Starfield: la recensione

È uscito Starfield, il GDR fantascientifico di Bethesda che ci lancia tra le stelle nell’avventura che tutti abbiamo sempre sognato; lo proviamo per voi!

 

 

La tanto annunciata nuova fatica della Bethesda è finalmente uscita. Grandemente pubblicizzato come il loro primo titolo originale dopo 25 anni, ha visto un’attenzione impressionante durante il suo sviluppo sia per le grandi (solite) promesse del CEO di Bethesda, Todd Howard, che per la voluta aura di mistero che ha avvolto il gioco, almeno fino a poco prima della sua uscita.
Il gioco in questione è ovviamente Starfield, GDR fantascientifico che allontana i giocatori sia dalle terre di Tamriel dell’universo di The Elder Scrolls che dalle lande contaminate di Fallout, portandoli letteralmente tra le stelle.

 

 

Questa recensione vuol essere assolutamente priva di spoiler, che di fatto potrebbero minare l’immersione e l’esperienza a coloro fossero interessati al gioco, ma saremo per questo molto limitati.

L’introduzione del gioco è alquanto veloce, ma da subito notiamo dei seri problemi: una trama per nulla ispirata e personaggi macchiettistici che agiscono in maniere improbabili (dopo cinque minuti ci viene regalata la prima astronave). Inoltre, per quanto Todd Howard ci abbia assicurato che potremo essere chi vogliamo, dal cacciatore di taglie all’astro-camionista, ciò si rivela subito non proprio vero; questo non perché il mondo di gioco manchi di mestieri, ma perché dal punto di vista del role-play partiremo con un personaggio già inscatolato in un contesto. Dispiace non poter essere troppo chiari per evitare spoiler, e questa d’altronde sembrerà solo questione di lana caprina, ma è di fondamentale importanza per la creazione di un buon personaggio.

Parte del cappello introduttivo del gioco prevede la visita alla più grande città dell’universo di gioco: Nuova Atlantide. La città stessa è un problema. Apparentemente una megalopoli, di fatto è un’ampia città in cui non faremo che perderci per l’assenza di una mappa. Sì, esatto, non esiste una concreta illustrazione della città – anzi di tutte le città – che ci consenta non dico di non perderci, ma quantomento di trovare qualcosa, qualsiasi cosa. Andremo a tentoni avanti e indietro solo per trovare un negozio; non a caso Nuova Atlandite mi ha fatto tornare alla mente quel terrificante dedalo di strade, ascensori e corridoi che costituivano la Cittadella nel primo Mass Effect, una sezione-incubo ancora oggi, ma pur sempre legato ad un gioco di sedici anni fa.

 

Questa la mappa di gioco: in questo caso inquadra la città più grande, Nuova Atlantide. Chiara, vero?

 

Nelle città non c’è mai un qualcosa in movimento ma camminiamo in diorami, presepi spenti dove NPC senz’anima non fanno che parlarci dei loro problemi senza che nessuno glielo chieda; tornano alla mente le guardie cittadine di Whiterun in Skyrim ed i loro problemi alle articolazioni delle gambe.
D’altronde le città non saranno per noi che semplici approdi commerciali dove liberarci del peso in eccesso svendendo a poco tutta la spazzatura che abbiamo raccolto nel nostro girovagare nello spazio. Unica altra vera ragione per visitare Nuova Atlantide è quella di raggiungere La Loggia, luogo cardine della storia principale dove andremo continuamente per fare rapporto delle nostre missioni; ritrovo, questo, dei nostri “colleghi”: personaggi da teatro greco, prevedibilmente stereotipati e senza alcun carattere.

Come già detto la storia principale non è per nulla ispirata, come da tradizione di tutti i GDR Bethesda che, per quanto solitamente di alto livello e ben apprezzati, hanno sempre peccato di una trama molto fiacca (forse eccetto Fallout: New Vegas, non a caso opera di Obsidian, software house figlia di Interplay Interactive, artefice di Fallout 1 e 2). La storia inoltre ci forzerà alla ricerca di misteriosi manufatti che tanto ricordano quelli che cercavamo in No Man’s Sky, un titolo per certi versi molto simile con cui non potremo non fare confronti, seppure Todd Howard, prima del lancio, si sia preoccupato di sconsigliare i paragoni tra i due giochi. Eppure lo scopo del gioco e le modalità con cui lo perseguiremo sono proprio gli stessi di No Man’s Sky.
Nel gioco inoltre saremo per l’ennesima volta una sorta di “eletto”, di “prescelto”, un solito insopportabile cliché che ricorda questa volta un titolo sempre Bethesda: ovviamente parliamo di Sykrim, dove il protagonista veste i panni del Sangue di Drago. Anche in questo caso si tratta di un problema per il role-play: potremo essere chi vogliamo, un pirata, uno sceriffo spaziale, ma resteremo per forza “vittime” di una benedizione; mai che si possa essere un uomo qualunque da plasmare in toto.

 

 

Parlando di esplorazione, il gioco offre un universo con più di mille pianeti, tutti realizzati a mano e non proceduralmente, come accade invece su No Man’s Sky (che infatti ne conta miliardi). Come era facile immaginare, dei pianeti di enormi dimensioni non potevano avere una grande cura nei dettagli. Bethesda aveva affermato che non un edificio sarebbe stato uguale all’altro, ma si percepisce palpabile l’uso, se non del “copia incolla”, perlomeno di qualcosa comunque molto simile che genera complessi edifici randomizzati per poi collocarli qua e là in maniera disorganica e casuale, ponendoli nel nulla e senza collegamenti tra loro. Quasi delle oasi nel deserto.
Tra questi pianeti nessuno spicca particolarmente, essendo tutti abbastanza anonimi e privi di qualche segno distintivo. Sfido chiunque a non essersi emozionato almeno una volta su No Man’s Sky alla vista di qualche pianeta fuori dal comune, magari per i suoi colori accesi, la curiosa vegetazione o per la sola conformazione del terreno del tutto propria di quel pianeta. In Starfield ci troviamo di fronte a mondi più realistici e pianeti dai tratti plausibili, ma ciò a un grosso prezzo: difficilmente resteremo sorpresi da qualcosa.

 

 

L’esplorazione in volo è alquanto deludente: un nostro viaggio non sarà altro che una cut-scene della nostra nave che si alza in volo seguita da una schermata di caricamento ed un’altra cut-scene per l’atterraggio. Non c’è alcun modo per volare a bassa quota sui pianeti; anche se volessimo spostarci di qualche centinaio di metri dovremo per forza tornare in orbita ed atterrare nuovamente.
Il volo nello spazio è ben più interessante e regala numerose sorprese. Potremo avere incontri casuali, certe volte molto interessanti. Rischieremo soprattutto di essere sorpresi da squadriglie di pirati spaziali che tenteranno di farci esplodere o di abbordarci; ma se ci dimostrassimo abbastanza in gamba potremo rivoltare le carte in tavola ed abbordare gli eventuali pirati, facendo strage dell’equipaggio e magari rivendendo la nuova nave per qualche soldino. Queste le situazioni più divertenti che inoltre ci invoglieranno nel migliorare la nostra nave o nel disegnarne una da zero che rispecchi il nostro approccio in combattimento: magari piccole, veloci ed agili, oppure grandi e lente ma dalla grande potenza di fuoco. Possiamo spendere ore ed ore solo nella progettazione e nella realizzazione di navi tagliate su misura per noi!
La costruzione è molto approfondita e potremo scegliere tra centinaia di pezzi via via sempre migliori. Mettere in piedi una nave bilanciata tra tutte le sue parti è abbastanza impegnativo, ci sono parecchi fattori da tenere a mente e spesso si devono accettare dei compromessi affinché possa volare (ad esempio una nave di grandi dimensioni, se non dotata dei giusti motori, potrebbe non alzarsi in volo). In questo ambito Starfield convince pienamente.

 

 

A fare da contraltare, ancora, c’è la gestione dell’equipaggio: potremo assoldare degli uomini od incaricare dei nostri compagni a farci da membri d’equipaggio, ma questi non avranno alcun ruolo effettivo: ci daranno soltanto differenti bonus, ed all’atto pratico questi uomini non potranno puntare cannoni o fare alcunché. Una scelta che spiazza, visto che in altri titoli viene proposto qualcosa di diverso.
L’esempio viene da un bel gioco purtroppo sconosciuto al grande pubblico (ma anche al piccolo): Pulsar: Lost Colony. In questo gioco esploriamo una galassia intera a bordo di una nave dove cinque giocatori – oppure un giocatore e quattro IA – si occupano ognuno chi di pilotare, comandare, puntare i cannoni, gestire la difesa e l’offesa elettronica od infine di curarsi dell’apparato macchina. Ognuno di questi ruoli corrisponde in sostanza ad un piccolo gioco a sé; una meccanica molto interessante da cui in molti dovrebbero prendere spunto. Starfield, se venisse approfondito in questo senso, ne godrebbe infinitamente, anche se oggettivamente questa è una scelta di design del tutto personale degli sviluppatori.

 

 

Il combattimento non differisce molto da quello di Fallout 4 o di Fallout 76 e ciò non è un male: fa il suo e lo fa bene. Si poteva e si doveva fare solo qualche passo in avanti con la IA dei nemici, al momento statici bersagli senza intelletto.
L’armamentario comprende un buon numero di armi adatte ad ogni gusto: da fuoco con proiettili, o laser, ad impulsi, armi da taglio e da botta e così via; possiamo sbizzarrirci riuscendo a trovare sempre l’arma che faccia al caso nostro. Forse c’è meno varietà di armature, ma in ogni caso il gioco vince per il design.

Ecco, il design! Come siamo ben abituati dai giochi Bethesda il design di ogni cosa è sempre eccezionale: potete passare ore a guardare ogni piccolo oggetto, pezzo d’arma, nave, ambiente e così via, riuscendo a restare ogni volta a bocca aperta. Un’altissima qualità realizzativa ed un grande sforzo d’immaginazione che nel complesso riescono a mettere su un universo fantascientifico futuro e futuribile.

Per quanto riguarda le performance il gioco è veramente pesante, ed anche solo riducendo in modo minimo le impostazioni grafiche il tutto appare subito inguardabile. Follia pensare che Bethesda abbia ancora usato lo stesso criticatissimo motore grafico dal 2006; si spera almeno sia il suo ultimo utilizzo. Eppure c’è da dire che Starfield è probabilmente il GDR più stabile che si sia mai visto pubblicare dalla software house negli ultimi venti anni. Dalla nostra prova, in settanta ore di gioco, mai un bug ed un solo crash, ben motivato dalla grande dimensione di una nave in fase di disegno.

 

 

In sostanza, per tirare le somme, cos’è Starfield? È un gioco per certi versi splendido vista sia l’immensità dell’area di gioco sia la possibilità che offre con tutte le sue differenti meccaniche, ma che al tempo stesso fallisce non eccellendo se non in pochi aspetti. Si tratta in fondo di un gioco concettualmente vecchio. Sempre Todd Howard sostiene si debba paragonare il gioco ad un Red Dead Redemption 2, ma già la sola immersione che quest’ultimo titolo ci regala è enormemente maggiore e non si tratta nemmeno di un altro GDR.
Starfield è un gioco che resta aggrappato allo stile dei vecchi Fallout: non v’è stato alcun passo in avanti da parte di Bethesda; questa la sua colpa e questa in sostanza la causa della rabbia che ha generato in molti ed ha acceso grandi discussioni e controversie.
Starfield è un gioco che doveva osare, ma che è rimasto legato a dei canoni passati. Un gioco che supera la sufficienza, ma che doveva mirare a ben più alti risultati… un peccato. Come una squadra promettente che arriva seconda ad un campionato sportivo, il suo è certamente un buon risultato ma manca l’obiettivo finale.
È molto probabile che Bethesda rilasci grandi aggiornamenti e DLC che ne miglioreranno l’esperienza complessiva, ma se anche così fosse il gioco non farebbe che seguire la cattiva moda di tanti AAA rilasciati in modo affrettato per far cassa, condannando il giocatore a dover godere di un gioco incompleto o mediocre (dipende dal caso) nella speranza che riceva supporto in futuro.

Questa recensione non vuole stroncare il prodotto, seppure si siano mosse molte critiche. Come già detto, Starfield è un gioco dignitoso che supera bene la sufficienza. Inoltre Starfield, come GDR fantascientifico e per la grande libertà concessa al giocatore, rappresenta quasi un unicum nel panorama dei GDR attuali. Informatevi solo bene prima di acquistarlo: partendo preparati e senza troppe aspettative è facile che il gioco faccia scattare in voi la scintilla.

Per aspera ad astra.

 

Starfield, 2023
Voto: 7
Per condividere questo articolo: