La strage di Ustica: le parole di Amato e le colpe dell’Italia

Dopo quarant’anni l’incidente di Ustica è tornato agli onori di cronaca per le dichiarazioni dell’ex premier Amato; la verità però non sembra essere la priorità.

 

 

L’ex Primo Ministro italiano Giuliano Amato ha recentemente affermato, nel corso di un’intervista al quotidiano La Repubblica, che la sera del 27 giugno 1980 a causare la morte delle 81 persone presenti a bordo del DC9 dell’Itavia fu un missile francese; l’aviazione transalpina infatti, secondo le dichiarazioni di Amato, era intenzionata ad abbattere un velivolo libico all’interno del quale sarebbe dovuto essere presente l’allora Capo di Stato libico Mu’ammar Gheddafi.

Le dichiarazioni di Amato in merito alla strage di Ustica e alla colpevolezza dei francesi coincidono perfettamente con quelle rilasciate nel 2008 dall’ex Premier Francesco Cossiga, in carica proprio durante gli avvenimenti di Ustica; anche l’ex Premier ed ex Presidente della Repubblica aveva infatti accusato i militari francesi di aver provocato il disastro aereo nel tentativo di colpire l’aereo sul quale presumibilmente viaggiava Gheddafi.

Nel proseguo dell’intervista Amato ha sottolineato l’esistenza di un rapporto di complicità fra l’apparato militare francese e quello italiano; l’ex Premier infatti ha affermato che negli anni successivi alla strage ricevette, in qualità di Sottosegretario, diverse visite da altrettanti generali dell’esercito intenzionati a convincere lui, e per estensione le istituzioni, che la tragedia era avvenuta non per un errore dell’aeronautica francese, ma per la presenza di un ordigno a bordo dell’aereo.

Un rapporto di complicità pare essere anche il motivo per cui quella famosa notte nei cieli italiani nessun aeromobile italiano o libico trasportava il Capo di Stato nordafricano; dalle dichiarazioni dei protagonisti, comprese quelle recenti di Amato, sembrerebbe infatti che il comandante Gheddafi fosse stato avvertito del possibile pericolo da Bettino Craxi, leader del Partito Socialista Italiano, interessato soprattutto al mantenimento della pace nell’area mediterranea.

 

 

Ciò che sembra trasparire da questa vicenda, ancora oggi intrappolata nell’opacità dell’incertezza dopo 43 anni, è il disinteresse che tutte le istituzioni sembrerebbero aver dimostrato per la vita delle 81 persone coinvolte, colpevoli soltanto di essersi trovate nel momento sbagliato al centro di un intricato e segretissimo gioco di potere fra il mondo occidentale e i suoi presunti avversarsi; nessun tribunale ad oggi ha infatti pronunciato una sentenza in grado di identificare con precisione i colpevoli e le finalità che hanno portato al disastro di Ustica.

Le dichiarazioni di Amato sembrerebbero aver messo in luce tutto il carattere machiavellico con cui le istituzioni italiane, e in modo particolare il comparto militare, hanno affrontato questa vicenda; l’alleanza atlantica, la pace nel Mediterraneo, la lotta fra liberismo e socialismo, sembrano infatti essere tutti concetti che il nostro Stato ha deciso di anteporre non solo alla morte di 81 concittadini, ma anche al concetto di verità.

Quella tragedia ha probabilmente sancito l’inizio della frattura fra le istituzioni e i cittadini; il popolo infatti da questa vicenda potrebbe aver dedotto che l’idea di Stato, inteso come patto sociale volto allo sviluppo e alla convivenza pacifica e sicura di una determinata popolazione, sia stata solo un’illusione ottocentesca.

 

 

In questa occasione lo Stato italiano parrebbe essersi dimostrato più interessato ai giochi di potere e ai sistemi di alleanze piuttosto che alla tutela dei propri cittadini; questa vicenda sembra essere infatti il risultato di una società post bellica in cui le alleanze e gli schieramenti sono una necessità con la quale tutelarsi e attraverso la quale dimostrare la propria ideologia.

La politica delle alleanze fra governi ha probabilmente causato la strage di Ustica e la morte di quelle 81 persone, ad oggi ancora le uniche senza un valido alleato.

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