Praga 1945: epilogo del grande conflitto europeo

L’ultima grande azione militare della Seconda Guerra Mondiale su suolo europeo vede contrapposti sovietici e tedeschi nei territori dell’attuale Repubblica Ceca.

 

 

La situazione della Germania nazista è critica: dalla metà del mese di Aprile i sovietici avanzano su Berlino, spazzando via le poche, ma ben motivate, unità tedesche che tentano di difendere la capitale del Reich. Hitler sceglie di morire nel suo bunker, ma la guerra continua.

Ad Ovest le forze Alleate incalzano e catturano sempre più tedeschi, felici di non essere caduti nelle grinfie di qualche Ivan dagli occhi ricolmi di vendetta. Si direbbe dunque che ormai l’apparato militare, così come tutta la struttura statale nazista, sia ormai allo sfascio e lo è nella gran parte dei territori occupati. Tuttavia, nell’area dell’attuale Repubblica Ceca, una parvenza di normalità – per i tedeschi – e di tetra ansia, pervade l’atmosfera di quel Aprile 1945: la liberazione sembra vicina, e i partigiani intensificano le azioni di guerriglia. La presenza di unità tedesche, ancora quasi del tutto intatte nella zona, non permette però azioni troppo ambiziose: vi sono infatti rimanenze del dissolto Gruppo Armate Centro, con divisioni quali la 6° SS Panzer, ma anche la 1° e 4° Panzer della Wehrmacht e altre divisioni di fanteria. La zona tra la Cecoslovacchia di allora, l’Austria e il Sud della Germania doveva rappresentare un bastione, una zona sicura in cui resistere ad oltranza e spostare tutti i ministeri del Reich per continuare la “sacra battaglia”.

Quando ormai appare chiaro che Berlino è caduta e i sovietici pianificano l’avanzata su Praga, le forze tedesche si schierano in modo da resistere all’urto sovietico e permettere ad altre unità di ripiegare verso Ovest, per poi arrendersi alla 1° e 3° Armata americana. Le forze americane scalpitano per entrare in territorio cecoslovacco, e pur raggiungendo la città di Plezn il 5 Maggio, vengono fermate da ordini sì militari, ma dal sapore molto politico: la pressione dei sovietici e gli accordi di spartizione sembrano far cadere Praga nella zona di influenza bolscevica e non occidentale. La presenza di forze statunitensi sul territorio fa comunque accendere una miccia impossibile da spegnere: le forze partigiane a Praga, insieme a migliaia di semplici cittadini, iniziano ad assaltare stazioni radio, caserme e magazzini tedeschi dando vita all’insurrezione di Praga.

 

 

Un grande aiuto, quasi inaspettato per i partigiani, arriva dalla 1° Divisione del KONR – formazione composta da russi anticomunisti, alleati ufficialmente con i tedeschi ma con l’obiettivo ultimo, in questi giorni finali di guerra, di riuscire a sfuggire alla furia sovietica. Su richiesta di una delegazione ceca, e con la consapevolezza che per i tedeschi non c’è speranza, ai primi segnali di combattimenti dentro Praga intervengono in aiuto dei cittadini cechi e aprono il fuoco sugli ex alleati delle unità SS. L’intervento dei KONR si rivela decisivo e permette non solo la presa di Praga, ma garantisce una difesa efficiente contro i primi tentativi tedeschi di riprendere l’importante centro.

Quando il 6 Maggio 1945 anche i sovietici avviano la loro ultima grande offensiva e rapidamente puntano in direzione Praga, il KONR si vede costretto ad abbandonare la città: la speranza che l’insurrezione avrebbe forzato gli Alleati occidentali a prendersi la città è svanita e non rimane che arrendersi agli americani.

Le armate del Gen. Konev, concentrate nel 1° Fronte Ucraino, attaccano la 4° Armata Panzer e la spingono indietro di circa 20 chilometri; un ramo di queste forze sovietiche si incunea poi verso Dresda e le città tedesche vicine al confine ceco. Il giorno seguente, anche il 2° Fronte Ucraino inizia a colpire l’8° Armata tedesca che deve arretrare con molte perdite mentre i sovietici si apprestano a liberare Olomuc. Anche a Ovest, le forze statunitensi riprendono gli attacchi sulle unità tedesche, di fatto tenendole ferme e non permettendo il rinforzo del fronte sovietico.

Nonostante la crescente criticità in molti settori del fronte, la volontà delle gerarchie tedesche è chiara: Praga va ripresa a tutti i costi. Ed ecco che già nella giornata del 6 Maggio, con il KONR in ripiegata forzata, in direzione Praga iniziano ad affluire importanti forze che danno battaglia ai partigiani e riescono a rioccupare grandi parti della capitale. Le strade riconquistate dai tedeschi diventano luoghi di esecuzioni sommarie, mentre gli ultimi voli della Luftwaffe si impegnano a bombardare le aree in mano alla resistenza. Quest’ultima nei fatti ha quasi perso Praga quando finalmente un accordo viene raggiunto: i tedeschi vengono fatti ripiegare verso ovest senza alcuna offesa in cambio della resa delle armi. La paura dei comunisti prevale sugli ordini di resistere a oltranza. Entro la mattina del 9 Maggio, con la guerra ufficialmente finita quella mattina, le ultime forze tedesche lasciano la città; poche ore dopo fanno ingresso i sovietici sui loro carrarmati. Poco spazio ai festeggiamenti: le unità sovietiche si lanciano a ovest della città, in una disperata corsa a catturare quanto più territorio e nemici da usare come merce di scambio.

 

 

Migliaia di soldati russi del KONR, riusciti a fuggire e catturati dagli americani e britannici, vengono in seguito consegnati ai sovietici, in base a segreti accordi tra Stalin e i Capi delle Nazioni alleate.

I combattimenti vanno avanti fino all’11 Maggio inoltrato, più per paura dei tedeschi di finire prigionieri che per un vero e proprio obiettivo militare. I cittadini di Praga hanno scacciato il nemico tedesco mentre applaudono e lanciano fiori sui liberatori dell’est, chissà con quanta consapevolezza del grigio futuro. Con l’offensiva sulla Cecoslovacchia si chiude l’ultimo atto della guerra in Europa. Il mondo guarda ora verso Tokyo e il Pacifico.

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