I sindacati paralizzano la Nigeria

I sindacati nigeriani hanno bloccato l’erogazione di energia in tutto il Paese a seguito del rifiuto del Governo di rivedere il salario minimo dei lavoratori.

 

 

Migliaia di lavoratori sono scesi in piazza in questi giorni in Nigeria chiedendo un aumento dei salari per far fronte al continuo innalzamento del costo della vita. Il Paese è arrivato a vivere una vera e propria paralisi; i sindacati infatti sono riusciti ad interrompere l’energia elettrica in tutta la nazione e a bloccare i principali scali aeroportuali. La piega presa dalle proteste e le conseguenze potenzialmente rivoluzionarie hanno convinto il Governo a negoziare con i rappresentanti sindacali, i quali hanno sospeso temporaneamente lo sciopero. I sindacati hanno deciso di sedersi al tavolo negoziale con il Governo, un tavolo che secondo Festus Osifo, leader sindacalista nigeriano, non ha prodotto una nuova proposta concreta.

Le trattative su un nuovo salario minimo proseguono da tempo ma la situazione è cominciata a precipitare lo scorso lunedì 3 giugno, quando l’ennesima richiesta di rivedere il salario è stata ignorata dal Governo nigeriano; questo rifiuto ha portato i funzionari sindacali a recarsi direttamente nelle centrali e, dopo aver mandato a casa i lavoratori, a fermare l’erogazione di energia elettrica nel Paese.

L’attuale salario minimo mensile previsto in Nigeria ammonta a trentamila naira, all’incirca venti euro, e la richiesta dei sindacati è quella di portarlo a cinquecentomila naira, quasi trecentoquaranta euro. Il Governo ritiene le richieste sproporzionate ed ha offerto un raddoppio dell’attuale stipendio, cioè sessantamila naira mensili.
La richiesta dei sindacati può apparire sproporzionata ma, numeri alla mano, la Nigeria sta vivendo una crisi economica che giustifica tale incremento. Nel 2023, il Presidente Tinubu ha dato il via ad alcune riforme che hanno portato ad una continua svalutazione nella valuta locale, con una conseguente inflazione galoppante tuttora in essere; esempio più lampante di questa inflazione è il costo del cibo, con il riso, alimento base della cucina nigeriana, è arrivato a costare quarantamila naira al sacco (più o meno cinquanta chili).

La Nigeria ad oggi è ancora la più grande produttrice di petrolio in Africa ed è prima economia continentale; il malgoverno degli anni precedenti ha portato però ad una continua svalutazione della naira sul dollaro e ad un impoverimento delle famiglie. Due terzi di queste infatti vivono oggi con meno di due dollari al giorno.

 

 

Il Presidente Tinubu è stato eletto lo scorso anno con la promessa di stabilizzare i prezzi e dare nuova linfa all’economia nigeriana, ma le politiche adottate dal suo Governo hanno generato una svalutazione del sessanta percento della naira in pochi mesi. Secondo gli analisti, l’economia nigeriana versava in condizioni critiche già prima di Tinubu, il quale ha solamente aggravato uno scenario disastroso.

Nuovi sviluppi sono attesi a breve, ma se le proposte del Governo non dovessero incontrare il favore dei sindacati saranno probabili nuovi disordini e tumulti. La storia africana ci ha insegnato che in questi momenti il monopolio del potere può essere rovesciato e cadere nelle mani di regimi autoritari, generando distruzione e nuove crisi migratorie; i grandi interessi petroliferi e le aziende presenti in Nigeria potrebbero scongiurare i peggiori scenari, ma sarà interesse di tutta l’Africa, e non solo, evitare una rovinosa rivoluzione.

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