Skam Italia: la recensione

Sei stagioni per cercare di capire gli adolescenti di oggi sono uno strumento magico per tutti i genitori moderni; se poi la serie piace anche i ragazzi…

 

 

 

Il segreto del successo di questo titolo sta tutto nella bravura di Ludovico Bessegato a saper cogliere la vera essenza di una generazione in divenire senza falsi moralismi o ricostruzioni lontane dalla realtà dei fatti; non poco per uno che è del 1983, quindi vecchio. Eppure parla di giovani ai giovani, per i giovani ma anche per i loro (disperati) padri e madri che cercano affannosamente chiavi di lettura di figli ormai persi tra gruppi WhatsApp, stories di Instagram e fluidità come scelta/non scelta della sessualità degli anni duemilaventi. Quindi Skam Italia è una specie di Bignami dei figli scazzati, ma affidabile. Se pensiamo alla tristezza di film come La Guerra Dei Nonni, dove Vincenzo Salemme raffigura i nipoti come un branco di cerebrolesi senza il pollice opponibile, qua siamo avanti anni luce.

Fattivamente la serie è ideata per TIMvision e prodotta da Cross Productions, e s’impegna a trattare la vita di tutti i giorni di alcuni studenti di un liceo di Roma (che poi è quel Kennedy dove sono cresciuti i Maneskin). Il titolo è una rivistazione dello Skam originale norvegese del 2015, ma solo formalmente, perché prende subito il sapore nostrano lasciando i vichinghi nelle memorie di Thor per puntare invece forte su festini al Pigneto e sbronze a Ostia.

Tutto il filone narrativo verte, più o meno, sulla stessa comitiva (a parte la fine per motivi anagrafici), ma l’ideona è che ogni stagione è incentrata su un personaggio specifico alle prese col suo skam, cioè la sua vergogna. Nella prima Eva Brighi ha tradito la sua migliore amica che non vuole perdonarla; nella seconda Martino Rametta cerca di comunicare al mondo che è gay; nella terza Eleonora Sava s’innamora del ragazzo sbagliato; nella quarta Sana Allagui tenta di conciliare Islam e Roma; nella quinta Elia Santini convive col problema di avere un pisello davvero piccolo e nella sesta, forse l’unica scontata per scrittura, Asia Giovannelli lotta con i suoi problemi alimentari.

 

Skam Italia recensione

 

La circolarità dei personaggi fa sì che, alla fine, ognuno si scelga i propri idoli e quelli da odiare, un po’ come in una compilation di canzoni anni ottanta. Succede poi che, stagione dopo stagione, ci si affezioni a questa ciurma di simpatici cretini; non a caso quelli apparentemente più marginali, Federicona e Luchino, risultano invece tra i più amati di tutti. Poi c’è chi ha adorato il percorso di consapevolezza sessuale di Martino e chi è impazzito per la dolcezza di Elia nel fare i conti con un handicap pesante. Forse la stagione su Sana è, in generale, un po’ meno gettonata per la colpa di raccontare un mondo, quello arabo, davvero troppo lontano dai nostri costumi. Non è facile empatizzare con una ragazza che trova giusto farsi il bagno alle terme col burkini.

Skam Italia ha anche una regia ottima, molto ritmata e ricercata. La scelta della colonna sonora rispecchia il mondo degli adolescenti (quindi spacca) e, come raccontato in apertura, i dialoghi sono profondi e divertenti allo stesso tempo ma, soprattutto, sono veri.
In un mondo di ovvietà e superficialità, dove un quarantenne è convinto che basti girarsi all’indietro un cappello con la visiera per essere giovane, questa serie italiana merita un applauso particolare: per il coraggio e per la pubblica utilità.

I ragazzi sono questi? Sì, nel bene e nel male. Prima lo capiamo, prima li capiamo.

Skam Italia, 2018-2024
Voto: 8
Per condividere questo articolo: