La Battaglia delle Alpi Occidentali: la pugnalata italiana alla Francia

L’Italia fascista dichiara guerra agli Alleati e attacca una Francia quasi sconfitta ma ancora in grado di resistere con efficacia all’aggressione italiana sulle Alpi.

 

 

Quando il 26 Maggio Mussolini informa Italo Balbo e Pietro Badoglio di volersi unire alla Germania nella sua guerra contro gli Alleati, la Francia sta già rapidamente cedendo di fronte alla fulminea avanzata tedesca. L’ardita avanzata dei Panzer di Rommel attraverso la regione delle Ardenne, con la successiva manovra a tenaglia in direzione del Canale della Manica per tagliare fuori le ingenti forze francesi e britanniche presenti in Belgio, pone in un pericolo mortale Parigi mentre accende le speranze tedesche di vincere la guerra che dura da meno di un anno e ha fatto pochissime vittime tra le fila del proprio esercito.

I sogni di gloria e le ambizioni politiche e militari di Mussolini gli accecano la vista e la ragione e a poco servono i tentativi di dissuaderlo dal dichiarare una guerra per la quale l’Italia e il suo esercito non sono preparati. La collezione di successi tedeschi contro le forze polacche prima, e franco-britanniche poi, instaurano nel dittatore italiano un sentimento di paura di mancare uno dei grandi appuntamenti della Storia, di arrivare troppo tardi e a cose fatte, di rimanere nell’ombra di coloro che decidono il fato dell’Europa. Il 29 Maggio, a Palazzo Venezia, Mussolini incontra i vertici delle forze armate e in pochi minuti viene comunicato loro di preparare l’esercito, la marina e l’aviazione alla guerra. Il pomeriggio del 10 Giugno 1940, gli ambasciatori francesi e britannici a Roma ricevono la dichiarazione di guerra con effetto valido dalla mezzanotte di quello stesso giorno.

Il confine alpino tra Francia e Italia è caratterizzato da alte vette e pochissimi passi adatti al passaggio di uomini ed equipaggiamento. Molti di questi passi, data la loro altitudine, spesso rimangono coperti dalle nevi anche nei mesi estivi, il che complica ulteriormente qualsiasi tentativo di azioni offensive. I francesi inoltre hanno un vasto sistema difensivo, che fino al 1939 impiegava ingenti forze, ora snellite dalla richiesta di forze da schierare contro i tedeschi. Tuttavia quelle che rimangono a difesa delle Alpi francesi sono truppe ben addestrate e acclimatate, con un coefficiente combattivo in zone impervie molto alto. Dall’altra parte, l’esercito italiano, nonostante alcune unità che possiamo considerare di élite, appare malconcio, male addestrato e ancora peggio equipaggiato, non adatto ad azioni offensive di ampio spettro e sicuramente non in terreni impervi come quelli alpini. Mussolini lo sa, e lo sanno tutti i vertici militari, ma la speranza in una rapidissima vittoria rasenta la certezza nelle sale dei palazzi romani.

 

 

Ricevuta la dichiarazione di guerra, Parigi incarica le forze sul confine alpino di tagliare i principali nodi di passaggio con l’Italia e di mettersi sulla difensiva. Vietata qualsiasi azione offensiva. Inizialmente anche gli italiani rimangono in difensiva e tentano di scardinare le difese francesi grazie all’aviazione, la quale incontra non poche difficoltà a colpire le ben fortificate difese francesi incastonate tra le rocce alpine. L’ulteriore peggioramento del fronte a nord, dove i tedeschi continuano ad avanzare incontrando relativamente poca resistenza, spinge Mussolini a richiedere che le forze italiane inizino ad avanzare, così da mettere sul tavolo delle trattative almeno una vittoria italiana e del territorio conquistato. I risvolti politici e militari che vanno dal 15 al 18 Giugno, infondono sicurezza agli italiani, convinti che non solo gran parte della guarnigione francese abbia abbandonato le posizioni, ma che il morale di coloro rimasti sia così basso da non permettere alcuna valida resistenza alla penetrazione italiana. Sempre in questi giorni, un’incursione della marina francese arriva di fronte a Vado Ligure e Genova, aprendo il fuoco ma senza causare danni notevoli, se non al morale e al prestigio dei vertici fascisti.

Caduta Parigi, i francesi richiedono ufficialmente a Berlino le condizioni per un armistizio, e il 18 Giugno Mussolini vola nella capitale tedesca per partecipare alla stesura delle richieste. Nonostante un’apertura tedesca alle richieste italiane, Mussolini fa ritorno a Roma deciso di dover forzare una vittoria e la conquista territoriale di parte della Francia meridionale prima del definitivo cessate il fuoco. Berlino nello stesso tempo promette che qualsiasi azione offensiva italiana avrebbe trovato l’appoggio tedesco in un tentativo di ricongiungimento delle forze a ridosso delle Alpi francesi.

All’alba del 21 Giugno ha inizio l’offensiva italiana, in condizioni meteorologiche pessime, nel settore del Piccolo San Bernardo. Le azioni delle due divisioni italiane impiegate si rivelano caotiche e le linee logistiche intasate, mentre solamente alcuni reparti alpini riescono ad aggirare le prime linee francesi ed occupare piccoli passi e villaggi alpini. Il grosso delle forze rimane impantanato sulle linee di partenza. In linea generale, su tutto l’arco alpino, gli italiani non riescono a sfondare se non di pochissimi chilometri prima di essere fermati dai francesi. Il settore di maggior interesse è tuttavia quello più meridionale, con obiettivo Nizza. Anche qui diverse divisioni attaccano e cercano di penetrare in profondità, ma i francesi non concedono nemmeno lo sfondamento sulle prime linee mentre la frustrazione italiana si fa sempre più pesante. La Francia ormai è prossima alla firma dell’armistizio e nonostante ciò, l’esercito si dimostra saldo e in grado di respingere gli incessanti attacchi. A poche ore dalla firma, gli italiani riescono a entrare nella cittadina di Mentone, il centro abitato più grande occupato in questa azione militare. Nizza appare impossibile da raggiungere e così sarà.

 

 

Il 25 Giugno alle ore 00:30 si ha la fine delle ostilità tra Francia, Germania e Italia. Le richieste italiane si fanno molto ma molto più moderate in fase di trattative, con l’occupazione militare dei soli pochi territori occupati e la creazione di una zona demilitarizzata ampia 50 chilometri. Il bilancio di questi pochi giorni di battaglie mette in luce l’inefficienza delle forze armate italiane: più di 600 morti e altrettanti dispersi, mentre i feriti e i congelati superano le duemila unità. Le fonti ufficiali italiane d’altro canto parlano di soli 20 morti francesi, 80 feriti e circa 150 dispersi.

Le azioni del governo fascista in rapporto all’attacco alla Francia, che per fortuna riesce a salvarsi la faccia grazie a un armistizio arrivato al giusto momento, dimostra in pieno l’incapacità non solamente militare, ma anche e soprattutto politica. La scelta di attaccare la Francia in maniera sconsiderata, nei punti più impervi, con forze forse inadeguate ma sicuramente impreparate e senza alcun obiettivo reale, mette in luce le incongruenze e l’amatorialità di chi guidò le sorti dell’Italia in uno dei momenti più critici della sua storia.

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