Se vi piacciono le serie di fantascienza su futuri distopici un po’ complottisti, la trama di questo titolo potrebbe affascinarvi; Ma c’è un però.
Dall’Australia non arrivano solo canguri e boomerang, ma anche ottima musica e qualche interessante novità televisiva. Non è purtroppo il caso di The Unlisted che, con i suoi quindici episodi da venti minuti l’uno, ambisce al genio di Philp K. Dick ma si schianta sul pressapochismo di brutti episodi in stile Watchmen – La Serie; il più classico dei “vorrei ma non posso”, in quest’opera di Justine Flynn che parla di adolescenti agli adolescenti ma con la testa di un adulto e gli effetti speciali di un povero.
E pensare che l’intreccio iniziale poteva anche essere interessante. Dru e Kal sono gemelli omozigoti, hanno dodici anni e vivono in una famiglia indiana che più luogo comune di così non si può. Un giorno a scuola partecipano a un test che invece è una cospirazione del governo che punta a controllare i ragazzi attraverso un impianto di un chip sotto cutaneo; i pochi che, per disparati motivi, riescono a sottrarsi all’operazione diventano gli Unlisted e, in quanto liberi e lucidi, incarneranno i paladini della verità pronti a lottare per evitare che questo futuro nero diventi realtà. A Elon Musk saranno fischiate le orecchie ma avrà anche avuto dolore alla mascella per il troppo ridere.
La realizzazione della serie è tecnicamente imbarazzante, a partire dal controllo mentale delle vittime, reso visivamente attraverso il cambio di colore delle pupille (tipo i cartoni animati di Hanna & Barbera ma senza il talento di Hanna & Barbera). La cattivissima società che vuole governare l’umanità, chiamata Infinity Group, ha la stessa tecnologia di un grattacheccaro sul lungotevere ma senza le cannucce colorate e la frutta a pezzettoni. Quando poi ci addentriamo nei personaggi, l’umorismo si fa puro.
La nonna è semplicemente una psicopatica. Vive con il figlio e i nipotini e passa tutto il giorno a cucinare improbabili manicaretti indiani che impone ai malcapitati di turno. In pratica, questi poveracci si svegliano all’alba per andare al lavoro e a scuola e già si trovano costretti ad ingurgitare, ancora in pigiama, salse piccanti e samosa. Un accollo senza precedenti!
In questa serie i buoni sono buoni, i cattivi cattivi. Non c’è nessuna introspezione dei personaggi e qualcuno ha dialoghi che sembrano scritti dai Vanzina; robe tipo “il mondo sarà nostro” oppure “non li lasceremo vincere sulle nostre vite”. Se ancora non siete sazi di cotanta superficialità, sforzatevi di arrivare fino alla fine di The Unlisted per scoprire che tutto andrà esattamente come vi aspettavate andasse, compreso il presunto (e quasi offensivo) colpo di scena finale (rigorosamente all’ultimo fotogramma) in cui quei geni dei produttori si preparano il terreno per una seconda stagione. Il vero mistero è capire chi si vedrà questa nuova stagione dopo aver fatto il pieno di incongruenze narrative, inquadrature scolastiche e fotografia da filmino della prima comunione.
Come ci insegna Madre Natura, a volte far parte di un branco salva la vita. In questo caso, evitare i non listati vi salverà da otto ore di nulla assoluto.