Il futuro dell’Ucraina in mano ad una lotta politica di bassissimo spessore

I preamboli alle prossime elezioni presidenziali statunitensi stanno indirettamente decidendo la guerra in Europa; e sia Biden che i Repubblicani stanno dimostrando la loro grettezza.

 

 

Con la bocciatura da parte del Senato statunitense in merito al nuovo stanziamento di fondi per l’acquisto di armi ed equipaggiamenti da destinare all’esercito ucraino, la guerra nell’est europeo rischia di arrivare ad una veloce e tragica conclusione. Se le cose non dovessero cambiare, l’Ucraina dovrà per forza di cose capitolare di fronte alla capacità industriale e bellica della Russia di Putin.

Quello che lascia sgomenti non è tanto la possibile drammatica fine della resistenza ucraina, quanto vedere come di fronte al potere personale nulla abbia valore per i politici statunitensi.
Joe Biden è uno degli artefici della rinnovata guerra fredda; grazie alle sue affermazioni (la frase “Putin è un killer” detta pochi giorni dopo il suo insediamento è solo una delle tante), alle sue mosse prive di senso strategico (si veda la rocambolesca fuga dall’Afghanistan) e alla continuità con i suoi predecessori Democratici in fatto di espansionismo culturale e diplomatico è riuscito in brevissimo a disfare quanto di buono in politica estera il tutt’altro che perfetto Donald Trump aveva fatto nel quinquennio precedente, che aveva neutralizzato Kim Jong-Un e calmato le acque con Vladimir Putin.

 

 

In politica internazionale occorre sempre ricordare che l’approccio muro contro muro non porta nulla di buono; e quando Bill Clinton ha iniziato l’iter per far entrare l’Ucraina nella NATO, manovra poi ripresa e spinta verso la conclusione da Joe Biden, ha irrimediabilmente minacciato la Russia, innescando una bomba ad orologeria che solamente gli stolti non avevano modo (o voglia) di vedere. Si è già detto di come la reazione di Putin non potesse essere probabilmente molto diversa (anche se aveva già vinto la partita col dietro-front NATO sull’ingresso dell’Ucraina), ma quello che colpisce è come per i politici statunitensi il valore della vita degli ucraini sia veramente poca cosa.

L’ultimo rifinanziamento a favore della macchina militare ucraina è infatti saltato non per problemi economici in seno alle finanze USA, ma per un bieco gioco di potere in vista delle prossime elezioni presidenziali. Joe Biden, in crollo di consensi, aveva bisogno di ricompattare i senatori Democratici ed i relativo elettorato, portando un risultato importante da sbandierare alle urne; e per farlo ha anche farneticato di un futuro attacco russo alla NATO dopo la vittoria in Ucraina. Contemporaneamente, i Repubblicani avevano vincolato il loro voto favorevole ad una serie di misure fortemente restrittive nei confronti dell’immigrazione irregolare sul suolo statunitense. I Democratici, Biden in testa, hanno rifiutato di supportare la mozione anti-clandestini; e di conseguenza i Repubblicani hanno tenuto il punto. Il tutto, con buona pace del futuro dell’Ucraina.

 

 

C’è da pensare, e molto, su come i nostri “migliori alleati strategici”, coloro che si vantano di difendere la libertà dei popoli, trattino i Paesi alleati d’oltre oceano; e noi siamo un caso esemplare, abbandonati a noi stessi dopo il crollo del Muro Di Berlino a dovercela vedere con la piaga della violenza e della follia dell’estrema sinistra da un lato, e usati come “territorio franco” dall’altro (come dimostrano l’impunita strage del Cermis o le losche manovre dietro al mistero del traghetto Moby Prince).

Mentre il fondamentalismo islamico si radica in Europa, mentre la Cina e la Russia prendono il controllo dei territori africani ricchi di materie prime ed utilizzano l’arma delle migrazioni contro il vecchio continente, il mondo occidentale governato dai partiti “progressisti” scivola verso l’oblio, vittima dei suoi costumi lascivi e dell’incapacità di saper mantenere una forte presa diplomatica in campo internazionale.

Forse ha ragione il Ministro Degli Affari Esteri russo Sergej Lavrov quando dice “500 anni di dominio occidentale stanno finendo”. Per troppo tempo i nostri governanti ed i nostri intellettuali si sono guardati l’ombelico, troppo corrotti o troppo stupidi per mantenere saldo il controllo degli scenari internazionali. Oggi a pagarne il prezzo rischiano di essere gli ucraini; come gli afghani due anni fa e come gli irakeni che appoggiarono gli USA nel 1991.

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