Sottile e’ il confine tra una realta’ distopica ed una valanga di cazzate. Non ho ancora capito da quale parte cada The Lobster.
Affrontare la visione di The Lobster non e’ cosa da poco. Ci vuole una buona mezz’ora solo per cominciare a capire che ci troviamo in una Inghilterra contemporanea, dove pero’ e’ proibito essere single. Chi si lascia o diventa vedovo viene portato in un hotel dove in pochi giorni dovra’ trovare un partner, pena la trasformazione in animale.
Il regista greco Yorgos Lanthimos immagina una realta’ sicuramente basata sulla nostra contemporaneita’ ma portata all’estremo, una realta’ dove le persone risultano essere completamente anaffettive, isolate, controllate nei modi e nelle emozioni. In tutto il film infatti non ci sono esplosioni di emozioni, ma tutto e’ freddo, crudo; nei toni e nelle espressioni.
L’inizio del film e’ grottesco e difficilmente comprensibile; e’ davvero faticoso credere a cio’ che si vede e si sente. Per la prima meta’ del film sembra di assistere a quei film sperimentali dove la cinepresa inquadra per venti minuti un muro bianco senza che accada nulla (no, fortunatamente non e’ questo il caso); la sequenza logica delle conversazioni e’ completamente aliena alla nostra e questo non aiuta ad entrare in sintonia con la pellicola. Poi pian piano qualcosa si smuove, cominciamo a penetrare nella fitta ragnatela che il regista ci ha messo davanti e riusciamo finalmente ad intuire, piu’ che capire, i retroscena.
Insomma ci troviamo di fronte ad un film strano (ma strano strano, eh), che vuole probabilmente farci ragionare su quanto gli esseri umani del mondo occidentale si stiano allontanando l’un l’altro; eppure manca di credibilita’. Non certo per mancanze del cast: ci sono nomi del calibro di Colin Farrell e Rachel Weisz, contornati da altri bravissimi attori (Jessica Barden, John Reilly, Angeliki Papoulia, Ben Whishaw e Lea Seydoux). Tutti, nei loro ruoli, sono egregi nel mettere in scena personaggi ben delineati e rappresentati. Quello che si fa fatica ad accettare e’ il mondo in cui vivono, le usanze, le leggi, le stesse conversazioni.
Ottima la fotografia, con toni sempre smorti adatti alla trama, e precisa ed efficace nelle scene.
Quello che a prima vista e’ un film brutto, parto magari di qualche salotto bene, al termine della visione si pone come spunto di riflessione sulla nostra societa’ al pari di quel Carnage recensito non troppo tempo fa su queste pagine e dove, guarda caso, ritroviamo John Reilly nel ruolo di protagonista. Alla stregua del film di Roman Polanski, questo The Lobster non mi convince troppo, eppure non mi sento di bocciarlo. E’ uno di quei film che non sai bene come giudicare anche dopo averlo visto, e non sai nemmeno se consigliarne la visione o meno.