Vorrei evitare di parlare di elezioni, almeno in questo editoriale; e allora parliamo di cose leggere e positive, come la neve bella e bianca che ci ha fatto tornare bambini.
A Roma la neve non si vede mai; qui fa troppo caldo per eventi del genere, e non siamo preparati al suo arrivo. Ogni volta si blocca la citta’, ed e’ giusto cosi’: i costi per mantenere in piedi una struttura di supporto non sono giustificati dalla scarsa frequenza delle nevicate. E quindi, rimasto a casa per via delle strade impraticabili, ne ho approfittato per andare al parco a fare il bambino cresciuto. Tra pupazzi di neve storti e dallo sguardo maligno e palle di neve pressate, grosse e tirate con cattiveria, direi che e’ stata una mattinata niente male. Ho scoperto che:
- i pupazzi di neve si fanno rotolando una palla a terra, non accumulando la neve in un punto, altimenti ti viene un monte di cacchetta;
- i miei occhiali da vista fotosensibili sono ci mettono un secolo a rischiarare le lenti, e nel frattempo ogni mobile funge da killer per le dita dei miei piedi;
- i miei scarponi anfibi non sono piu’ anfibi, anzi amano raccogliere acqua al loro interno.
La cosa bella della neve e’ che e’ candida, leggera, soffice, e inspira un senso di bonta’ in ogni animo. Persone che non si conoscono che si sorridono e si salutano, i pedoni che camminano liberamente sulle strade prive di veicoli, genitori che si inventano i metodi piu’ assurdi per realizzare uno slittino di fortuna per i figli piccoli (camere d’aria, assi di legno, tavolette del water!), stranieri che riprendono coi cellulari la periferia innevata, per mandarla a casa ai familiari che probabilmente la neve non l’hanno mai vista, cani che si rotolano nel manto bianco.
E’ stato un momento di magia durato un giorno e nulla piu’, ma ogni volta che nevica a Roma c’e’ una magia che si sprigiona. Qualcosa che chi con la neve ci convive non puo’ capire.
Poi dopo la neve, a Roma sono arrivate le buche. E’ un po’ come le lumache con la pioggia; le buche si accoppiano e si riproducono in numero ed ampiezza ogni volta che piove, figuriamoci con la neve. Robe profonde 30-40 centimetri, larghe una carreggiata, con uno scalino che se una macchina ci finisce dentro sparisce, ma se a caderci dentro e’ una moto il guidatore esplode sul posto. Cose da rally, da enduro, da Parigi-Dakar dei tempi di Thierry Sabine; cose che se sopravvivi puoi dirti di essere davvero un uomo. Cose che in centro citta’ non possono capire.
E quindi e’ una settimana che a Roma non ci sono incidenti: vanno tutti a 7 km/h, perche’ piu’ veloce significa centrare una buca e spaccare gomma, cerchione e sospensione. In moto poi, chevvelodicoaffa’, ci si diverte come poche volte sulla terra; sembra di essere in territorio talebano, attenti piu’ a vedere se c’e’ qualche IED sulla strada che altro.
Intanto la Tana e’ al suo apice di produttivita’, con un articolo pubblicato al giorno (a volte anche due) e con l’innesto di nuovi redattori. Ah, gente: se volete collaborare c’e’ ancora posto per un paio di elementi. Abbiamo ricominciato a diversificare gli argomenti tenendo un ritmo alto come non ci succedeva da tempo, e il risultato ci soddisfa un bel po’. Adesso dovro’ seriamente mettermi a lavorare sul restyle grafico (lo avevo detto anche due mesi fa), con l’idea di tornare a quello dei primi anni 2000 che ha contraddistinto la Tana nei suoi anni pionieristici; preparatevi ad un ritorno al nero e verde, come sui monitor monocromatici degli anni ’70.
Per concludere, e’ quasi primavera; gia’ sento nell’aria la voglia di tornare all’aria aperta, di fare sport e di frequentare persone. Vedro’ di compensare con una massiccia dose di videogiochi, che poi altrimenti uno si disabitua e gli tocca uscire la sera; ma che siamo matti?