Perchè l’ingresso della Lega nel governo Draghi non è un azzardo

Anche se apparentemente Salvini sembra aver ammainato la bandiera rispetto alle tradizionali politiche leghiste, la realtà è ben più sottile.

 

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Quando un mese fa Mattarella annunciò agli italiani che per nessuna ragione avrebbe loro concesso di scegliersi una maggioranza di governo evidente da quasi due anni, e che avrebbe incaricato Draghi di formare un “governo dei migliori”, avevamo dato per scontato che si sarebbe trattato di un governo di tecnici supportati dalla politica. Lo scopo di questo governo era sulla carta limitato alla risoluzione delle emergenze: il piano vaccinale, la gestione dei fondi del Next Generation EU, le misure di sostegno agli imprenditori ed ai lavoratori in difficoltà. Ma era palese che la manovra dietro le quinte era un’altra: quella di consentire all’Unione Europea di mantenere salda la sua presa sul nostro Paese, nuovamente terra di conquista come prima del rinascimento.

La realtà come sappiamo è ben altra: l’ennesima lottizzazione di poltrone, un’ammucchiata indegna che vede 5 Stelle, PD, Italia Viva, Forza Italia, Lega e sparute pattuglie di ignoti messi in riga dietro SuperMario, allineati e coperti. Draghi ha menzionato nuovamente la cessione della sovranità italiana a favore dell’UE, qualcosa di insopportabile per chi ha a cuore il nostro Paese, la sua cultura e la sua tradizione. In tal senso Giorgia Meloni è stata molto chiara nel suo contro-discorso, mantenendo la posizione e non cedendo alle sirene del Presidente della Repubblica. Fratelli D’Italia è in effetti l’unico partito rimasto ad opporsi a questo carrozzone.

 

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Draghi ha dalla sua l’essere una persona intelligente, e se rimane un uomo della finanza e dell’UE ha comunque dimostrato negli anni di avere una visione politica ben più vicina al mondo reale rispetto alle gerarchie che dominano il mondo europeo. Non è un caso che in pochi giorni abbia sostituito il mega Commissario Arcuri, il Capo della Protezione Civile Borrelli e il Capo dei Servizi Segreti Gennaro Vecchione. In un colpo solo, Mattarella ha ottenuto tre risultati: affidare le redini del governo ad una persona sostanzialmente competente ed esperta, far contenta l’UE che si vede tutelata e che mette nuovamente le mani sull’Italia, e tenere saldi sugli scranni i suoi sodali del PD, emanazione diretta delle lobby pro-globalizzazione e finanziarie.

Con un baricentro politico fortemente spostato a sinistra, l’ingresso della sola Forza Italia nella maggioranza di governo non avrebbe assolutamente arginato gli impulsi che il centro-destra da sempre tenta di contrastare: l’immigrazione incontrollata, l’eurocentrismo totale, la morte dell’Italia come stato sovrano.
Ed in questo senso, la scelta della Lega di entrare in maggioranza è più che sensata: se non ti viene concesso di governare nonostante da anni il sentimento popolare sia univoco, e nonostante le due finestre messe a disposizione dalle recenti crisi di governo (assicurando al Paese una maggioranza stabile durante l’intero periodo dell’emergenza Covid), l’unica altra opzione che hai è fare opposizione da dentro il governo.

 

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E’ questo che la Lega molto probabilmente si accinge a fare: ostacolare dall’interno le scelte più anti-italiane di questo parlamento e di questo esecutivo, una sorta di quinta colonna della resistenza che lavora ai fianchi la dittatura straniera per fiaccarla in attesa del momento propizio; come gli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale, la Lega si accinge a sabotare i propositi coloniali e collaborazionisti dei traditori della patria. E questo, nonostante le stoccate di Draghi sulla già menzionata cessione di sovranità a favore dell’Unione Europea ed il rafforzamento dell’Euro.

La scelta di entrare nella maggioranza non è però figlia di Salvini, che sarebbe volentieri rimasto fuori dal governo mentenendo saldo il ruolo di leader dell’opposizione. Sono stati Giorgetti e Zaia a forzare la mano e a spingere per questa decisione. Forse la Lega perderà inizialmente dei consensi (che rimarranno comunque nell’area del centro-destra) ed è possibile che Salvini subisca un nuovo calo di popolarità; d’altronde, al leader del Carroccio non è mai stata totalmente perdonata la mossa, pur condivisibile, di staccare la spina al primo governo Conte nell’estate 2019 e che inaspettatamente riportò il PD, l’emanazione diretta della peggiore Unione Europea, al governo dell’Italia. Questo farebbe gioco ai due, oggettivamente più politici e più accorti dell’attuale leader leghista.

 

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La figura di Salvini è fondamentamente in declino, incapace di rispondere su molte domande scomode se non glissando e ripetendo i suoi slogan di fondo, e che probabilmente è appoggiato ormai solo dagli elettori più intransigenti della Lega. Salvini non è capace di sostenere un dibattito in un’arena nemica e di parte come quelle delle trasmissioni TV smaccatamente di sinistra, ma anche in situazioni meno ostili non fornisce mai dettagli di come le sue proposte possano essere implementate. Siamo lontani dai proclami ideologici privi di contesto degli esponenti PD, ma di certo anche qui manca la concretezza.

Il lavoro svolto da Zaia nel Veneto è eccellente; e se è vero che molti elettori di sinistra lo hanno votato nelle scorse regionali attestandone il valore, un cambio al vertice della Lega è possibile anche in tempi ragionevolmente brevi. Di sicuro, gli equilibri interni alla Lega sono già radicalmente cambiati.

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