The Race For Space e’ un concept album ottimamente realizzato e di facile ascolto nonstante le sonorita’ elettroniche.
I Public Broadcasting System sono un gruppo dedito al genere electronic rock, ed hanno al loro attivo tre album. Quello che finora ha conferito loro maggior successo e’ The Race For Space, il secondo lavoro, incentrato sulla rivisitazione della corsa fra russi ed americani alla conquista dello spazio.
L’uso sapiente di registrazioni audio dell’epoca miscelate con suoni avvolgenti, che sanno alternarsi a sottofondi e protagonisti nello spazio di pochi secondi, regala un’esperienza sicuramente appagante.
L’album si apre con il brano che da’ il titolo all’album, The Race For Space; un intenso discorso di John Fitzgerald Kennedy tenuto a Houston nel 1962. I cori di voci femminili rendono quasi mistico il momento, e mi ricorda da vicino come sensazioni certi passaggi di Evangelion, il geniale e spirituale manga fantascientifico che imperversava nei primi anni 2000. Un inizio di album di altissimo livello.
Si prosegue con Sputnik, il primo satellite mai lanciato, un brano piu’ ritmato e quasi piu’ vicino alla musica dance, che per questo motivo non mi fa impazzire, anche se un interessantissimo cambio di sonorita’ a meta’ della canzone rieleva decisamente il tasso artistico, fino a renderla complessivamente piu’ che buona. Segue Gagarin, il primo uomo nello spazio, che inizia quasi come un brano funky; decisamente piu’ briosa ed ariosa, celebra degnamente il primo uomo ad orbitare intorno alla Terra. Un altro buon brano, che porta simpatia e che rimane in testa.
Contrasto eccellente, e traumatico, e’ Fire in the Cockpit. Le sonorita’ opprimenti e graffianti messe a supporto dell’annuncio ufficiale dell’epoca, sono perfette per sottolineare la tristezza e la pieta’ che si prova a ricordare il terribile incidente dove tre astronauti statunitensi morirono bruciati vivi durante un test di pressurizzazione della cabina dell’Apollo 1. Un brano azzeccatissimo, forse troppo breve pero’. Molto vicino al post-rock, con una maggiore elaborazione e durata sarebbe potuto diventare un vero capolavoro.
E.V.A., dedicato alla prima escursione extra-navicella, ripropone sonorita’ analoghe a quelle ascoltate in Gagarin, pur senza essere cosi’ incisive; un brano trascurabile, ma che ci sta nel complesso dell’album.
Di ben altra fattura The Other Side, in cui si percepisce tensione all’approssimarsi alla zona d’ombra della Luna da parte dell’Apollo 8, la prima missione che abbia orbitato intorno alla Luna. Un brano bellissimo nei suoi cambi di ritmo e nella sua espressivita’, uno dei migliori in questo lavoro dei PBS.
Valentina Tereshkova, la prima donna (e civile) in orbita, e’ celebrata con il brano che riporta il suo nome. Calmo, leggero, femminile come e’ giusto che sia, Valentina e’ anche un brano avulso dal contesto, e sebbene non sia brutto, non trova una corretta collocazione nell’armonia dell’opera.
Go! e’ probabilmenete il miglior brano di questo The Race For Space. Dedicato al primo allunaggio, offre un ritmo serrato e splendidamente ispirato. Le parole dette nella sala di controllo sembrano quasi essere state pensate avendo questo pezzo in mente; una danza di parole e musica di egregia realizzazione. Imperdibile.
Si chiude con Tomorrow, dedicata all’ultima missione Apollo. Un brano lento, che tenta di trovare una sua soavita’ senza riuscirci fino in fondo. Ad ogni modo riesce piu’ che degnamente a rappresentare la conclusione delle missioni lunari, e dell’album; anche perche’ contiene una bellissima ghost track che avrebbe meritato un brano a se. Dolce, lento, quasi defaticante. Una carezza che sopperisce alla mancanza di solennita’ del brano “ufficiale”.
In conclusione The Race For Space rimane sempre su buoni livelli, avendo alcuni momenti di picco che portano l’album ad essere una delle migliori produzioni di genere degli ultimi anni. Un concept album davvero ben realizzato, che merita un’ascolto attento e consapevole ma che puo’ anche essere utilizzato come sottofondo di alto livello.
Consigliato.