Strategici: turni e tempo reale, l’eterna diatriba

Giocare a turni o giocare in tempo reale? Qual è meglio? Questo è un duello che non avrà mai un vero e proprio vincitore!

 

Cosa si intende per giochi a turni o in tempo reale? Nel primo caso il gioco è basato su una rigida scansione di fasi alternate, all’interno delle quali solo una delle due parti ha l’iniziativa. Nel caso del “tempo reale” l’azione si svolge fluidamente e con continua interazione tra i due avversari.

È legittimo chiedersi perché la maggioranza dei giochi strategici – ed i wargames in particolare – ricorrano ad un sistema apparentemente astratto ed artificioso come quello dei turni. La prima risposta che mi viene in mente è ovvia: perché derivano dai giochi da tavolo, a loro volta discendenti dagli scacchi, che portano iscritto nel loro patrimonio genetico la struttura delle mosse alternate. La schematizzazione della realtà insita in questi antenati porta quasi naturalmente con sé la scelta del sistema a turni.

Ma c’è un’altra ragione meno occasionale e più profonda: lo scopo dei giochi strategici è quello di mettere alla prova la capacità di analisi e di pianificazione, che possono compiutamente dispiegarsi solo in occasioni nelle quali il tempo non sia una priorità assoluta.

Difficilmente in una situazione di flusso continuo dell’azione l’attenzione del giocatore si distribuirà uniformemente sull’intero teatro delle operazioni; è praticamente fatale che essa si concentri solo su certi eventi particolarmente “vistosi” a scapito di altri che si presentano con minore evidenza (per fortuna le AI sono poco inclini alle manovre diversive…). In altre parole, è ben difficile conseguire una visione globale ed equilibrata della situazione. Non è casuale che giochi strategici con una scala di ampio respiro siano in gran parte basati su sistemi a turni, mentre quelli real time abbiano prevalentemente per oggetto situazioni ed ambiti tattici.

Il sistema a turni insomma consente una ampia ed accurata riflessione, dalla quale più facilmente scaturirà un piano profondo e ben impostato che metterà in luce l’autentico talento strategico del giocatore.
Ogni rosa ha le sue spine, però…

 

 

L’illimitata disponibilità di tempo può consentire spesso anche a strateghi mediocri di conseguire risultati semplicemente procedendo per esclusione tra le varie opzioni possibili (e questo è a mio avviso uno dei fattori che rende spesso deludente la performance delle AI contro il giocatore umano).

Se poi si concentra l’attenzione sul mondo dei wargames, che tendono per lo più a ricreare una ben precisa realtà storica, bisognerà ammettere che non si dà frequentemente il caso di decisioni importanti che siano state maturate in situazione di piena ed illimitata disponibilità di tempo. Spesso il fatto di dover far scelte in un determinato momento, con le incomplete informazioni disponibili e senza poterle approfondire è stata la sfida nella quale anche grandi talenti militari sono stati messi a dura prova con esiti alterni. La pressione di un tempo limite da osservare fa spesso emergere le capacità di intuizione ed improvvisazione che fanno anch’esse parte dei ferri del mestiere del buono stratega.

Un’altra pecca del minuetto dei turni sta nel fatto che la loro meccanica alternanza concederà anche al giocatore meno brillante una prevedibile ripresa d’iniziativa durante la quale sarà forzatamente imposta al giocatore in vantaggio un’artificiale battuta d’arresto nella quale il crescendo di slancio e ritmo della sua azione verranno spezzati (e si sa quanta importanza hanno invece questi fattori nella realtà…).
Un ultimo inconveniente del sistema a turni è costituito dal fatto che esso comporta sempre schematizzazioni ed astrazioni: un giocatore in possesso di una buona conoscenza del sistema di gioco può far leva su di esse per costruire delle tattiche totalmente basate sullo sfruttamento di peculiari meccanismi interni del gioco, prescindendo da un’analisi della situazione in campo.

Va detto però che gli sviluppatori dei giochi a turni – sempre più profondi e sofisticati – non sono rimasti con le mani in mano ed hanno cercato di superare le restrizioni del sistema con vari accorgimenti. Le tattiche basate sullo sfruttamento di un numero fisso di turni nello scenario sono state neutralizzate con l’introduzione di meccanismi di prolungamento aleatorio della partita (addio ai furiosi assalti del penultimo turno…). La relativa passività di uno dei due giocatori durante lo svolgimento del turno avversario è in parte ovviata dall’ “opportunity fire”, una reazione automatica di fuoco da parte delle unità del giocatore passivo che scatta non appena si verifichino certe condizioni (spesso parametrabili manualmente, come nel caso di West Front, dotato di una sofisticata e flessibile gestione del fuoco di reazione). Ulteriori meccanismi di fluidificazione delle rigidità dei turni possono essere ravvisati nella possibilità di mettere certe unità in schieramento di “riserva”, in modo tale che durante il turno avversario possano muovere autonomamente ed ingaggiare un’unità nemica venuta a trovarsi nel loro raggio d’azione (le “local reserves” e le “tactical reserves” di Operational Art of War). In alcuni casi è stato ripreso da alcuni giochi da tavolo il sistema dell’iniziativa variabile, un meccanismo che in presenza di certe condizioni sottrae un turno ad un giocatore (in genere per via della sua scarsa propensione all’azione) per assegnarne due consecutivi all’avversario (ancora Operational Art of War). Lo scorrere del tempo ed il suo assorbimento per operazioni impegnative viene simulato con sistemi astratti, che decurtano il potenziale di azione delle unità – comprese quelle che non hanno mosso – in relazione al “time expended” per azioni già svolte (sempre Operational Art of War): va detto che spesso questi sistemi non sono sempre molto intuitivi e rappresentano una difficoltà considerevole nell’apprendimento del sistema di gioco.

Nonostante la sofisticazione introdotta dai progettisti dei sistemi a turni, difficilmente però questi ultimi potranno raggiungere l’effetto di immersione psicologica che conseguono i giochi in tempo reale come la famosa serie Close Combat di Atomic: qui si ricarica sul giocatore anche lo stress del controllo continuo della situazione e della necessità di agire “di rimessa”, tenendo conto dell’importanza delle scelte di tempo nell’impostazione delle operazioni. L’effetto sorpresa in questo contesto può esser maggiore, e dall’interazione contemporanea dei due contendenti possono scaturire situazioni impreviste da entrambi: quindi largo alla capacità di improvvisare.

 

 

Va però notato che in un wargame in tempo reale diventa quantomai critica l’impostazione dell’interfaccia, che deve consentire al giocatore un efficace e valido controllo dell’intero teatro di operazioni. Questa maggior difficoltà di gestione spinge poi i progettisti ad elaborare sistemi con un menù di ordini ed opzioni piuttosto ristretto. È inoltre significativo che sinora siano stati realizzati pressoché esclusivamente wargame real time limitati alla scala tattica e su mappe relativamente ristrette, mentre stentino a vedere la luce alcuni impegnativi giochi su scala strategica già da molto tempo in preparazione (l’ormai fantomatico Road to Moscow, l’ambiziosissimo Harpoon 4…).

Close Combat III pone l’accento sul fattore tempo nei combattimenti a livello di squadra.

Più interessanti alcuni tentativi di applicare il sistema real time alle battaglie del 18° – 19° secolo, fatto forse dovuto alla migliore omogeneità di unità e tattiche messe in campo (citazione d’obbligo per l’ingiustamente trascurato Syd Meyer’s Gettysburg, il cui motore di gioco fa sognare i patiti delle battaglie napoleoniche…).

L’immedesimazione psicologica del giocatore va però a scapito della lucidità e della freddezza dell’analisi, per cui spesso gli scenari in tempo reale tendono a risolversi in affannose mischie dove si mira solo alla fisica eliminazione dell’avversario, concentrandosi su scelte meramente “tecniche” e sacrificando la componente di manovra. La prossimità con il mondo del gioco di simulazione emerge qui evidente: è curioso notare come viceversa alcuni sofisticati simulatori di guerra terrestre (specialmente quelli di tank… si pensi agli eccellenti M1A2 Tank Platoon 2 e Panzer Elite) si stiano sempre più evolvendo verso una ragionata dimensione tattica (controllo di unità ausiliari, pianificazione dell’azione complessiva, interdipendenza del giocatore da uno scenario circostante in cui deve inserirsi ecc.).

A mio avviso poi l’integrazione in questi giochi di “modalità campagna” con sistemi di acquisizione di rinforzi ed equipaggiamenti correlati al risultato conseguito nei precedenti scenari finisce per impoverire notevolmente la qualità della condotta tattica del giocatore, deformandola nella direzione di un accumulo di risorse da impiegare poi senza grande cautela.

Come uscire dalle ristrettezze di questo dilemma? Qualcuno ha tentato la strada di un sistema intermedio, quello a “impulsi”, ma questo è un altro argomento…

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