I miti delle due ruote – Casey Stoner

Colui che ha insegnato a far girare le moto con la gomma posteriore.

 

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In Australia ci siamo già stati con Mick Doohan ma c’è senz’altro un altro grande pilota per cui vale sicuramente la pena di fare di nuovo un salto (d’altronde è terra di canguri) nelle terre di Cook.
Casey Stoner nasce a Southport il 16 dicembre del 1985, inizia la sua carriera come molti suoi colleghi piuttosto presto con il Dirt track e lo Short Track, discipline molto amate e praticate in diversi paesi, primi fra tutti proprio l’Australia e gli Stati Uniti; inizia da bambino quando a quell’età normalmente si impara ad andare decentemente in bicicletta.
Stoner ovviamente lo fa in quello che diventerà il suo modo, come un rullo compressore, conquistando 41 (no non è un errore sono proprio 41) titoli in 50 e 125 sia con le due che le quattro tempi.

Nel 2000 approda in Europa, per la precisione nel campionato Spagnolo e Inglese, nella 125 con l’Aprilia con la quale porterà a casa due secondi posti nella classifica generale dei rispettivi campionati con ben 10 vittorie; il salto nel mondiale l’anno successivo è quasi scontato per un rookie con quei risultati, ma come wild card ancora ottendendo solo dei piazzamenti che però gli valgono un contratto per l’intero 2002 con Lucio Cecchinello, con l’Aprilia 250, al fianco di David Checa, chiudendo il campionato al 12° posto, pagando probabilmente la ancora scarsa esperienza conseguita nella 125.
E infatti l’anno successivo fa una scelta che sul momento ha potuto dare l’impressione di essere dettata dalla difficoltà incontrata con la quarto di litro, dove non si può dire abbia sfigurato certo, ma neanche brillato; così il canguro salta ma indietro, torna nella 125 restando sempre con Lucio Cecchinello che da professionista quale è probabilmente si è reso conto che quel ragazzo talentuoso e silenzioso ha ancora bisogno di esperienza ed è meglio non rischiare di bruciarlo.

 

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La scelta si rivela giusta, Casey chiude la stagione 2003 con l’ottavo posto in classifica generale portandosi a casa una vittoria e tre secondi posti, perdendo sicuramente diversi punti, saltando due gran premi per la clavicola rotta nella qualifiche del Gran Premio della Repubblica Ceca.

Nel 2004 passa alla KTM e con la quale ottiene il 5° posto in campionato migliorando decisamente il suo rendimento rispetto all’anno precedente, regalando alla casa Austriaca la prima vittoria nel motomondiale; ma anche quest’anno è costretto a saltare due gran premi, ancora per una clavicola rotta, ancora in prova, questa volta libere. L’australiano è bravo, dannatamente veloce, va forte già nelle prove fin dai primi giri, ma questa caratteristica è anche il suo limite, quel limite che fatica a trovare cercando sempre di andare oltre, forzando per trovare il giro veloce. Casey cade parecchio, tanto da guadagnarsi negli anni il soprannome di “Casey Rolling Stoner”, e purtroppo si fa anche male come abbiamo visto, e questo nella carriera di un campione è forse il difetto più grande, quello che in alcuni casi ha impedito che piloti straordinari vincessero parecchi titoli nella loro vita agonistica, come ad esempio Kevin Schwantz.

Nel 2005 torna in 250 con l’Aprilia nel team LCR di Cecchinello e finalmente si comincia a vedere anche concretezza oltre alla innata capacità di spingersi al limite, portandosi a casa 5 vittorie ed un 2° posto, ma nulla può contro un Daniel Pedrosa in formissima con la Honda ufficiale, che lo precederà aggiudicandosi il titolo.

Nel 2006, restando con lo stessa scuderia, passa alla MotoGP con la Honda RC211V con la quale otterrà però solo una pole position e l’ottavo posto in classifica generale, questo perché nel passaggio alla classe regina ha ripreso a cadere tanto, sia in prova che in gara: qui i cavalli sono tanti e lui fatica a trovare il giusto feeling, diverse cadute sono high side e ne rimedia una nel warm up del gp di Germania procurandosi una commozione cerebrale che lo costringe a saltare la gara. Ma l’anno successivo c’è la svolta: Stoner passa alla Ducati, in squadra col ben più esperto Loris Capirossi che però fatica a domare la brutalità della Desmosedici e tutto fa pensare che per l’australiano la vita non sarà affatto più semplice; invece Stoner vince alla gara d’esordio, riportando una moto Italiana dopo 30 anni sul gradino più alto del podio nel motomondiale, ma proprio come uno schiacciasassi vince ben 10 gran premi su 18, più numerosi podi laureandosi Campione del Mondo con 3 gare di anticipo e chiudendo la stagione con la modica cifra di 367 punti.

È la consacrazione, Casey non è più rolling, va forte e non commette quasi errori e finalmente è maturato come si deve ad un talento del suo calibro. Eccolo quindi l’anno successivo ripresentarsi in sella alla Ducati per ribadire la supremazia dell’anno precedente, ma qualcosa non va proprio nella direzione voluta: Stoner trova sulla sua strada prima un Pedrosa in palla come non mai, poi anche Valentino Rossi, che lo costringono a dare il 101% per provare a vincere.

 

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Forse l’australiano è stanco o sotto pressione e, prima si perde in un limbo che lo porta a non vincere per cinque gare consecutive, poi ricomincia a cadere; una vecchia frattura di uno scafoide si riaffaccia e ne condiziona la prestazione nella seconda metà del campionato. Nonostante le sei vittorie e tre podi deve cedere lo scettro di campione a Rossi con 3 gare di anticipo, proprio come lui l’anno prima.

Nel 2009 Stoner sembra andare abbastanza bene, a metà stagione è in lotta con Rossi e Lorenzo ed il campionato è ancora aperto, ma prima un malore intestinale non lo fa andare oltre il terzo posto in due gare, poi Livio Suppo – allora team manager Ducati – gela l’intero circus: ad agosto al via del gran premio di Brno annuncia che Casey non correrà le successive due gare, forse quattro addirittura per una stanchezza fisica che rischia di mettere a repentaglio la carriera del giovane talento australiano. Già ma è proprio questo che lascia perplesso l’intero mondo delle due ruote ed i tifosi: Stoner è giovane, cosa significa “stanchezza”? Cosa c’è sotto?
Nell’incertezza si sa le illazioni si sprecano: qualcuno dice non sta bene, qualcuno che non ha più la motivazione, altri addebitano alla rivalità con Rossi un crollo psicologico – gli è venuto il braccino insomma. La cosa sembra non durare molto comunque: dopo tre gare di assenza rientra in Portogallo e chiude al secondo posto, poi vince a Phillip Island davanti ai suoi tifosi. Stoner c’è, il “canguro mannaro”, come è stato ribattezzato, sembra aver ritrovato forma e motivazione. A Valencia però ne fa un’altra delle sue cadendo nel giro di ricognizione; chiude il campionato con un onorevolissimo quarto posto.

Il 2010 non sarà migliore, Casey cade ancora diverse volte e non sembra riuscire più a trovare quel feeling con la Desmosedici, arrivando di nuovo a chiudere la stagione con il 4 posto; sarà proprio al termine del campionato che la Ducati annuncerà la fine del rapporto con l’australiano che ha già in tasca il contratto per il 2011 con la Honda, ma stavolta la HRC ufficiale.

 

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Stoner sembra aver ritrovato la motivazione, la sua guida si è evoluta trovando immediatamente la confidenza con la moto di Hamamatsu che gli permette di rifare di nuovo quel capolavoro che riesce solo agli Assi: vincere alla gara d’esordio con la nuova moto. Con 10 vittorie Casey è di nuovo campione del mondo, se lo regala nel giorno del suo 26° compleanno proprio nella sua terra, a Phillip Island, davanti ai suoi tifosi, in un mondiale funestato dalla tragica scomparsa di Marco Simoncelli (ciao Sic!).

Al via della stagione 2012 Casey sembra essere in forma e ottiene un terzo posto e una vittoria nella prime due gare, ma poco dopo l’inizio del campionato di cui è leader provvisorio della classifica, lo stesso pilota, in una conferenza stampa, annuncia a fine stagione il suo ritiro dalle competizioni. Di nuovo lascia tutti di stucco. È vero, si è affacciato qualche problema di salute, ma nulla che fino a quel momento gli avesse impedito di dire la sua in campionato, anche se perderà l’opportunità di lottare per lo stesso infortunandosi seriamente alle caviglie tanto da dover saltare tre gran premi, facendogli chiudere la stagione di nuovo con un meritatissimo terzo posto.

Casey Stoner si ritira ufficialmente dalle competizioni l’11 novembre del 2012, chiudendo con un podio che rende ancora più inverosimile l’uscita di scena di un grandissimo campione che tutto sembra meno che sul viale del tramonto.

Tornerà in pista nel 2015 alla 8 ore di Suzuka, cadendo però rovinosamente mentre era in testa, dopo pochi giri, per un problema all’acceleratore e procurandosi la frattura di una scapola e di una tibia.
Per due anni sarà collaudatore in Ducati, se ne andrà sbattendo la porta perché a suo dire non ascoltato nelle indicazioni fornite.

Determinato, silenzioso, dallo stile di guida aggressivo e spigoloso, Re della derapata con cui è riuscito meglio di chiunque altro ad innovare il suo stile adattandolo alle MotoGP, ma soprattutto alle gomme Bridgestone, facendo girare la moto col posteriore, retaggio probabilmente di quel Dirt Track con cui ha imparato a correre.

 

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Pilota dal carattere un po’ freddo e spigoloso, caratteristica che lo ha portato ad esternazioni a volte piuttosto dure nei confronti dei suoi rivali, soprattutto con Rossi eterno avversario con cui se lo sono date di santa ragione in quegli anni, duri ma pur sempre corretti e sportivi. Di lui meccanici e ingegneri raccontano che tanta era la sua abilità e sensibilità innata da riuscire ad uscire dai box e rientrare senza completare il giro, lamentando chiaramente modifiche alla moto che neanche sapeva fossero state fatte, creando non poche difficoltà perché non c’erano neanche dati da scaricare dalla telemetria, per poi accorgersi che le sue sensazioni erano giuste con poche centinaia di metri.

Oggi sappiamo purtroppo che quell’alone di mistero legato alle sue uscite di scena a sorpresa sulle quali tanto è stato ricamato erano in realtà una vera e propria malattia che affligge il campione australiano e ne condiziona addirittura la vita quotidiana, impedendogli non solo di salire in moto ma anche solo di allenarsi o andare in bicicletta; invitato dalla Honda poco tempo fa alla presentazione di un nuovo modello in pista, pur avendo fatto pochi giri a spasso, sì è ritrovato una settimana al letto per le conseguenze fisiche.

Possiamo solo augurarci, ed augurargli, che possa presto risolvere queste sue difficoltà e godersi la lunga vita ancora davanti a sé e la gloria della firma che ha inciso nella storia del motomondiale, come quelle lasciate in pista a colpi di gas.

Al prossimo Campione, restate collegati sulla Tana!

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