Sweet Tooth – Stagione 3: la recensione

Tutte le cose finiscono, anche quelle belle; e così arriva la conclusione di questa serie fantasy tanto amata e forse… forse è meglio così.

 

 

 

Tratto dai fumetti di Jeff Lemire, questo titolo di genere è stato molto apprezzato dai fan nelle prime due stagioni (1 e 2); ma ora siamo in pieno testa coda e lo schianto è quasi certo. Un vero peccato! Ambientato nella suggestiva Alaska e con buona parte del cast confermato, si riesce nell’impresa di dissipare tutto questo vantaggio proponendo un intreccio che s’inceppa quasi subito. Un po’ come quando in Lost si tentò la supercazzola per chiudere in grande stile un’ottima idea, anche in questo caso la spiegazione dell’origine dell’afflizione e della genesi degli ibridi è a dir poco imbarazzante. Un qualsiasi episodio di Yattaman sarebbe più credibile, più che altro per la gioia di perdersi nelle curve di Miss Dronio. Nulla è davvero reso fruibile ma, in compenso, tutto si complica, episodio dopo episodio, fino ad arrivare all’implosione cerebrale del finale. Jim Mickle ha fatto un casino enorme e non ha alcuna scusa.

Gus cerca la mamma che cerca la grotta da cui tutto è partito dove però c’è un albero che a sua volta è cercato dai cattivoni di turno per sterminare per sempre gli ibridi… Sì, sembra un testo di una canzone di Annalisa e non è certo un complimento; non è mai facile chiudere bene qualcosa che è partito molto bene, ma la superficialità come estrema ratio andrebbe sempre evitata. Un esempio? Ci sono in sospeso dalle altre stagioni sotto-storie di personaggi minori che non vengono mai più riprese e si viaggia su piani temporali diversi intrecciati di continuo all’unico evidente scopo di non farci capire una mazza. La verità è che di Christopher Nolan ce n’è uno, tutti gli altri son nessuno.

Eppure il difetto più grande di questa stagione non è neanche questo.

Consapevoli, probabilmente, della farraginosità della storia, gli sceneggiatori cercano di salvare la baracca infilando colpi di scena uno dietro l’altro: fuochi d’artificio su fuochi d’artificio per farti guardare il cielo e non lo schifo dove stai camminando. Tipo? Considerate che non c’è nessuno che non muoia e risorga almeno due volte nel corso di questi nuovi episodi; neanche al Vaticano osano così tanto. Appena ci si rilassa un secondo, scoppia qualcos’altro altrove e la narrazione riprende a correre. Ci vorrebbe un polmone d’acciaio in dotazione ad ogni spettatore per seguire il papocchio nella sua interezza senza collassare.

Resta almeno la fascinazione di un mondo strettamente connesso alla natura e una fotografia di primissimo livello, ma è troppo poco per non mandare in malora l’ottimo lavoro delle stagioni precedenti. Se si pensa che uno dei nuovi protagonisti è Nuka, una bambina che dovrebbe essere una volpe e che invece sembra invece Winnie The Pooh dopo che ha fumato oppio, diventa chiara l’approssimazione con cui è stata confezionata la serie.

 

Sweet Tooth stagione 3 recensione

 

Mancano Paba, Uomo Grande della prima ora e finanche il Generale Abbott (che per fortuna resta morto e sepolto); manca la poesia di un titolo che voleva declinare le intuizioni di Greta Thunberg in una storia moderna e antica allo stesso tempo; mancano, ad esser sinceri, anche le parole per insultare chi ha consentito questo scempio. Alcuni episodi sono vistosamente dei tappabuchi, e questo diventa offensivo per uno spettatore moderno. Provate a seguire la puntata sui vecchietti del Casinò senza avere la sensazione che vi stiano rapinando il tempo e la dignità.

L’unica ragione per cui non si sprofonda nell’insufficienza perniciosa è che ormai abbiamo imparato a voler bene a quei simpatici animaletti a cui perdoniamo anche un epilogo così infausto. La speranza è che a chi ha prodotto tutto ciò inizi presto a tremare il mignolo.

Sweet Tooth – Stagione 3, 2024
Voto: 5
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