La guerra dei cavi sottomarini: una prospettiva geopolitica

I cavi sottomarini fanno parte del dominio cibernetico, un’area sempre più interessata da strategie ed obiettivi geopolitici delle grandi potenze.

 

 

Il mondo delle telecomunicazioni è talmente assimilato nel nostro agire quotidiano che la sua presenza è data ormai per scontata; inviare un’email di lavoro, fare un acquisto online o conversare con un amico tramite un’applicazione di messaggistica istantanea sono tutte azioni che la maggior parte degli esseri umani intraprende senza aver contezza dei meccanismi che trasmettono le nostre comunicazioni in giro per il globo. Secondo un recente studio dell’intelligence statunitense, il 97% di tutte le comunicazioni elettroniche intercontinentali è veicolata attraverso cavi sottomarini: i nostri oceani infatti ospitano ad oggi un’autostrada di cavi di oltre un milione di chilometri su cui viaggiano informazioni tanto civili quanto governative.

Tali infrastrutture sono altamente complesse non solo dal punto di vista tecnologico ma anche strategico e la mancanza di una loro gestione a livello governativo aumenta lo spettro di minacce a cui i nostri dati vengono esposti. La manutenzione di tali cavi è spesso appaltata a società private che garantiscono tempi di intervento tempestivi; non sempre però queste società sottostanno a controlli di sicurezza e strategici di governi o entità sovranazionali.

Poter ricevere ed inviare messaggi veloci e affidabili è alla base di un sistema di sicurezza e l’esclusione o la compromissione di tale possibilità può rappresentare un pericolo fatale. Tra gli esempi più recenti ricordiamo il sabotaggio dei cavi in fibra ottica norvegesi del 2021 che ha creato ingenti danni all’osservatorio oceanico che Oslo ha realizzato presso le Isole Lofoten, nel Mar di Norvegia, in un’area strategica per il Paese scandinavo.

Presa coscienza dell’importanza di tali strumenti di comunicazione, alcuni Governi più di altri hanno indirizzato le loro politiche nel controllo dei cavi sottomarini acquisendo le società appaltatrici che hanno il compito di intervenire su tali infrastrutture; ne è un esempio la Cina che negli ultimi cinque anni ha investito oltre un miliardo di dollari nella costruzione di oltre ventisette mila chilometri di cavi sottomarini che collegano le proprie coste a quelle di Stati Uniti, Taiwan, Corea e Giappone.
Insieme a Pechino anche la Russia è molto attiva in questo settore ma più che il controllo delle informazioni il Cremlino è interessato a migliorare la propria proiezione strategica. La manipolazione delle infrastrutture dell’informazione è un’arma sempre più usata da Mosca: ne è un esempio la manomissione dei cavi in fibra ottica avvenuta in Crimea nel 2014 durante l’annessione della regione sul Mar Nero.

 

 

Ogni sistema di cavi sottomarini presenta alle proprie estremità delle stazioni di atterraggio in prossimità delle coste; questi attracchi diventano così ponti comunicativi transoceanici tra diversi continenti. La sicurezza fisica di tali infrastrutture diviene quindi critica perché se la protezione delle estremità è facile da garantire da parte di uno Stato, il tracciato su cui viaggiano le informazioni è suscettibile ad alterazioni e manomissioni crescenti grazie allo sviluppo di mezzi subacquei autonomi sempre più performanti.
Ad oggi gli Stati Uniti, con i loro ottantotto cavi sottomarini, sono i primi per superficie di cavi presenti negli oceani e, per i discorsi appena fatti, si trovano ad essere in una posizione di supremazia informatica che comporta un altrettanto livello di rischio nella compromissione delle proprie informazioni.

Cosa succederebbe se un’informazione militare venisse compromessa o se venisse trasmesso un ordine di attacco falso? Oppure, cosa accadrebbe alle borse di tutto il mondo se le informazioni finanziarie potessero essere manipolate da attori antagonisti?
Il globo è sempre più interconnesso e il mondo tecnologico apre nuove ed interessanti prospettive. I dati rappresentano oggi il bene più importante per la protezione di uno Stato e per il benessere di una società; è compito dei Governi accendere un faro sulla gestione virtuosa di infrastrutture critiche come queste in modo tale da scongiurare manomissioni e compromissioni che porterebbero ad eventi catastrofici a cascata.

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