PNIEC 2023 e rendimenti del settore oil & gas: l’UE rallenta la corsa alla decarbonizzazione

L’Unione continua a promuovere la transizione energetica mentre il petrolio registra rendimenti record: a che punto siamo della decarborizzazione?

 

 

La guerra in Ucraina prima e in Israele poi hanno abbattuto i prezzi del petrolio nelle ultime sessioni di mercato, dopo un primo rimbalzo, allo scoppiare del conflitto, dovuto alle preoccupazioni degli investitori circa eventuali interruzioni delle forniture globali minacciate dall’Iran in Medio Oriente. Parallelamente, il prezzo del greggio ha risentito ulteriormente delle tensioni tra il governo venezuelano e l’opposizione politica per garantire elezioni eque nel 2024, sfociate in un accordo che consentirebbe, potenzialmente, al Paese di immettere di nuovo la propria produzione di petrolio nel mercato globale dopo anni di sanzioni, aumentandone l’offerta e riducendone, al contempo, i costi. Tuttavia, nonostante le recenti oscillazioni di prezzo, il greggio risulta ancora attrattivo agli occhi degli investitori, a giudicare dall’analisi degli utili delle principali società petrolifere.

Al contempo, la decarbonizzazione rimane un processo costoso da sostenere, con tempi di implementazione via via più lunghi. Nonostante l’Europa si dichiari orientata a rafforzare l’impegno per la decarbonizzazione dei sistemi energetici ed economici e ad essere la prima area regionale ad avere una dimensione sociale, economica e produttiva totalmente ad emissioni nette nulle, gli ostacoli continuano ad essere ancora molti. Dopo risultati deludenti rispetto all’ultima versione del 2019, il nuovo  Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) 2023 prevede il raggiungimento di una decarbonizzazione totale entro il 2050, al fine di contenere gli effetti del cambiamento climatico ed evitare una variazione di temperatura superiore ai 2°C. Si tratta di obiettivi ambiziosi, per il raggiungimento dei quali è necessario considerare una serie di aspetti di sostenibilità economica e sociale, nonché di compatibilità con altri obiettivi di tutela ambientale e di politica economica che ne hanno rallentato, di fatto fino ad oggi, l’implementazione. Il percorso di transizione impone una decisa accelerazione rispetto a quanto fatto negli anni passati. È necessaria una formulazione più incisiva e stringente di azioni per l’implementazione, con lo sviluppo di politiche nazionali o locali coordinate, misurabili e misurate.

 

 

Nella pratica, fino ad oggi, la transizione energetica e le politiche da essa derivanti attuate in Europa hanno avuto un impatto sull’inflazione, portando i costi dell’energia cosiddetta “pulita” ad innalzarsi e spingendo i governi europei a rallentare e/o non abbandonare del tutto il settore oil & gas. Nel Regno Unito, il Primo Ministro Rishi Sunak, in piena fase elettorale e in forte svantaggio nei sondaggi, ha deciso di rallentare la corsa all’azzeramento delle emissioni e di rinviare, così come negli altri Paesi UE, il divieto di vendita dei veicoli a benzina e diesel dal 2030 al 2035. Anche in Germania è incora imposto l’utilizzo di pompe di calore. Questo spiega perché, nonostante le recenti oscillazioni di prezzo, il costo del petrolio si mantiene ancora elevato, incentivando la fiducia dei mercati e rendendo ancora insolitamente conveniente investire nel settore petrolifero e del gas, con rendimenti di capitale elevati.

La spinta (teorica) verso la transizione energetica dell’UE, ed il conseguente incremento dell’uso di fonti di energia rinnovabili, ha ridotto solo apparentemente l’attrattività del settore oil & gas agli occhi degli investitori. I mercati hanno compreso che il petrolio e i prodotti da esso derivanti sono destinati a durare. Le politiche di decarbonizzazione, percepite come onerose per i governi, stanno, in un certo senso, dando ulteriore slancio agli investimenti di settore da parte degli investitori. Parallelamente, le società petrolifere sono indotte a rallentare gli investimenti in nuovi impianti di idrocarburi per la raffinazione, soggette a limitazioni da parte del PNIEC 2023, non reinvestendo gli utili, destinando per la maggior parte agli azionisti. In tutte le società del settore petrolifero e del gas, i rendimenti del free cashflow sono elevati, così come i rendimenti del capitale.

A prescindere dai risvolti del conflitto in Israele e dalle decisioni di politica economica, che potrebbero implicare, nel breve periodo, una nuova e incisiva fluttuazione dei prezzi del petrolio, il settore dell’energia vedrà probabilmente dividendi molto elevati e massicci riacquisti di azioni ancora per i prossimi anni. Per l’Europa, la transizione energetica sembrerebbe rimanere ancora un obiettivo lontano.

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