Quanto dell’andamento dei mercati è ancora legato allo storico proverbio e quanto è influenzato dai recenti avvenimenti geopolitici? Facciamo chiarezza.
“Vendi a maggio e fuggi”. Il famoso detto, noto nel mondo della finanza, si riferisce all’andamento storico delle performance dei principali indici azionari americani, tendenzialmente più basso nel periodo che va da maggio ad ottobre rispetto all’altra metà dell’anno. La divergenza, a livello di rendimento, tra i due semestri è evidente a partire dal 1950 ed è rimasta pronunciata negli ultimi anni, con l’indice americano S&P 500 che ha registrato un rendimento medio di circa il 2% da maggio a ottobre dal 1990, rispetto ad una media di circa il 7% da novembre ad aprile.
Più di recente, questo detto è applicabile anche ai mercati azionari al di fuori degli Stati Uniti, dove sembra vigere la stessa tendenza alla divergenza stagionale. La stagionalità dei flussi di investimento potrebbe essere dovuta, in primis, all’influenza subita dai mercati dai modelli stagionali legati all’agricoltura che, tuttavia, ha assunto negli ultimi anni un peso economico via via decrescente. Negli Stati Uniti altri fattori impattanti del modello potrebbero essere l’erogazione dei bonus aziendali di fine anno, con una conseguente iniezione di liquidità sui mercati, e la scadenza per la presentazione delle imposte sul reddito prevista per metà aprile.
Ma investire in azioni da novembre ad aprile e gestire posizioni di lungo periodo negli altri sei mesi rimane un detto valido ancora oggi?
Storicamente, l’andamento del modello è più evidente a seguito dei crolli di borsa dovuto a crisi economiche, in particolare quella del 1987 e quella del 2008. Lo stesso discorso non è valido per il crollo dovuto alla crisi pandemica del 2020, durante la quale l’indice americano S&P 500 è crollato del 34% in cinque settimane, a febbraio e marzo, registrando un +12,4% da maggio a ottobre. Lo stesso vale per il 2022, con l’S&P 500 in calo dell’8,8% ad aprile e del 13,3% dall’inizio dell’anno.
In sostanza, la validità storica del modello è innegabile. Tuttavia, il suo potere predittivo è stato messo in discussione dai recenti avvenimenti geopolitici. Ad oggi, infatti, nuovi fattori mettono in crisi la validità del modello, in primis la disoccupazione americana che ha raggiunto i suoi minimi storici. Anche l’andamento del greggio risulta piuttosto imprevedibile dopo i rincari seguiti al taglio improvviso della produzione da parte dell’OPEC. I timori di una recessione, l’aumento ciclico dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali mondiali e la stima della domanda cinese insufficiente rispetto alle aspettative, inficiano negativamente sulla domanda di prodotti raffinati.
La recente crisi finanziaria sventata dagli Stati Uniti dopo il fallimento delle tre grandi banche nazionali ed il conseguente intervento dell’amministrazione Biden ha ridotto inoltre le riserve economiche del Paese. Ciò si è tradotto in maggiori difficoltà, per le Piccole e Medie Imprese americane, nel ricevere prestiti da parte delle banche, dopo l’inasprimento degli standard di erogazione del credito da parte di queste ultime.
In ottica di lungo periodo, la pandemia prima e la guerra in Ucraina poi, hanno reso lo scenario mondiale sempre più frammentato e meno globalizzato, a livello sia politico che economico, con paesi che diventano sempre più protettivi nei confronti dei propri mercati e delle proprie aziende, a discapito di quelle americane. La corsa al monopolio delle terre rare cinese e la “guerra fredda” a Taiwan, gli slanci indipendentistici dell’OPEC e la crisi finanziaria dopo il crollo delle banche americane, si stanno traducendo in un calo delle esportazioni USA e questo, verosimilmente, non sarà relativo al solo semestre tra maggio ed ottobre.
Infine, l’avvento sui mercati dell’intelligenza artificiale, con l’inserimento automatico di ordini di compravendita da parte di BOT, alimenta il cosiddetto “effetto gregge”: vendere quando tutti vendono e comprare quando tutti comprano. L’insieme di questi fattori potrebbe indicare una drastica, seppur graduale, inversione di rotta, per il mercato americano, segnata da una lenta discesa che, verosimilmente, non si arresterà ad ottobre del 2023. Non tutti i proverbi sono validi per sempre.