Il mercato degli affitti al tempo di Airbnb: analisi della situazione italiana

In Italia il mercato degli affitti brevi targati Airbnb è in fortissima ascesa, soprattutto dopo il COVID; ma cosa sta rischiando il nostro Paese?

 

 

Airbnb è la nota piattaforma internazionale destinata ai turisti desiderosi di affittare appartamenti per brevi periodi di tempo in moltissime città sparse in tutto il mondo; dal 2008, anno della sua fondazione, la piattaforma è arrivata ad avere a disposizione sul territorio italiano più di 200.000 alloggi, un numero elevato ed in costante aumento.

In Italia questa forma di sharing economy ha indubbiamente aiutato l’economia di diversi piccoli centri abitati abbandonati nel corso del tempo dai residenti storici, desiderosi di vivere più in prossimità dei servizi di base (scuole, ospedali, trasporti); questi centri dunque sono finiti per essere caratterizzati dalla massiccia presenza di case vuote ed attività chiuse.

La voglia del fruitore medio dei servizi di Airbnb di vivere un’esperienza turistica più autentica, e dunque maggiormente affine al contesto territoriale e culturale di una comunità, si è sposata perfettamente con questa realtà vissuta da molti piccoli centri italiani; il problema tuttavia sembrerebbe porsi quando il fenomeno Airbnb viene analizzato nei contesti delle grandi città turistiche e nelle principali città d’arte italiane.

In questi aree, sempre più proprietari hanno deciso negli ultimi anni di spostare l’uso delle proprie seconde case dai consueti affitti agli affitti brevi targati Airbnb in quanto si presentano non solo più remunerativi rispetto ai primi, ma vengono considerati anche più sicuri; Airbnb infatti può rappresentare una garanzia sia in funzione dei pagamenti, che della selezione della clientela grazie al meccanismo dei feedback.

 

 

Questa tendenza ad affittare la propria casa per periodi brevi a turisti provenienti da tutto il mondo attraverso Airbnb sembrerebbe stia generando diversi problemi al mercato delle locazioni; infatti la crescita di Airbnb sta causando da un lato una diminuzione delle case affittabili per lunghi periodi (come nel caso di molte mete balneari), e dall’altro un’aumento dei prezzi medi degli affitti.

I locatori di tutta Italia, e sopratutto delle grandi città, in virtù della crisi del settore post-pandemia, del concetto economico di “bene posizionale”, e del fenomeno Airbnb, hanno aumentato il prezzo medio dell’affitto al metro quadro, che è passato dai 9,02 € del 2016 ai quasi 13 € del 2023; lo scenario che si sta profilando per le persone che vogliono prendere una casa in locazione per uno o più anni dunque è contraddistinto da una difficile accessibilità agli affitti dati gli stipendi medi attualmente percepiti in Italia.

Se consideriamo che il panorama delle persone in cerca di affitto è composto principalmente da giovani, universitari e non, intenzionati a crearsi una propria indipendenza domestica, la situazione potrebbe risultare più grave del previsto; dal punto di vista economico infatti i giovani continuerebbero a gravare sul nucleo familiare dei genitori, mentre dal punto di vista comunitario non ci sarebbe un’evoluzione fisiologica della società vista l’impossibilità per le generazioni più giovani di vivere delle esperienze formative ed edificanti.

 

 

Per il momento non ci sono state manovre dei vari governi atte a porre un freno, o quantomeno a regolamentare con cognizione di causa, il fenomeno di Airbnb (se non dal punto di vista fiscale per un tornaconto puramente a vantaggio dello Stato), ma è auspicabile che queste vengano poste in essere prima che i prezzi degli affitti arrivino oltre la soglia della criticità costringendo a rinunce universitarie o a regressioni evolutive domestiche.

Certo, un’economia liberale deve tutelare la libera iniziativa imprenditoriale, ma prima di essere imprenditori siamo uomini partecipanti ad un progetto sociale comune che tende per natura all’evoluzione, ed arrestare questo processo potrebbe comportare con buona probabilità un danno per tutta la società, imprenditori ed aziende compresi.

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