Manowar – Kings Of Metal: la recensione

Scopriamo in tono burlesco Kings Of Metal dei Manowar, un album epico che ha segnato un’epoca per tutti gli amanti del metal.

 

 

Articolo pubblicato per la prima volta il 11/05/2003

 

Eccoci qui, questa volta vi parlo dei Manowar (un gruppo metallaro medievale di svitati), e nello specifico di un disco (LP, CD, cassetta, come volete voi) che si chiama Kings Of Metal (presuntuosetti i fanciulli).

Li ascoltai per la prima volta in Irlanda, tanti lustri fa; ero in loco per un classico viaggio-studio (direi meglio per cercare qualche donnina e divertirmi sputtanando un po’ di soldi, ovviamente non miei) con un mio caro amico soprannominato Il Conte (ma questa è un’altra storia). Era il periodo degli Iron Maiden ed io, come tutti, ero in fissa per il metallo. Una mattina Il Conte mi dice: ”Senti un po’ che borata ti metto”, e mi passa la cassetta con la raccomandazione di studiare testi e foto. La scena mi appare così: un clone di Conan il cimmeriano che sovrasta un cumulo di bandiere tenendo in mano una specie di anellone d’oro colpito da un fulmine (fate voi).

Penso tra me e me: “ma che è sta roba?” Ma poi il mio animo da serva prende il sopravvento e inizio ad ascoltare. Primo pezzo: Wheel Of Fire, un casino infernale con sottofondo rumori di motori, non mi fa impazzire. Continuo e inizia a piacermi, il secondo pezzo è Kings Of Metal, gasa parecchio, e io inizio a saltare come un deficiente fino a che la proprietaria di casa (‘na stronza senza fine) entra e mi manda affanculo in tutte le lingue che conosce.

Il terzo pezzo è Heart Of Steel (che siano sponsorizzati da qualche fabbro o dalla Italsider?); parte una melodia ed io penso: ammazza, bella sta musichetta dolce, per la serie anche i metallari cattivi hanno un cuore, ma ovviamente dal primo ritornello partono una serie di batteria e chitarra che trema tutta la casa. Veramente bello.
Si prosegue con The Crown And The Ring, un pezzo scandito da cori (bella st’espressione, sembro Luzzato Fegiz); niente male per ora, finisce il lato A della cassetta (ahi quanti ricordi quando attaccavi le etichette del lato sbagliato sulle cassette, se provavi a toglierle rimanevano sempre dei pezzi, così non avevi più nulla e ti incazzavi di più).

Giro il nastro e cosa arriva? Kingdom Come. Da paura per quanto è bella questa canzone, appena parte la storia si evolve così: 1 parte il pezzo, 2 inizio ad urlare appresso ai Manowar, 3 inizio anche a ballare mentre Il Conte ride, 4 arriva la signora con una incazzatura da Guinness, 5 la signora entra e mi maledice lanciando un incantesimo di 15° livello (Il Conte schiva abilmente), 6 faccio il classico specchio riflesso delle elementari, 7 la signora scende e chiama il marito (cuoco culturista che aveva il braccio del diametro della mia gamba), 8 il cuoco sale (Il Conte scappa nel cesso millantando cagotti da Guttalax), 9 abbasso e mi calmo, non volendo finire come il foglio di carta dell’origami (Il Conte torna e chiede se è tutto a posto). Tutto ciò accade in circa 30 secondi, ma il pezzo era bello davvero. Hail And Kill è la canzone successiva, fondamentalmente onora e uccidi, pezzo tipicamente sanremese con qualche nota da Discoring; a parte le minchiate niente male, forse inneggiano un po’ troppo e cantano poco, ma non guasta.

Ad un certo punto sento un vecchio ed un bambino che iniziano a parlare, inizio ad ascoltare le parole che facevano più o meno così: “Grandfather tell me a story” (il bambino con la voce da checca), “Yes then i shall have to come back long time ago” (nonno geppetto, ma sarebbe meglio dire nonno merlino)… Mi ascolto tutto il dialogo che si chiama Warriors Prayer (questo l’ho visto dopo). In pratica è la storia di una battaglia medievale raccontata dal nonno al bambino come favola della buonanotte (il bambino credo poi abbia trascorso la sua esistenza all’Arkham Asylum). Veramente splendida; non c’è una nota, solo la voce del nonno ed i rumori, in puro stile radiofonico. Va detto che la storia è di una crudeltà che pochi conoscono, (manco Bennett, il cattivo di Commando quando dice che tagliare il collo ad un bambino è come tagliare del burro caldo, è così crudele) al termine il nipote chiede al nonno: “It was great, please tell me another one”.

A parte gli scherzi fa venire i brividi sentire un racconto con rumori, urla, grida, veramente consigliato ascoltarla, anche per chi mastica poco l’inglese. Mi ricordo che dopo averla ascoltata sta canzone mi è rimasta in testa ed andavo da tutti (uomini e donne, ma preferivo quest’ultime) a raccontare le gesta dei re, millantando che mi fossero state tramandate da qualche mio avo (devo dire che con le signorine funzionicchiava, chissà perché i maschietti mi mandassero a cagare… mah?!). Appena il vecchio pazzo finisce di parlare attacca un casino che è Blood Of The Kings, alias l’ultimo pezzo se avete LP e cassetta, il penultimo se avete il CD con la bonus track Pleasure Slave. Mille ritornelli, una buona melodia ed il batterista che sembra avere sei braccia tipo la dea Kalì. Vi parlerei volentieri di Pleasure Slave, ma avevamo solo la cassetta, per cui vi attaccate, e poi un minimo di mistero non fa mai male. Comunque ascoltatelo tutto questo disco, magari anche con i testi alla mano, è bello e fa tornare indietro nel tempo, quando tutto era bello, se avevi soldi eri re (bello soprattutto per lo ius prime noctis, che ti autorizzava in quanto re a giacere con le tue suddite la prima notte delle loro nozze, a tua discrezione), se non ne avevi facevi il cavaliere e stavi agli ordini del re, per cui avevi gloria facile e presto, ma morivi ancor più velocemente (l’aspettativa di vita media era circa 35 anni, poi andavi a fare il concime, tanto c’era sempre qualcuno più veloce o con più culo di te). Se avevi ancor meno soldi facevi il suddito semplice (meglio dire schiavo o servo della gleba, ma non è politically correct) e allora erano cazzi seri. A parte tutto il disco e bello e dovete ascoltarlo almeno una volta, pena la chiusura in una stanza e l’ascolto ininterrotto per ventiquattro ore dell’opera magna di Alessandro Canino: Brutta (il record è 2 minuti e mezzo, poi lo spirito di autoconservazione uditiva ha portato ad una morte veloce).

Ciriciao Gente!

 

Manowar – Kings of Metal, 1988
Voto: 7.5
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