Il Piano Mattei del Governo Meloni: il neocolonialismo energetico italiano

L’Italia vuole accrescere l’importanza del suo ruolo nel panorama economico africano, e la retorica dell'”aiutiamoli a casa loro” sembrerebbe essere il mezzo per farlo.

 

 

Negli scorsi giorni Giorgia Meloni e Antonio Tajani, rispettivamente Premier e Vicepremier italiani, hanno presentato a grandi linee l’architettura di quello che sarà il cosiddetto Piano Mattei, ovvero l’insieme delle strategie e degli interventi che il Governo italiano intende intraprendere nel continente africano con un duplice obiettivo dichiarato: espandere il proprio bacino di approvvigionamento energetico, e migliorare le sorti delle popolazioni locali.

Il vortice di preoccupazioni per le scorte di gas e altre materie prime che ha inghiottito tutta l’Europa dall’inizio del conflitto russo-ucraino ha gradualmente spinto diversi Stati del vecchio continente, e non, a indirizzare il proprio interesse su un continente come l’Africa, tanto denso di materie prime quanto vuoto di poteri politici forti e orientati unicamente al benessere della propria popolazione.

La Cina, gli USA, la Germania e la stessa Russia sembrano aver recentemente intrapreso una nuova stagione di esplorazioni in Africa, solo che stavolta al posto della bussola e delle carte geografiche a guidarli pare che ci siano interessi nazionali e speculazioni aziendali.

Questo meccanismo neocolonialista in cui l’Africa mette la terra, le materie prime e la forza lavoro e noi occidentali solo il know-how ha portato, e continua a portare, diversi problemi al continente; basti pensare infatti che ad oggi l’Africa, nonostante non abbia un settore secondario sviluppato, è il secondo continente al mondo per quantità di inquinanti presenti nell’aria, presenta dei fenomeni di desertificazione avanzata in diverse aree e versa in condizioni pietose dal punto di vista del trattamento dei rifiuti.

 

 

Rinnovare l’Africa dal punto di vista ambientale con lo scopo di preservarla potrebbe essere il punto di partenza se davvero volessimo aiutarli a casa loro, ma questo probabilmente non procurerebbe nessun vantaggio effettivo a nessuna azienda di nessuna economia avanzata; per tali motivi dunque il Piano Mattei sembrerebbe essere tutt’altro rispetto a quello che ci viene propinato in questi giorni.

Nel caso dell’Italia poi sembrerebbe difficile credere alle motivazioni umanitarie presentate come parte fondamentale della base di questo progetto in quanto la nostra presenza energetico-industriale in Africa è iniziata già da un po’ grazie al ruolo dell’ENI; il nostro ruolo e quello dell’ENI però non sembrano essere proprio in linea con lo scopo di aiutare il popolo africano, ed il caso del Mozambico è in questo senso emblematico.

In Mozambico l’ENI ha scoperto delle enormi riserve di gas naturale che hanno reso il Paese la nuova frontiera africana dell’approvvigionamento energetico. La gestione da parte di ENI dell’area di Cabo Delgado però non è stata atta a favorire anche e soprattutto la popolazione locale: al contrario, ha generato espropri di terre e limitazioni al traffico marino, negando così ampie possibilità di approvvigionamento alle stesse popolazioni locali.

Lo stesso discorso può essere applicato in Nigeria, dove ENI opera dagli anni ’60: qui la Commissione ambientale dello Stato di Bayelsa ha quantificato in 12 miliardi di dollari i danni ambientali e sociali imputabili dall’attività estrattiva di ENI, che ha causato nel tempo danni irreparabili ai fiumi e alle foreste dell’area, danneggiando così anche ampie fasce della popolazione locale.

 

 

Dietro al Piano poi potrebbe esserci, oltre all’interesse speculativo, anche l’ombra dello spettro della gestione del flusso dei migranti nel Mediterraneo: gli accordi da trovare e da siglare con Paesi come Tunisia, Egitto ed Algeria infatti potrebbero essere il mezzo con il quale forzare questi Paesi ad aumentare vertiginosamente il controllo delle proprie coste, senza però doversi preoccupare dei mezzi con i quali questi controlli vengano aumentati.

D’altronde la sicurezza riguardo al tema migranti pare sia stato sempre stato il fiore all’occhiello della campagna politica della destra da dieci anni a questa parte.

Il Piano Mattei è stato dunque presentato come un progetto lungimirante, catartico ed equamente vantaggioso per tutte le parti coinvolte, purché ognuna di esse rimanga a casa propria, avanzata o dilaniata che sia.

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