figlio dei suoi tempi e piu’ che una campagna aperta alle scelte del giocatore sembra un tunnel in cui piano piano dobbiamo trovare l’interruttore per continuare sul percorso prestabilito.
Per la prima volta si e’ persa la possibilita’ di equipaggiare in totale liberta’ i nostri uomini, con un sistema a classi che ne limita armi disponibili e comportamento in battaglia; sebbene ci siano abilita’ che si acquisiscono con l’esperienza, diverse da classe a classe, ci si sente limitati sia nell’equipaggiamento che nella composizione della squadra. Soprattutto, non si possono scambiare oggetti o raccoglierli da terra, quindi un soldato sprovvisto di medikit non potra’ salvare un compagno prossimo alla morte, svenuto a terra e con un medikit piazzato nella fondina.
Le percentuali di tiro sono spesso sballate, tanto che in certi scontri e’ impossibile colpire con percentuali dell’88% o addirittura del 93%; e visto che i risultati sono precalcolati, sparando piu’ volte dallo stesso punto con la stessa percentuale dara’ sempre lo stesso risultato. Puo’ essere una scelta dettata dalla voglia di evitare la sindrome del save+reload, ma un gioco non deve correre il rischio di diventare frustrante, visto anche che la squadra e’ stata portata ad un massimo di 6 componenti, che si affrontano anche piu’ di 15 avversari per scontro, che la loro resistenza ai colpi e la loro mira e’ nettamente superiore alla nostra e che la morte di uno dei nostri uomini oltre a ridurre drasticamente le nostre capacita’ offensive rischia ogni volta di causare un panico a catena nei nostri uomini che scapperanno in posizioni spesso prive di copertura, facendone preda facile degli alieni.
Inoltre la tattica da utilizzare e’ contraria a quella sempre utilizzata, di esplorare ed accerchiare: qui occorre rimanere compatti ed in linea per non attivare i gruppi di alieni in attesa di essere “visti”, cosa che comporta il dover affrontare anche 9 alieni contemporaneamente, tutti piu’ forti e piu’ precisi di noi.
Il gioco e’ stata molto semplificato, tagliando qua’ e la’ aspetti consistenti di gioco, e se la difficolta’ e’ stata aumentata semplicemente rendendo impossibile al giocatore di poter agire efficacemente (tre attacchi alieni su diverse citta’, a cui possiamo rispondere solo a uno per esempio), tutto sembra essere stato reso piu’ spettacolare, con una grafica oggettivamente splendida ed un taglio cinematografico alle sequenze di gioco.
Molto si e’ perso con questo remake, che rimane sicuramente un gioco da provare e finire (l’apprensione durante gli scontri e’ totale), ma che non rende giustizia alla saga di X-Com e che rischia di precludere l’esperienza dei precedenti capitoli, sicuramente molto piu’ cerebrali, ai nuovi giocatori.
Chiudiamo questa rassegna con Xenonauts, un progetto che dovrebbe vedere la luce nel 2014, e che dovrebbe riprendere lo spirito del primo capitolo ambientandolo negli anni della guerra fredda. Non molto e’ trapelato su questo titolo; tutti noi appassionati restiamo in attesa, fremendo per mettere le mani sull’ennesima incarnazione di quella pietra miliare che e’ Ufo Enemy Unknown.
Lunga vita alla saga di X-Com!!