Lo strano caso di Papa Francesco

Da sempre la Chiesa cerca di indirizzare la politica internazionale, ma le iniziative del Pontefice argentino sembrano avere un fine non ecclesiastico.

 

 

C’è uno strano filo conduttore nelle esternazioni che Papa Francesco ha prodotto nei dieci anni del suo pontificato. Che il suo potesse essere un “regno” particolare ce lo si poteva aspettare, vista la storia del gesuita e la sua provenienza, ma più gli anni passano più Francesco sembra quasi essere parte di un progetto anti occidentale.

Sono ricorrenti le affermazioni che fanno sollevare più che qualche dubbio su quale sia l’obiettivo dell’attuale Pontefice. Nonostante le numerose e tempestive (ma spesso vacue) smentite della Sala Stampa vaticana, appare sempre più evidente come Papa Francesco abbia un’agenda politica poco cristiana e più legata a spinte politiche di interessi non legati alla Chiesa. È legittimo pensare che Papa Francesco sia un esponente o perlomeno uno strumento al servizio di determinate figure internazionali? Detta così questa teoria fa sorridere, ma andando a ritirare fuori dal passato nemmeno troppi episodi ci si rende conto che qualcosa di strano non può non esistere.

Il gesuita argentino ha iniziato a fare inarcare più di qualche sopracciglio ai tempi del massacro presso la sede di Cherlie Hebdo (un giornale di satira francese piuttosto volgare ed eccessivo) affermò “è normale, se tu offendi mia madre io ti do un pugno”, quasi giustificando gli islamici che avevano sgozzato a sangue freddo i fumettisti rei di aver ironizzato su Maometto e Allah. Anche in occasione del massacro al Bataclan, sempre a Parigi, dove si stava tenendo un concerto rock, Francesco non fece sentire così forte la sua voce.
Nel 2015, l’attuale Pontefice fece poi una lavanda ai piedi di alcuni mussulmani: un atto di sottomissione, più che di umiltà, vista la drammatica tensione sociale imposta proprio dagli islamici nel mondo; un atto che quasi ignora i ricorrenti, gravissimi assalti che gli islamici compiono in giro per il mondo verso i cristiani, religiosi e non, vessandoli, bruciando loro le case, sgozzandoli e decapitandoli: in Africa e in Asia c’è una recrudescenza di questi eventi dai tempi dai primi anni 2000, eventi sistematicamente ignorati da questo pontificato.

 

 

Papa Francesco e la sua fazione ecclesiastica hanno anche supportato l’esodo in massa degli africani in Europa; utilizzando la retorica dell’accoglienza e della carità cristiana ha facilitato l’arrivo di clandestini e di indesiderabili sul suolo europeo. Pulendosi l’anima con qualche mensa e qualche ostello messo a disposizione dalle associazioni e dai parroci di zona, la Chiesa ha completamente scaricato sui vari Stati (Italia, Grecia e Spagna in primis) tutto l’impatto derivato dalla gestione dell’ordine pubblico, della sussistenza, della salute e dell’utopica integrazione di questa massa di persone che stanno destabilizzando il tessuto sociale e la cultura locale.

Altrettanto peculiare è l’improvvisa e drastica apertura al mondo degli omosessuali; se da un lato la Chiesa aveva senz’altro bisogno di uscire da una staticità culturale fin troppo immobile, incapace di vedere l’evoluzione dei tempi e dei costumi, dall’altro lo sdoganamento pressoché completo degli eccessi delle più rumorose ed intransigenti lobby gay e la quasi equiparazione tra famiglie naturali e coppie omosessuali ha fatto storcere il naso a molti osservanti ma anche a numerosi laici e atei che nel cristianesimo riconoscono i valori fondativi della civiltà occidentale.

Nelle ultime settimane poi, il Papa si è reso protagonista di due interventi difficilmente tollerabili e dalla ricaduta internazionale non certo irrilevante.
Prima ha condannato Israele per la repressione messa in atto in Palestina contro i radicali islamici di Hamas, repressione della quale pagano le conseguenze anche i civili; civili che però Hamas l’hanno scelta nelle elezioni politiche palestinesi del 2016 e che hanno progressivamente sempre più supportato; la stessa condanna non è mai arrivata nei confronti di Hamas, che a freddo ha attaccato, sgozzato, decapitato e bruciato inermi civili ebrei.

 

 

Poi ha invitato l’Ucraina ad alzare bandiera bianca ed intavolare trattative con la Russia in posizione di perdente, quindi senza un vero peso da poter portare in sede di mediazione. Si tratta dello stesso Papa che non ha mai definito i bambini ucraini presi dai russi con la forza “rapiti” o “rubati”, ma che semplicemente “volevano tornare dalle loro famiglie”, ed a fare il mediatore ha inviato il Cardinale Zuppi, legato tramite Sant’Egidio all’ortodossia russa.

È impossibile non vedere come Papa Francesco stia interpretando il suo ruolo di Pontefice non come protettore, diffusore e moralizzatore della causa Cattolica, ma come elemento chiaramente indirizzato ad una dirompente dissoluzione dei valori cristiani stessi. La vicinanza con gli islamici e l’incapacità di condannare le loro azioni più efferate, la morbidezza con cui affronta il problema ucraino per non infastidire la Russia ed il suo potere politico, la sua voglia di azzerare duemila anni di dettami religiosi e culturali (alcuni oggettivamente polverosi, ma non certo tutti o per tutti) per “normalizzare” una devianza sessuale legittima ma non naturale, il supportare un’immigrazione incontrollata ed ingestibile sono tutti elementi tipici di una cultura di sinistra, politically correct e che sta distruggendo il tessuto sociale europeo e, guardando a più ampio spettro, dell’intero mondo occidentale.

Se Papa Francesco sia un sabotatore o un agente infiltrato nel vero senso del termine è difficile dirlo; probabilmente no, ma di certo la sinistra internazionale ha imparato la lezione imposta da Giovanni Paolo II, l’ultimo vero Papa, che ricoprì un ruolo non secondario nell’implosione della cortina di ferro. È legittimo pensare che almeno qualcuno potrebbe aver voluto rendere al mondo occidentale lo stesso trattamento ricevuto negli anni ’80 e ’90.

Per condividere questo articolo: