L’indebolito fronte dei leader europei anti-Russia

Due premier dimissionari, due sotto le critiche: si tratta di problemi interni o di una manovra filo-russa dietro le quinte?

 

 

Boris Johnson, Olaf Scholz, Mario Draghi, Sanna Marin; questi i leader europei che per vari motivi sono finiti nell’occhio del ciclone nelle ultime settimane. Vista la stranissima contemporaneità delle crisi in cui sono stati coinvolti, è lecito chiedersi se non ci sia lo zampino della Russia; in fondo stiamo parlando dei tre maggiori paesi europei (fatta salva la Francia) e del paese nordico confinante con lo stato ex-sovietico che è appena entrato a far parte della Nato.

Boris Johnson è stato vittima dei suoi party privati a Downing Street in piena emergenza Covid; uno scandalo nato prima della guerra in Ucraina ma che ha curiosamente ripreso vigore proprio dopo il grande supporto militare che la Gran Bretagna ha fornito alla nazione invasa dalla Russia.

 

 

Olaf Scholz, il Premier tedesco a capo di una coalizione di centrosinistra, non è mai stato apprezzato in Germania a causa di decisioni economiche e di politica interna tutt’altro che efficaci. Dopo l’inqualificabile gaffe degli elmetti come unico aiuto possibile all’Ucraina, la Germania ha iniziato ad inviare aiuti militari sostanziosi, ma la sua posizione è sempre in bilico.

C’è poi il caso di Mario Draghi, il Premier italiano uscente, al quale va dato atto di aver governato l’Italia in piena pandemia uscendone benissimo, salvando il PNRR ed il piano vaccinale dopo una disastrosa gestione Conte e facendo valere il suo peso internazionale nel difendere primariamente gli interessi italiani durante la crisi energetica prima, ed ucraina poi, tenendo alla giusta distanza la straripante Unione Europea. Draghi è stato fatto fuori dallo stesso Conte e, in seconda battuta, dalla coppia Salvini-Berlusconi che hanno colto la palla al balzo per andare ad elezioni. Guarda caso, sono tre politici che hanno sempre agevolato accordi economici con Russia e Cina.

 

 

Ed infine Sanna Marin, la giovanissima Premier finlandese, che ha portato il paese nord-europeo all’interno dell’ombrello protettivo NATO ribaltando una storica neutralità, che ha commesso un errore tipico delle nuove generazioni: quello di non distinguere il mondo dei social da quello reale. Se è vero che la vita privata di chiunque va rispettata, è anche vero che lasciare che il proprio privato venga messo a disposizione di chiunque quando si è un personaggio pubblico, e per di più si è un importante rappresentante del proprio paese, è sinonimo di superficialità e mancanza di lungimiranza. La sua figura ne è uscita profondamente indebolita per gli atteggiamenti lascivi dei partecipanti alla festa ed anche dopo il test antidroga, dal quale è uscita negativa: infatti il party si è tenuto il 6 agosto ed i test il 19, e dopo tredici giorni la maggior parte delle droghe non sono più rintracciabili.
Come nota, curioso come in Italia siano arrivate forti le dimostrazioni di solidarietà nei confronti di Sanna Marin quando Berlusconi, poco più di dieci anni fa, veniva linciato per le sue feste, anch’esse tutte a base di sesso e droga.

 

 

Non si può non vedere la contemporaneità delle vicende di questi Primi Ministri e quindi delle loro nazioni come assoluta coincidenza, specialmente nel caso di Mario Draghi e Sanna Marin. Sembra quasi che queste situazioni siano state orchestrate e gestite per indebolire dove e come possibile il supporto all’Ucraina, considerando che, per quanto riguarda gli Stati Uniti, a rendere difficile la posizione di Biden ci pensa Biden stesso con errori strategici grossolani, mancanza di lucidità nelle sue affermazioni pubbliche e malattie varie – per non menzionare la lotta mai terminata con Trump, una guerra che squalifica il concetto di politica e che non risparmia nessun tipo di colpo basso come spesso capita di vedere dall’altra parte dell’oceano.

Se dietro queste crisi politiche ci sia la mano di Putin e dei suoi sodali probabilmente non lo sapremo mai. Di certo, sono situazioni interne ai rispettivi stati che sono utilissimi alla frammentazione del fronte pro-Ucraina, fronte fondamentale a contenere le mire totalitaristiche del nuovo Zar russo.

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