Pechino avvicina Iran e Arabia Saudita: cosa aspettarsi in Medio Oriente?

Teheran e Riyadh tornano a parlarsi grazie a Pechino: quali prospettive ora per il Medio Oriente?

 

 

La Repubblica Islamica dell’Iran e l’Arabia Saudita hanno trovato un accordo per la ripresa dei reciproci rapporti diplomatici interrotti nel 2016; l’intesa è stata siglata il 10 marzo scorso e prevede, come prima parte del processo, la riapertura delle rispettive ambasciate entro due mesi. Con questo accordo le due potenze mediorientali hanno deciso di sedersi nuovamente allo stesso tavolo per trovare soluzioni concrete alle frizioni fra le due nazioni e che negli ultimi anni hanno fatto registrare momenti di altissima tensione nell’area del Golfo.

L’accordo rappresenta già di per sé un’importante notizia dal punto di vista geostrategico e diplomatico, ma assume maggiore rilevanza per la mediazione cinese che ha portato Teheran e Riyadh a parlarsi dopo ben otto anni. L’accordo di inizio marzo è stato infatti annunciato alla presenza del Ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi; proprio in quelle stesse ore veniva annunciata la riconferma di Xi Jinping come Presidente della Repubblica Popolare Cinese per il terzo mandato di fila. Una concomitanza di eventi che rappresentano manifestazioni simboliche dei progetti egemonici cinesi e possono essere ricondotti all’interno della competizione su larga scala contro gli Stati Uniti d’America.

La presenza del Governo di Xi Jinping nell’accordo fa così intendere a tutto il Medio Oriente che la Cina non è solo un buon partner commerciale ma anche un alleato geopolitico importante per le future sfide dei Paesi dell’area. I colloqui finali sarebbero iniziati proprio dopo la visita di febbraio di Ebrahim Raisi, Presidente iraniano, a Pechino, segno del determinante peso politico messo in campo dalla Cina.

Iran e Arabia Saudita adesso dovranno trovare il modo di risolvere i problemi reciproci; prima di tutto la guerra in Yemen che vede contrapporsi i ribelli Houthi, sponsorizzati da Teheran, e la Lega Araba a guida saudita. In tal senso le parti avrebbero manifestato l’intenzione di riprendere l’intesa sulla sicurezza del 2001 che prevede la non interferenza negli affari di vicinato e di interesse dell’altro Paese. Per adesso in Yemen si spara ancora e l’ultimo cessate il fuoco risale all’autunno scorso.

 

 

Questa normalizzazione, più che chiudere questioni in Medio Oriente, sembra aprirne di nuove in giro per il globo, attivando un gioco di alleanze che genera e sovrappone nuovi e vecchi scenari di conflitto.

Partendo dalla prossimità geografica dei due Paesi troviamo l’Iraq e il suo nuovo Governo filo-iraniano; l’Arabia Saudita sembrerebbe aver chiuso un occhio nei confronti del nuovo esecutivo di Baghdad, privilegiando una distensione con Teheran al controllo dei partiti politici sunniti nel Paese iracheno. Se questo trend si confermerà, i rapporti iraniano-sauditi potranno continuare sulla strada intrapresa.

In Israele il riavvicinamento delle due potenze non può essere passato inosservato. A Tel-Aviv l’Iran è considerato un nemico esistenziale, e gli impegni in chiave anti-iraniana non sono mai diminuiti di intensità. La collaborazione del Governo Netanyahu con l’Arabia Saudita si basa su pochi aspetti di sicurezza ed intelligence, e una normalizzazione tra i due Paesi sembra ad oggi allontanarsi dopo l’accordo Riyadh-Teheran.

Questo avvicinamento viene poi osservato da un duplice punto di vista dagli Stati Uniti: da un lato un Medio Oriente pacifico è un punto importante dell’agenda strategica americana, ma dall’altro la mediazione cinese fa certamente preoccupare l’amministrazione Biden riguardo la crescita geopolitica cinese che continua a raccogliere intese da nord al sud del globo. La sinergia tra Pechino e Teheran, ma in questo momento aggiungiamoci tranquillamente anche Mosca, vede delineato un nuovo fronte compatto in funzione anti USA.

Un’analisi completa è impossibile da compiere in questo momento, e solo i prossimi mesi sapranno dirci se la strada intrapresa porterà ad una vera normalizzazione; la speranza è quella che il Medio Oriente possa vivere finalmente un nuovo periodo di pace e stabilità, ma la presenza cinese non può far star tranquilli gli interlocutori occidentali, che devono temere un nuovo possibile blocco antagonista ben equipaggiato.

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