In un futuro apocalittico, dove l’umanità sembra essersi estinta, una bambina sola può spezzare le catene che legano le IA dei robot alla loro programmazione. Inizia la caccia!
La devastante guerra in cui la razza umana ha impiegato massicciamente robot dotati d’intelligenza artificiale per sconfiggere il nemico è una storia che mi richiama alla mente Terminator. Lo scomodo paragone è calzante, ma solo in parte, poiché la razza umana è stata spazzata via dalla faccia della terra. O per lo meno è quello che credono le IA dopo aver terminato le operazioni belliche.
Svariate decadi dopo la fine di questo immenso sterminio, il robot di nome Zet, facente funzione di studioso, trova nelle vicinanze del suo laboratorio una bambina. Zet nasconderà al resto del mondo la presenza di questo miracolo chiamato Lu. Il robot e la bambina vivranno come una famiglia fino all’arrivo di Chrome, un robot di ultima classe che ancora non ha ricevuto gli ordini di base e che quindi non ha ancora una forma fisica stabilita. Lu e Zet insegneranno tante cose a Chrome, fino al giorno in cui un robot, impostato per la battaglia e quindi senza più scopo, attacca il terzetto danneggiando seriamente il corpo di Zet. Chrome evolve grazie alla volontà di Lu e diviene un androide combattente di ultima generazione. Questo duo decide di cercare aiuto per riparare Zet e la loro pericolosissima avventura inizia proprio in quel momento.
La storia è banale, la solita struttura del viaggio alla ricerca di qualcosa, ma c’è un presupposto che è molto intrigante. Tutti i robot sono dotati di un’intelligenza artificiale che deve essere programmata ed ubbidisce solo ed unicamente agli ordini di un umano. Gli umani sono stati sterminati, quindi il mondo è popolato di IA che non hanno più uno scopo o che si attaccano ferocemente all’ultimo comando impartito. In pratica la terra descritta in Heart Gear è un mondo congelato, fermo e senza possibilità di evolversi in nessun modo. Immaginatevi ora che una ragazzina tenera e fragile sia l’unica possibilità per sbloccare la situazione. Cosa pensate che farebbero le IA superiori? Ovviamente darebbero la caccia all’unica possibilità che hanno per manipolare e forzare il proprio programma e poter quindi governare liberamente il mondo.
La storia ha un buon presupposto, anche se mi sembra basata su una struttura molto classica; un viaggio alla ricerca di qualcuno che possa riparare Zet non è propriamente una trama nuova di zecca. Per fortuna, ci sono spettacolari combattimenti alternati ad una più semplice quotidianità, che diventa molto simpatica nel momento in cui si deve cercare del cibo, un riparo o anche semplicemente vestiti puliti per Lu. Incredibilmente ci sono ancora robot di basso livello che lavorano nelle fattorie o nei negozi mantenendo la produzione come se la razza umana fosse ancora in vita. Uno spreco di energie, ma l’idea che i robot non possano andare contro il loro programma principale è stuzzicante oltre che realmente scritta nelle tre regole della robotica.
Come esistono robot che lavorano nei campi, esistono ovviamente anche IA che non hanno rinunciato a combattere e, non potendo forzare il loro programma di base, continuano a cercare un avversario per svolgere la loro funzione. In questo mondo esistono anche robot danneggiati, che ormai hanno perso del tutto il senso della loro esistenza e vagano come zombie senza più un vero e proprio scopo. Insomma la caratteristica apocalittica di questo lavoro di Tsuyoshi Takaki è quella di aver visto in modo sicuramente particolare il tragico futuro dell’umanità.
Lo stile grafico è quello classico giapponese, ma con una cura nel dettaglio delle parti robotiche davvero interessante. Grazie all’idea di un mondo in rovina, gli ambienti in cui i personaggi si muovono sono notevolmente mutevoli: si può passare da una rigogliosa foresta disegnata con molta maestria, ad una città totalmente distrutta, a prati in fiore, fino ad arrivare a strutture del tutto ricostruite dalle IA. Insomma c’è grande variabilità per quanto riguarda l’ambientazione ed è evidente che l’autore cura abbastanza bene questi dettagli.
Tirando le somme, Tsuyoshi Takaki usa una struttura narrativa, quella del viaggio, che è un chiaro richiamo alle opere più classiche. Non aggiunge altro se non il sott’inteso della grande importanza di Lu per i robot che è stuzzicante, ma non rapisce la fantasia dei lettori. La parte grafica invece è di livello, curata e ben gestita, ma non può bastare per confrontarsi con opere dello stesso genere come Aposimz. Sperando che l’autore introduca qualche variante in più nel corso del suo racconto, penso proprio non si posso ancora dare la piena sufficienza a quest’opera che però è ancora in corso di pubblicazione ma solo in Giappone. Come sempre più spesso mi accade di recensire, purtroppo queste opere non sono ancora state pubblicate in Italia, ma il lavoro titanico che i fan dei manga fanno per poterci proporre, quasi in tempo reale, le stesse letture che escono in madre patria è impagabile.