Uno dei più famosi film recenti sulla guerra miscela momenti epici ad altri eccessivamente romanzati, ma porta ottimamente a casa la pagnotta.
Ebbene sì: sto correndo ai ripari. Sono numerosi i mostri sacri di cui avrei dovuto parlare da tempo; dopo Starship Trooper è il turno di Salvate Il Soldato Ryan, attendendo quelli di Akira, de The Blues Brothers e di un altro paio di caposaldi della cinematografia che sono in lista d’attesa da troppo tempo.
Ad ogni modo, io sono stato uno dei fortunati a poter vedere Salvate Il Soldato Ryan quando uscì al cinema, più di venti anni fa, in una sala semivuota (quindi niente brusio di fondo, vecchi che parlano, ragazzi che sghignazzano e – all’epoca – niente cellulari a illuminare la sala coi loro schermi). Seduto esattamente al centro, dove tutte le casse puntavano il loro audio, completamente isolato dal resto del mondo, con uno schermo gigante che più gigante non si può mi sono sentito immediatamente parte delle truppe impegnate nello sbarco.
La prima mezz’ora del film è tutta incentrata sullo sbarco sulla costa, sulla spiaggia denominata Omaha; quella dove gli alleati subirono le maggiori perdite (al livello quasi di dover sospendere lo sbarco). Un pronti-via che mozza il fiato: è una delle sequenze cinematografiche che mi hanno impressionato di più in assoluto. Il ruggito dei cannoni, il sibilare dei proiettili, le urla dei feriti, il rombo delle esplosioni è totale e assorda ed intimorisce anche rimanendo al sicuro all’interno di una morbida poltroncina.
Per la prima volta si usavano tecniche, sviluppate proprio dal regista Steven Spielberg, che tentavano di avvicinare quanto più possibile alla realtà l’esperienza vissuta dagli spettatori durante le scene di combattimento. Scossoni, annebbiamenti, confusione: tutte sensazioni fisiche ottimamente riprodotte nella sequenza più bella del film, quella dello sbarco e della conquista delle posizioni tedesche sulla spiaggia.
Salvate Il Soldato Ryan però non è un film eccezionalmente attendibile dal punto di vista storico-militare; ben presto viene inserita la trama principale del film che, sebbene si ispiri alla lontana ad un fatto realmente accaduto (il ritorno a casa dell’unico fratello sopravvissuto), assume toni irreali e contorti per chiunque mastichi un minimo di vita militare: come si può voler mandare allo sbaraglio una pattuglia di otto uomini alla ricerca di un singolo soldato attraverso un fronte completamente frastagliato nella speranza di incontrare il ragazzo (se ancora vivo) e riportarlo a casa incolume?
Nonostante questo tema di fondo, più da cronaca rosa che da film veritiero, ed un altro paio di cose che menzionerò più avanti, Salvate Il Soldato Ryan è un film di guerra solido e bello da vedere. I combattimenti sono ottimamente realizzati, e durante la proiezione ce ne sono molti. Traspare bene quella forma di cameratismo che si forma tra soldati, quella cosa che solo chi è stato sotto le armi può capire. E ancor di più è evidente come non esistano supereroi, cecchini infallibili, immortali o eletti; in guerra si viene colpiti, e per quanto tu possa essere preparato il tuo momento potrebbe arrivare in qualsiasi momento.
Abbiamo detto che Steven Spielberg è l’artefice dietro questa ottima pellicola. Il regista statunitense, autore di una serie pazzesca di film di altissimo livello (Duel, Lo Squalo, Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo, tutti i filmi di Indiana Jones, L’Impero Del Sole, Always, Jurassic Park, Amistad, Minority Report, The Terminal, La Guerra Dei Mondi, Munich, War Horse, Il Ponte Delle Spie, The Post, Ready Player One), non manca il colpo e riesce a tenere costante il ritmo durante tutta la lunghissima proiezione (quasi tre ore di film!). Le uniche battute a vuoto (per lo meno parziali) sono inerenti alla necessità di inserire componenti edulcorate e prive di senso in quel contesto (il prigioniero tedesco rilasciato, l’attendente inetto e cose del genere). Però tutto sommato il risultato è ottimo e la visione del film scorre bene.
Ottimo anche il cast, che contribuisce benissimo alla riuscita della pellicola; sugli scudi Tom Hanks, in quegli anni al vertice della sua carriera (Splash – Una Sirena a Manhattan, L’Uomo Con La Scarpa Rossa, Big, Ragazze Vincenti, Philadelphia, Forrest Gump, Apollo 13, Cast Away, Era Mio Padre, The Terminal, Il Codice Da Vinci, Angeli E Demoni, Il Ponte Delle Spie, Sully, The Post). Tom Hanks interpreta magnificamente il ruolo del capitano che deve badare ai suoi uomini (anche se mandare un capitano in una missione suicida con la penuria di ufficiali del dopo sbarco è degno di uno sceneggiatore privo di conoscenza di vita militare), e per tutta la pellicola è il vero perno della vicenda. Il soldato Ryan è interpretato da un Matt Damon sottotono (L’Uomo Della Pioggia, Will Hunting, Dogma, Il Talento Di Mr. Ripley, i vari Ocean’s e i vari Bourne, Green Zone, Contagion, Promised Land, Elysium, Interstellar), che qui stona tantissimo, col mascellone e il dente smaltato che emette luce propria. Meglio amalgamati gli altri del cast: a partire da Tom Sizemore (Black Hawk Down, L’Acchiappasogni), Vin Diesel (Pitch Black, tutti i Fast And Furious), Barry Pepper (Maze Runner, We Were Soldiers), Giovanni Ribisi (Fuori In 60 Secondi, Basic, Gardener Of Eden, Ted) passando per Adam Goldberg e Jeremy Davies (Solaris, Dogville), che interpreta qui un personaggio insicuro ed odioso oltre modo.
Come detto ci sono alcune scene che fanno un pò venire il latte alle ginocchia, cose tirate fuori per colpire il grande pubblico ma che un qualsiasi spettatore mimimamente sveglio bollerà immediatamente come cavolate galattiche.
Nonostante questo, Salvate Il Soldato Ryan resta un signor film. Solido e ben realizzato (e ben invecchiato), sicuramente è un punto di riferimento per il modo in cui si possono (devono?) girare le scene di combattimento. Non a caso l’eccezionale Band Of Brothers (ed il mediocre The Pacific) hanno ottimamente tratto spunto da queste tecniche.
Salvate il Soldato Ryan è un film che nonostante tutto ancora oggi merita di essere visto, e che senza certi passaggi inutili sarebbe sicuramente asceso nel nostro personale gotha del cinema.