Il Governo Meloni alla conquista dell’Africa

I Governi italiani degli ultimi anni hanno guardato con interesse alle vicende del continente africano. Anche il Governo Meloni sembra voler seguire questa strada.

 

 

Fin dai primi giorni di vita il Governo Meloni ha posto un’attenzione particolare sul continente africano, non solo per la questione migratoria, ma soprattutto per gli interessi economico-politici italiani nella regione. La realtà geopolitica va oltre gli slogan e le promesse elettorali e, seppur viva a livello mediatico, la questione dei flussi migratori diventa una cornice all’interno della quale intessere rapporti privilegiati. Le missioni del Governo italiano nel Maghreb degli ultimi mesi sono il più chiaro esempio di come al di là del Mediterraneo ci siano interessi che coincidono con le strategie a medio-lungo termine del nostro Paese.

La storia politica di molte realtà africane ha incrociato quella italiana nel secolo scorso per poi frantumarsi nel tragico periodo colonialista; dal dopoguerra in poi, infatti, la politica estera italiana si è adagiata su un paradigma neorealista difensivo, che ha guardato all’atlantismo USA come stella polare e instaurato una linea politica senza colori di partito proiettata alla sicurezza interna.
L’attuale posizione del nostro Paese non nasce però oggi: una prima avvisaglia si è avuta nel 2014 quando l’allora Primo Ministro Matteo Renzi si recò in Mozambico in missione diplomatica, favorendo l’assegnazione ad Eni dei diritti di estrazione del giacimento di gas naturale del Paese. La missione di Renzi a Maputo è stata un successo ed ha aperto la strada a nuove prospettive che l’attuale Governo continua a perseguire così come i precedenti.

 

 

Già reso palese sotto Draghi, questo nuovo interesse italiano nei confronti dell’Africa risente anche delle vicissitudini ucraine e dell’agognata indipendenza energetica dalla Russia. La sicurezza energetica italiana e il miglioramento della stabilità degli approvvigionamenti di gas sono balzati in cima agli obiettivi di difesa del Paese.
Già a gennaio il Governo Meloni ha firmato con Algeria e Libia due accordi di cooperazione che mettono insieme obiettivi energetici e di regolamentarizzazione dei flussi migratori.
In quest’ultimo mese poi i riflettori sono stati puntati sulla Tunisia e sul rischio di default finanziario del Paese nord-africano; insieme alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e al Premier olandese Rutte, la Meloni ha fatto visita al Governo di Tunisi per incoraggiare un prestito del Fondo Monetario Internazionale e scongiurare lo scoppio di disordini che si ripercuoterebbero sulla sicurezza nel Mediterraneo.

Sembra quindi delinearsi nei dettagli una direzione politica che negli ultimi dieci anni ha visto incrementare l’interesse italiano nei confronti del continente africano. Dal 2013 Roma ha finanziato decine di progetti con impatti evidenti sulla vita delle nazioni africane; sono poco più di sette i miliardi impiegati dall’Italia a vario titolo in quest’ultima decade in Africa, una somma che rappresenta il 32% degli investimenti italiani nello stesso periodo per un totale di ventisette progetti.

Possiamo quindi affermare che l’interesse italiano per il continente africano non rappresenta di per sé una novità, essendo, come abbiamo visto, un punto di riferimento della politica estera degli ultimi dieci anni.
La strategia politica del Governo Meloni si inserisce in questo quadro di continuità e, sfruttando le congiunture geopolitiche internazionali, sembra proiettata verso una primavera strategica.

 

 

Il piano presentato dalla Presidente del Consiglio italiano è stato ribattezzato Piano Mattei per l’Africa; negli ultimi sessantuno anni, dalla morte di Mattei in poi, più volte si è affiancato il nome dell’industriale italiano alle strategie governative per l’area del Medio Oriente e del Nord Africa. In passato queste strategie non hanno fatto altro che coltivare gli interessi industriali del nostro Paese senza portare un miglioramento reale nella vita delle comunità locali interessate, aiutando quindi a mantenere lo status quo.
L’Africa è nel destino dell’Italia forse più dell’Europa e una politica che vuole portare il nome di Enrico Mattei deve avere lo stesso sguardo olistico dell’industriale marchigiano e costruire rapporti che producano benessere diffuso e aprano un canale preferenziale per il nostro Paese.

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