Conoscete Mazinger Z? Conoscete Koji Kabuto? Conoscete l’energia fotonica e i mostri meccanici, il Dottor Hell e il Barone Ashura? Quindi credete di sapere tutto… Ma vi sbagliate di grosso!
Ho ancora i peli sulle braccia dritti come stuzzicadenti, al solo ricordo di quello che ho visto. Mai, e mi ripeto, mai avrei pensato di assistere ad una storia così familiare a quella della mia infanzia, ma così profondamente diversa ed avvincente; questo Mazinger Z è intriso di epicità e di grandiosità come mai mi era capitato di vedere in passato.
La trama è la stessa che conoscete: il Dottor Hell minaccia il mondo con i suoi mostri meccanici e Mazinger Z è l’unica speranza dell’umanità; ma non è assolutamente un remake del lavoro dal maestro Go Nagai, è tutt’altra cosa. Detto questo, buttate via tutti i vostri ricordi pregressi e immergetevi nella visione di un’opera grandiosa dove gli scontri con i robot sono solo marginali e Koji Kabuto è quasi una comparsa. La vera grande protagonista di tutto è la storia che si cela dietro la famiglia Kabuto, i sordidi misfatti compiuti nel nome di un bene più grande che, lentamente, si srotolano durante lo svolgimento della serie.
La storia presenta più personaggi di quelli che conosciamo, alcuni faranno solo da comparse, ma altri ricopriranno ruoli fondamentali nello svolgimento della trama. Come vi ho già accennato, gli scontri tra mostri meccanici sono messi in secondo piano, non è quello il fulcro della storia; tutto ruota sul mistero che avvolge la scoperta dell’isola di Bardos, come i protagonisti di allora hanno agito e come si sono preparati per la battaglia che sta per arrivare. Tutto questo è condito, volutamente, da un forse senso epico e solenne, spesso accompagnato ad una profonda voce fuori campo che enfatizza il momento e lo rende, il più delle volte, memorabile. In forte contrapposizione a tutto questo, le trame secondarie sono molto goffe e comiche; sembra di assistere alle assurde peripezie di Lupin III, con sparatorie, duelli all’arma bianca e bombe esplosive.
Il primo episodio è spiazzante, soprattutto per chi non conosce il regista Yasuhiro Imagawa, che non è nuovo a certe trovate narrative; lo spettatore si trova di fronte ad un sunto di tutto quello che accadrà nella serie, tagliato a dovere per creare curiosità alla vista dei nuovi personaggi, ma soprattutto per ripercorrere la trama conosciuta, dando quel senso di familiarità nella sequenza proposta. Il vero inizio della serie è quindi posticipato al secondo episodio; da qui la serie sembra riprendere un percorso conosciuto, ma è solo un’illusione, si arriva ben presto a capire che le cose sono profondamente diverse.
E’ ampiamente risaputo che, le storie nascoste dietro al famiglia Kabuto, sono profondamente legate al Dottor Hell colui che vuole conquistare il mondo; ma, in realtà, il personaggio che trascina tutte le trame, volontariamente o involontariamente, è il Barone Ashura, cui è stata data un’importanza ben superiore a quella che potete immaginare.
Più andavo avanti nella visione di questo Mazinger Z, più mi ritrovavo piacevolmente stupito e genuinamente rapito da tutto quello che era descritto e narrato. Con l’avvicinarsi del finale di stagione, il fitto mistero dietro alla famiglia Kabuto si diradava come la bruma colpita dai primi raggi di sole; ma quello che non potevo prevedere è stato il colpo di scena finale. Un capolavoro fantastico, una sequenza continua e costante di rivelazioni che hanno messo in luce una realtà totalmente diversa da quella cui la storia si aggrappava. Sono rimasto talmente tanto sorpreso di un finale così ben congeniato che ho quasi dato di matto quando ho scoperto che non c’è un seguito; la storia si interrompe nel momento più avvincente e più drammatico di tutta la serie, lasciando in sospeso tantissimi interrogativi.
Probabilmente i fan più conservatori di Mazinger non hanno apprezzato questo lavoro, ma io l’ho trovato decisamente interessante, fresco, godibile, epico e solenne.