Esistono molti modi per investire novantasei minuti della propria vita: il peggiore, senza dubbio, è trascorrerli guardando questa imbarazzante commedia italiana.
Se cercavate una commedia che faccia ridere, non la troverete qua; un po’ come per Anni Da Cane, non basta il talento comico di Max Tortora a salvare uno dei più brutti film dell’anno, addirittura proposto dalla piattaforma americana che lo distribuisce nella Top 10 dei più visti in qualità di divertente fotografia della famiglia italiana moderna. Ma dove? Ma quando? Neanche nei più beceri anni ottanta c’è mai stata tanta superficialità all’interno di una casa. Genitori che partono dall’oggi al domani per lavoro lasciando i figli ad un parente praticamente sconosciuto, nonni che scambiano la dislessia per pigrizia e un’adolescente così banalizzata da meritare l’esecuzione nella pubblica piazza dei luoghi comuni.
L’idea del regista Gianluca Ansarelli, già al quarto orrendo lungometraggio, è logora per quanto è stata usata nella storia del cinema. All’interno di un’apparente tranquilla dimora, dove un nonno gestisce alla perfezione l’equilibrio di una famiglia, irrompe l’elemento di disturbo a cambiare schemi e modificare alleanze… E nessuno sarà più lo stesso. Wow! E invece Vincenzo Salemme sempre lo stesso è: impalpabile in quel suo constante e fallimentare tentativo di occhieggiare ai De Filippo ma col talento recitativo del saggio di fine anno. Copia male, inventa peggio, s’arrabatta nell’illogico. Un esempio? La scena in cui decide di fare il giovane, semplicemente, grida vendetta. Con un berretto all’indietro in stile Jovanotti (che però ormai ha superato i cinquanta!) parla tutto dinoccolato con movenze in finto rap alla Drive-In e butta fuori un monologo fatto di scialla, challenge e killare da far venire le lacrime. E non di commozione.
Meno peggio è Max Tortora che però dicevamo non può cantare e portare la croce da solo. Alcune sue battute funzionano e lui almeno è bravo a caratterizzare un personaggio credibile come la verginità di Rocco Siffredi, ma i miracoli li faceva solo uno e stava a Betlemme. Chissà cos’avrà pensato l’attore romano quando ha letto nel copione che, come risposta a “Bella fratè, bella bro, bellà cuggì”, lui doveva dire “salutame a soreta”! Per carità, pecunia non olet, ma devono essere stati davvero tanti i soldi che si è fatto dare per accettare un simile scempio.
La chicca, come sempre in questo genere di obbrobri, sta nel finale, dove è d’uopo che imperi il vissero felici e contenti… e chi se ne frega se non è realistico e tutto si semplifica troppo in fretta. I problemi atavici padre-figlio di Tortora e Angeletti si risolvono in poche inquadrature, con buona pace dei terapisti che studiano anni per aiutare i loro pazienti. La ragazzetta ribelle e maleducata torna nei ranghi e il fidanzatino trapper (so’ giovani!) abbassa la cresta diventando un mix tra Nek e Renga.
Ma poteva mancare l’allusione sessuale in un simile capolavoro retrò? Ecco perché nel cast c’è anche la giunonica Bianca Guaccero che flirta con i due protagonisti. Sì, avete capito bene. Gli sceneggiatori, probabilmente quelli rappresentati in fiction nella serie Boris, hanno trovato plausibile che una trentenne avvenente e single potesse anche solo prendere in considerazione di fare sesso con due settantenni con i capelli bianchi. Ovviamente nulla succede e nulla si vede ma anche solo l’averlo fatto aleggiare è inquietante.
La Guerra Dei Roses, uscito oltre trent’anni fa, è ancora molto ma molto più moderno. Lo spirito da Bagaglino di Pierfrancesco Pingitore (che in realtà è ancora vivo) non ci lascerà mai!