La Cina chiude i rubinetti alla Russia

Le banche cinesi hanno troncato i rapporti con la Russia a causa delle nuove sanzioni statunitensi, segnando un punto di svolta nella guerra in Ucraina.

 

 

Gli esiti del conflitto russo-ucraino sono ancora difficili da prevedere, ma le nuove sanzioni secondarie imposte dagli Stati Uniti d’America potrebbero segnare una svolta nello scontro. Fino ad oggi Mosca era riuscita ad evitare pesanti ripercussioni sulla propria economia servendosi di istituti di credito cinesi per le proprie operazioni; il nuovo pacchetto sanzionatorio emanato dall’Amministrazione Biden colpisce proprio queste entità, in quanto prevede l’esclusione dal sistema di credito americano di tutti quegli istituti bancari o di quelle aziende che conducono affari con società russe. È notizia dei giorni scorsi che i principali istituti di credito cinesi utilizzati da Mosca hanno deciso di troncare i rapporti con il Cremlino per la paura di essere sanzionati.

La mossa statunitense sopperisce al mancato accordo nel Congresso di Washington D.C. riguardo gli aiuti a Kiev; presto potrebbe inoltre trovare ulteriore sostegno da parte dell’Unione Europea, decisa a varare a propria volta un nuovo pacchetto di sanzioni il prossimo 24 febbraio, anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina.

Ma cosa sono le sanzioni secondarie e da cosa si distinguono dalle primarie? Le sanzioni primarie sono dirette a soggetti giuridici che rientrano all’interno della giurisdizione statunitense e per questo hanno un raggio d’azione prettamente nazionale; le sanzioni secondarie, come quelle appena emanate, hanno un raggio d’azione extraterritoriale e colpiscono qualunque attività che intrattenga relazioni commerciali con i Paesi soggetti a restrizioni.

 

 

La cosiddetta amicizia senza limiti tra Pechino e Mosca inizia dunque a mostrare i primi segni di logoramento e potrebbe giocare un ruolo decisivo negli esiti della guerra. Le banche cinesi non sono riuscite ad ignorare i provvedimenti del Dipartimento del Tesoro USA date le cattive acque in cui versano; la drastica crisi del mercato immobiliare cinese ha intaccato la forza degli istituti di credito di Pechino e lo spettro di incorrere in sanzioni economiche ha fatto propendere per una chiusura totale delle linee di credito verso il Cremlino.
Nonostante le sanzioni economiche emanate in questi due anni, molti istituti di credito avevano concesso miliardi di dollari alla Russia per finanziare la propria industria bellica; l’esposizione delle principali banche cinesi nei confronti di Mosca supererebbe i dieci miliardi dollari, una pressione divenuta insostenibile dietro la nuova minaccia sanzionatoria.

A seguito di questa decisione Putin ha immediatamente richiesto un confronto telefonico con Xi-Jinping; nonostante i due leader continuino a definire le propria alleanza solida, le scelte di Pechino rischiano di creare un grave danno al Cremlino.
La Cina conferma anche in questo scenario di star conducendo un doppio gioco, rispettando le sanzioni USA ma al contempo cercando di mantenere vivo l’asse con Mosca; l’aiuto diplomatico e gli affari economici condotti al di fuori del regime sanzionatorio rappresenteranno però nel breve termine un palliativo rispetto allo sforzo che le banche cinesi producevano fino al dicembre scorso.

La Russia è sopravvissuta fino ad oggi all’economia di guerra trovando modi diversi di aggirare le sanzioni statunitensi ed europee; il crollo delle esportazioni energetiche e un mercato sempre più circoscritto si vanno ora però a sommare a questo nuovo dramma economico che si appresta a modificare sensibilmente gli equilibri del conflitto in Ucraina.

 

 

Pare remota la possibilità che lo scenario bellico possa degenerare a tal punto da incidere sulle elezioni presidenziali russe del prossimo marzo, ma entro la fine dell’anno Mosca potrebbe essere costretta a ridimensionare la portata del proprio sforzo bellico. Gli errori di calcolo del Cremlino, sicuro di una vittoria lampo su Kiev, hanno prodotto una guerra di logoramento di cui non si riesce ancora ad intuire la durata; se gli sforzi sanzionatori dell’Occidente produrranno i loro frutti vedremo aprirsi presto un tavolo negoziale in cui ci sarà in ballo non solo il futuro ucraino ma anche la stabilità dell’intera Europa.

Per condividere questo articolo: