Palloni Spia: piccole orme del conflitto mondiale tra USA e Cina

È in corso un nuovo round della guerra del secolo tra Stati Uniti e Cina; questa volta ad Oriente hanno poco su cui recriminare.

 

 

Negli ultimi giorni troviamo in rete video amatoriali che ritraggono oggetti volanti abbattuti dall’aeronautica USA sui propri cieli. Lo stesso Pentagono ha comunicato il 10 febbraio che un caccia F-22 avrebbe abbattuto un pallone spia in Alaska, operazione autorizzata direttamente dal Presidente Joe Biden; l’origine di questi strumenti di spionaggio è stata attribuita alla Cina, intenta, secondo gli Stati Uniti, a catturare immagini delle infrastrutture militari sul territorio americano. Non potendo smentire la paternità del velivolo, da Pechino hanno fatto sapere che si trattava di un pallone aerostatico per rilevazioni meteorologiche finito in avaria.

L’abbattimento del pallone ha di sicuro preso in contropiede i cinesi, ma ad agitare le relazioni tra i due Paesi sono state le informazioni dettagliate rilasciate dai militari a stelle e strisce, i quali hanno dichiarato che il pallone spia sarebbe stato intercettato e monitorato nella sua traiettoria fin dal decollo avvenuto a fine gennaio nella Cina Meridionale. L’obiettivo della presunta missione cinese sarebbe stata l’isola di Guam, avamposto militare statunitense nel Pacifico, a ridosso del Mar Cinese Meridionale.

Cosa ha spinto allora il pallone verso l’Alaska e ancora prima nello spazio aereo di Montana e Canada? La traiettoria seguita dallo strumento volante sarebbe cambiata all’improvviso, il che fa supporre due possibili risposte: il depistaggio o l’avaria. Qualsiasi sia la reale causa di questo sorvolo oltreoceano, quello che è certo è lo sconfinamento e la conseguente violazione territoriale cinese nei confronti degli Stati Uniti.

 

 

Lo scenario che si para davanti a noi non riguarda un nuovo conflitto imminente ma è solamente un acuto della guerra fredda che USA e Cina stanno combattendo già da tempo; tra i due contendenti ancora non si spara ma la guerra è in corso da anni sotto le sembianze di dazi, speculazioni finanziarie e soft power. Dalla caduta del Muro gli Stati Uniti si sono imposti come potenza egemone a livello globale, tant’è che si è parlato per decenni di un mondo unipolare con al centro Washington D.C. Questo schema, nonostante le previsioni di alcuni famosi politologi USA, ha avuto un andamento decrescente che ha visto negli ultimi anni moltiplicarsi le sfide al potere americano da parte di quelle potenze che vengono definite revisioniste. Soprattutto la Cina, che per cultura, storia e crescita economica è arrivata ad essere negli anni la principale potenza sfidante del potere statunitense; grazie alla propria crescita esponenziale in tutti i settori, si è iniziato a parlare persino di mondo multipolare.

Ad oggi viviamo in un momento di sospensione per via della guerra in Ucraina, ma il grande conflitto del XXI secolo è quello tra Pechino e Washington. Da entrambe le parti l’urgenza di armarsi militarmente e politicamente contro l’altro è stata avvertita da tempo: gli americani hanno ritirato le proprie forze dal Medio Oriente per ricalibrare il proprio potenziale bellico; la Cina ha iniziato un percorso di ammodernamento infrastrutturale e di politiche di buon vicinato per potersi poi proiettare contro il potente avversario.

 

 

L’epicentro di questo scontro sarà l’Indo-Pacifico, come già evidenziato dalle National Security Strategy degli ultimi due presidenti americani. Non è un caso che il pallone cinese fosse diretto verso l’isola di Guam, avamposto che giocherebbe un ruolo di testa nella proiezione americana verso la Cina. La miccia è pronta da tempo e si chiama Taiwan; l’isola nel Mar Cinese è destinata ad essere l’ultima goccia che farà traboccare il vaso del conflitto e il suo destino stravolgerà gli equilibri di una guerra che da fredda diverrà uno scontro di civiltà tra Occidente ed Oriente.

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