Stoner, Dovizioso, la situazione Bastianini-Martin: la Ducati sembra non imparare mai la lezione che i piloti sono sopratutto uomini che vanno rispettati.
Una decina di giorni è arrivata l’ufficialità del passaggio di Bastianini nel team ufficiale di Ducati per il 2023; una decisione che si attendeva da mesi ma che la squadra italiana continuava a rimandare da mesi. Bastianini sembrava infatti assicurato una sella con i risultati di inizio stagione, ma i passaggi a vuoto nella parte centrale del campionato avevano aperto la porta ad altre soluzioni, non necessariamente basate su motivazioni tecniche: in Ducati apparentemente vige una legge non scritta che prevede che, oltre a valutare i risultati in pista e le capacità dei piloti, si debba accontentare anche l’ufficio marketing, che evidentemente ragiona in modo diverso da chi le competizioni sportive le vive e le respira.
A Bastianini, il marketing della Ducati avrebbe preferito Martin, pilota incostante e che finora non ha ottenuto risultati sostanziali nella sua carriera (perlomeno paragonati al pilota italiano); ma è iberico, cosa che in certi settori di Ducati si ritiene aiuterebbe a promuovere il marchio e vendere quindi le proprie moto in Spagna. Secondo questa teoria, due piloti italiani sarebbero ridondanti; meglio due guide di nazionalità diverse che possano aiutare a pubblicizzare il marchio in territori diversi.
Questa fu la scelta fatta ai tempi del compianto Nicky Hayden, un discreto pilota che vinse un titolo mondiale in Honda molto più per demerito dei suoi avversari che per meriti propri, e che parzialmente è stata in tempi recenti anche per Jack Miller, il veloce e simpaticissimo australiano dal carattere d’oro che a cui a fine stagione verrà dato il benservito e che per sua fortuna si è già assicurato un posto in KTM.
La scelta fra Bastianini e Martin è stato uno spiacevole tira e molla che si è prolungato per tutta l’estate, qualcosa che ricorda molto da vicino quanto successe a Dovizioso e Iannone nel 2016; anche in quel caso per troppo tempo la Ducati mise sulla corda i suoi piloti, creando tensioni inutili e mettendo poi i primi semi che avrebbero portato alla rottura con Dovizioso alla fine del 2020.
Dovizioso è proprio l’icona di come la Ducati non sia riconoscente né rispettosa dei suoi piloti: dopo l’affaire Iannone, pilota tanto veloce quanto incostante e problematico, gli fu affiancato un Lorenzo dal sontuoso contratto, ma fu Andrea Dovizioso a continuare lo sviluppo ed ottenere piazzamenti e vittorie. E ancora, dopo aver dimostrato di essere l’unico a poter contenere lo strapotere di Marc Marquez, è stato praticamente messo alla porta senza troppi complimenti, costretto a non rinnovare un contratto per l’ennesima volta non adeguato a quanto Dovizioso stava dando per Ducati e circondato da un clima freddo e di irriconoscenza.
Ma Dovizioso non è l’unico talento ad essere stato triturato dall’asetticità della Ducati: Casey Stoner è sicuramente l’esempio più illustre. All’australiano, l’unico capace finora di portare un titolo piloti alla Ducati, e forte di 23 vittorie in 67 gare con la moto di Borgo Panigale, non fu perdonata l’allora sconosciuta allergia al lattosio che lo lasciò privo di energie per un lungo periodo nel 2009. Invece di stringersi intorno al campione dal talento indescrivibile, come sta facendo oggi Honda con Marquez, Ducati scelse di andare oltre, scaricando il pilota che l’aveva portata nell’Olimpo del motociclismo.
A lavoratori indefessi e umili come Stoner e Dovizioso, la Ducati ha sempre preferito (budget permettendo) nomi di sicuro richiamo come Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. E se il maiorchino ha almeno portato a casa tre vittorie in un biennio assolutamente fallimentare, cosa dire di un Valentino Rossi chiamato a sostituire sulla sella e nei cuori Casey Stoner e capace appena di ottenere tre podi in trentasei gare disputate con la moto italiana?
È giusto ed ovvio che in ogni sport, ed in quelli estremamente costosi e competitivi soprattutto, si previlegino le scelte dettate dall’efficacia e dai risultati, ma come in ogni ambito c’è modo e modo di trattare le persone. Ducati dovrebbe imparare dalla già citata Honda e da Yamaha che, a dispetto della presunta freddezza giapponese, hanno a più riprese dimostrato di difendere ed aiutare i loro piloti di riferimento; al momento, per Bagnaia e Bastianini il rischio è di finire esattamente come lo stoico Dovizioso e l’inarrivabile Stoner alla loro prima serie di risultati sotto le aspettative.