Lo Ius Scholae è l’ennesimo tentativo di distruggere la cultura italiana

Il nuovo attacco al valore intrinseco della cittadinanza viene attraverso la scuole: come possono cinque anni di studio attestare l’appartenenza alle nostre tradizioni?

 

 

Prosegue la battaglia delle forze di sinistra nel tentativo di sminuire e svuotare di ogni significato i valori legati alla cittadinanza italiana. Incassato il colpo con lo Ius Soli, tentativo guidato dal trittico Boldrini-Fiano-Kyenge, mirato a regalare la cittadinanza a chi nasce sul suolo italiano, e superato il fallimento del decreto Bellanova, oggi lo stesso schieramento ci riprova, cambiando facce e nomi ma mantenendo sostanzialmente lo stesso impianto concettuale.

Oggi i vari Letta, Serracchiani e compagnia cantante affermano che bastano cinque anni di studio per consentire ai giovani immigrati di prendere la cittadinanza italiana, e che lo Ius Scholae sarebbe (usando il solito ritornello legato all’inclusione ed a tante altre parole di alta maestosità usate dolosamente ad arte) un atto di civiltà e progresso.
E intanto ci si scorda (o si vuole ignorare) che non necessariamente i figli degli immigrati sono italiani; non per cittadinanza ma per comunione di valori.

 

 

L’Italia è una nazione europea, ed ai valori tradizionali europei è legata: cristianità (intesa nei concetti legati ai valori di base di questa religione), democrazia, uguaglianza, lingua e storia. E gli immigrati che vengono dai paesi islamici e africani non necessariamente (raramente) hanno qualcosa in comune coi nostri valori. Per zittire il solito vociare di questi intellettuali che non hanno alcun rispetto per ciò che è tradizione, basterebbe ricordare uno dei tanti casi di cronaca degli ultimi anni (mesi) e che vengono sistematicamente messi a tacere: quell’orda di ragazzini nordafricani, figli di immigrati, che solo poche settimane fa ha devastato il centro di Peschiera Del Garda e che ha molestato ragazze italiane bianche.

Se il termine “bianco” evoca razzismo e scalpore, forse chi si scandalizza non vuole ascoltare le parole dei molestatori: “le ragazze bianche qui non salgono”, dopo aver circondato sei minorenni del posto sul treno che le riportava a casa. D’altronde è noto che in Italia (e nel mondo occidentale in genere) ai clandestini ed ai loro figli è concesso tutto, mentre chi tenta di mostrare l’evidenza è tacciato di razzismo, di xenofobia, di odio e di ogni altra possibile inqualificabile attitudine.

 

 

L’inclusione non si ottiene con cinque anni di scuola, ma esclusivamente mischiando piccoli numeri di immigrati alla popolazione indigena. Si ottengono altrimenti gruppi sociali divisi e che spesso non sono in grado e non vogliono comunicare fra loro: basti vedere gli esempi di Germania, Inghilterra e Francia, dove i turchi stanno coi turchi, gli arabi con gli arabi, i centrafricani coi centrafricani e così via. Solo avendo piccoli numeri di immigrati (e solamente regolari) si possono ottenere buoni risultati, forzandoli nei fatti a dialogare e sposare (o per lo meno accettare) gli usi e i costumi del paese ospitante.
Vogliamo altri esempi? Perché non vediamo la storia dei tanti immigrati arabi arrivati negli anni ’60-’80 e realizzati nella vita, loro sì, col lavoro e con la comprensione di essere in un paese ospitante con le proprie tradizioni, arrivati in piccoli numeri e perfettamente integrati?

A casa nostra vige la nostra legge; si rispettano i nostri credi, le nostre leggi, i nostri valori. Chi non vuole farlo se ne vada; qui non è bene accetto. Vi sembra qualcosa di inaccettabile? Bene, è la regola base che vige in tutti i paesi islamici ed in generale medio orientali ed africani, anche a vocazione cristiana. E chi viene da questi paesi (specialmente quelli islamici) non ha nessuna intenzione di accettare la diversità e la tradizione dei luoghi di ricezione; basti vedere le varie comunità arabe intransigenti che pullulano indisturbate nelle periferie delle grandi città (a Centocelle a Roma come a via Cavalcanti a Milano) o nelle moschee chiuse o sotto osservazione per proselitismo radicale come a Foggia, Milano, Roma, Siena, Cinisello Balsamo, Como e tantissime altre. E il loro scopo è di imporre la loro cultura e spazzare via la nostra.

 

 

Già oggi esiste nei fatti uno Ius Soli: al diciottesimo anno di età (o dopo dieci anni di permanenza in Italia) viene regalata la cittadinanza italiana, senza particolari sbarramenti legati a valori, conoscenza della lingua o accettazione delle nostre tradizioni. Con una massa di immigrati in Italia già oggi intorno al 10% della popolazione presente sul territorio, il volere del PD e dei suoi compari è fagocitare il consenso elettorale degli immigrati clandestini per continuare a fare il proprio comodo in Italia; non per un ideale o un bene comune, ma per facilitare quei centri di potere ed economici che negli immigrati trova lavoratori a basso costo da sfruttare.

 

 

E mentre va in scena questo inequivocabile scempio, ogni giorno una parte del parlamento tutela chi arriva in Italia in modo illegale, andando contro le leggi che questo Stato si è dato per garantire sicurezza ed uguaglianza ai suoi cittadini. Intanto, in nome dell’inclusione, gli italiani continuano a subire l’insulto di sentirsi dare dei razzisti dai propri governanti e la beffa di vedersi minacciati a casa propria dagli immigrati. Quando finirà questo scempio?

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