Guerra di spie tra Canada e Cina: cosa c’è di vero?

In Nord America si sta discutendo molto di presunte interferenze cinesi nelle elezioni canadesi; tra propaganda e strategie, la confusione regna sovrana.

 

 

L’opinione pubblica nordamericana sta discutendo nelle ultime settimane riguardo una presunta guerra di spie in corso tra Cina e Canada; un recente rapporto della Commissione per le interferenze straniere del Governo canadese dichiara infatti che la Cina avrebbe interferito nelle elezioni federali nel 2019 e nel 2021. Secondo l’indagine, le attività di spionaggio ed interferenza dei servizi segreti di Pechino sarebbero tutt’ora molto attive nel Paese, con un complesso intreccio di operazioni clandestine volte ad influenzare processi decisionali e a manipolare le comunità locali.

Secondo il Giudice Marie-Josée Hogue, che ha presieduto la Commissione d’inchiesta, Pechino non sponsorizzerebbe direttamente dei candidati attraverso un appoggio esterno, ma cercherebbe di avvantaggiare politici che ritiene favorevoli per gli obiettivi cinesi nello Stato canadese.
Le indagini del Canadian Security Intelligence Service precisano che la Cina avrebbe interferito nelle elezioni federali attraverso tecniche di disinformazione durante le campagne elettorali, spostando l’opinione pubblica canadese su temi cari alla Repubblica Popolare anche attraverso cittadini cinesi residenti in Canada.

Il Giudice Hogue ha dichiarato che un ulteriore dossier sulla vicenda sarà pubblicato entro la fine del 2024, una dichiarazione che sembrerebbe mettere le mani avanti sulle carenti prove fornite finora dalla Commissione nei confronti degli agenti cinesi; lo stesso rapporto dichiara che non esistono evidenze concrete riguardo la capacità di Pechino di influenzare il voto in modo tale da ribaltare i seggi, quindi di portare alla vittoria di un candidato rispetto alle intenzioni dei cittadini. Il rapporto si chiude con un incoraggiamento nei confronti del Governo, spronato a lavorare per riconquistare la fiducia dei cittadini sul processo elettorale canadese; fiducia minata da mesi di speculazioni sulle inchieste nei confronti delle interferenze cinesi.

Possiamo quindi dire, senza rischiare di incorrere in inesattezze, che ad oggi le accuse mosse dall’intelligence canadese nei confronti della Cina non sono suffragate da prove schiaccianti. L’unica cosa certa è che il Governo di Justin Trudeau ha individuato delle attività di proselitismo nel proprio Paese nei confronti delle politiche cinesi, attività che si intensificano in corrispondenza di attività elettorali; ma di cosa ci stupiamo?

Il gioco delle ingerenze straniere durante le elezioni è una questione che ritroviamo costantemente all’interno della geopolitica dell’ultimo secolo, e solo nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una particolare attenzione sul tema. Tra gli episodi più famosi ricordiamo quando nel 2016 Donald Trump fu accusato di aver cospirato con Mosca per danneggiare la propria avversaria Hillary Clinton; sempre Mosca fu accusata di essere intervenuta a favore di Lega e Movimento Cinque Stelle nel 2018 durante le elezioni italiane.
Gravi accuse che spesso hanno portato a commissioni d’inchiesta che, alla prova dei fatti, hanno smentito oppure ridimensionato drasticamente l’apporto esterno.

 

 

Oggi si cerca di far passare l’indagine canadese come una guerra di spie da parte della Cina nei confronti del Canada, ingigantendo una notizia che per adesso non esiste; le attività delle intelligence all’estero esistono da secoli e si sviluppano su linee rosse che non sembrano essere state oltrepassate.
In questo caso specifico, con le elezioni canadesi che distano solo un anno, lo spazio offerto a questa notizia sembrerebbe un tentativo interno di spostare gli equilibri del prossimo turno elettorale.

L’attenzione mediatica riguardo l’inchiesta canadese è ancora molto alta, aiutata anche dalla polarizzazione tra la Cina e la NATO, della quale il Canada è parte; accuse gonfiate che rischiano di portare a ben peggiori conseguenze.

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