Remake di un film francese uscito tre anni prima, The Next Three Days e’ uno di quei pochi film d’azione statunitensi che riescono a mantenere una trama abbastanza credibile per tutta la loro durata.
Russel Crowe e’ un buon padre di famiglia. Con Elizabeth Banks, la moglie, stanno crescendo un bambino sano e felice; la loro vita calma e’ turbata solo da piccoli scontri lavorativi. Quando lei viene arrestata per l’omicidio del capoufficio le cose precipitano, e lui si trovera’ a dover gestire una situazione piu’ grande di lui che necessita di una soluzione il prima possibile.
The Next Three Days e’ un buon film ed e’ un thriller atipico; alle classiche scene d’azione pacchiane preferisce un sottile gioco psicologico e mentale, ed incentra l’attenzione sui rapporti umani. I momenti di tensione ed anche di azione non mancheranno, ma sono confinati, a mio parere ottimamente, nell’ultimo terzo del film.
Come detto, il regista Paul Haggis (Nella Valle di Elah) si sofferma molto sull’aspetto umano della vicenda. Russel Crowe, che nell’immaginario collettivo rimane per tutti il protagonista-guerriero de Il Gladiatore, si dimostra eccezionale nel concentrare su di se una carica emotiva sostanziale; e’ capace di suscitare tenerezza, nel modo amorevole in cui accudisce il figlio, e pieta’ per la condizione familiare in cui si trova. La sua controparte, una bravissima Elizabeth Banks (Slither, Hunger Games) e’ capacissima d’altronde di ammaliare ed insospettire lo spettatore, riuscendo a confondere le acque sulla sua natura fino alle battute finali.
Attorno a loro ruotano attori meno noti sui quali ho qualche perplessita’ (nel caso dei poliziotti) o grande stima (i familiari Brian Dennehy, gia’ visto in Rambo e Cocoon, ed il giovanissimo Ty Simpkin). Particine di rilievo per Liam Neeson e Olivia Wilde.
I tempi sono perfetti; non ci sono mai cali nel ritmo, e nonostante la pacatezza dei toni l’attenzione e’ sempre alta. La fotografia e’ capace di cogliere gli aspetti piu’ intimi della vicenda come quelli piu’ spettacolari, e senza dover ricorrere a particolari tecniche; i colori sono tenui ma piu’ morbidi che sbiaditi, come a voler sottolineare il dolore piu’ che il disagio.
Anche il repentino cambio di stile che a un certo punto trasforma il film e’ sapientemente gestito e ben curato; un plauso va al regista, capace di trovare soluzioni razionali alle situazioni create dalla sceneggiatura.
Il film e’ molto buono, e ne consiglio vivamente la visione; se vi piace il genere vi suggerisco anche il recentemente recensito Non Dirlo a Nessuno, pellicola clamorosamente bella che merita la vostra attenzione.