Occupied: la recensione

La serie norvegese di fantapolitica arriva corta all’obiettivo: nonostante una trama di fondo assolutamente interessante, l’esecuzione manca di credibilità.

 

 

Negli ultimi anni le serie scandinave stanno trovando sempre più spazio nei cataloghi delle piattaforme di streaming, probabilmente più per andare incontro al pubblico locale che per la loro qualità. Dopo aver parlato (male) di The Rain e di 1899, quest’ultima con forti influenze teutoniche, questa volta ci tocca smontare Occupied, prodotto di fantapolitica norvegese.

Ambientato qualche anno nel futuro, la storia prende spunto da una NATO ormai inesistente e da una svolta completamente ambientalista della Norvegia, che priverà l’Europa delle sue fonti di energia fossili dall’oggi al domani sostituendole progressivamente con una nuova e sperimentale soluzione legata al nucleare. L’Unione Europea chiederà alla Russia di intervenire per mantenere aperti i flussi di petrolio dei pozzi norvegesi in alto mare, con risultati tutt’altro che piacevoli.

 

 

L’idea di base non è affatto male; e non è un caso se la sceneggiatura è basata su un idea di Jo Nesbo, prolifico scrittore e cineasta.Vedere gli intrighi in essere tra Norvegia, i singoli paesi dell’Unione Europea, la Russia e le stesse diverse componenti interne del paese scandinavo è sicuramente interessante. Il problema sta nella poca logica che sembrano avere parecchi eventi e scelte fatte dai personaggi, a partire proprio da quella che dà origine alla serie: perché mai l’Unione Europea avrebbe dovuto scegliere di chiedere alla Russia di occuparsi di “gestire” la Norvegia quando avrebbe potuto farlo in prima persona o avrebbe potuto più semplicemente approvvigionarsi di risorse fossili proprio da Mosca in modo semplice ed indolore?

La serie, girata nel 2015 ma uscita in Italia solo nel 2018, era ben lontana dal prevedere gli eventi occorsi in Ucraina, quindi le condizioni geopolitiche erano ben diverse. E se nella prima stagione gli eventi, fatta salva la premessa iniziale e qualche altro elemento, scorrono via discretamente, nella seconda c’è un susseguirsi di fatti incoerenti o semplicemente non credibili che porta ad uno scadimento consistente del prodotto.
La storia infatti comincia a non stare più in piedi, e poco aiuta il finale di stagione, dove alcuni pezzi del puzzle cominciano ad incastrarsi e le trame tornano a farsi più interessanti.

 

 

Occupied sconta anche altri problemi: intanto, il fatto che diversi protagonisti sono antieroi messi sullo stesso piano dei “buoni” (anche se di buoni, a conti fatti, non ne esistono; questo è uno dei pochi valori aggiunti della serie); in seconda battuta traspare una sottile ma pervasiva spinta a favore dell’immigrazione, come accade praticamente in tutte le produzioni Netflix; ed in terza battuta, ed ecco il colpo di grazia, c’è un comparto attoriale sicuramente molto sotto la linea di galleggiamento.

Si parte con Henrik Mestad, il Primo Ministro norvegese, che per tutte le tre stagioni ha gli occhi spauriti di un cerbiatto orfano e che non sembra avere nessuna dote caratteriale per occupare quella posizione. C’è Eldar Skar, antipaticissimo belloccio della situazione, l’agente segreto perfettissimo ma assolutamente incapace di suscitare empatia. E nemmeno i comprimari aiutano; il cast di Occupied non sembra essere all’altezza. Fra i tanti, sembrano salvarsi solo Ingeborga Dapkunaite nei panni dell’ambasciatrice russa, Ragnhild Gudbrandsen in quelli del capo dei servizi segreti e Janne Heltberg come numero due del Primo Ministro norvegese.

La terza e conclusiva stagione di Occupied non è ancora disponibile sul mercato italiano, ma le motivazioni per avvicinarsi alla serie oggettivamente scarseggiano: al di là di una buona idea di fondo, la realizzazione complessiva non raggiunge la sufficienza, e chi volesse iniziare a vedere la serie oggi potrebbe probabilmente impiegare meglio il suo tempo.

 

Occupied, 2015 – 2020
Voto: 5.5
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