Dopo i primi drammatici mesi di guerra, il conflitto in Corea assume una nuova dimensione con l’intervento cinese e il lungo stallo che condurrà all’armistizio.
Come abbiamo avuto modo di leggere nel precedente articolo, il primo schieramento a tentare un colpo decisivo è quello comunista del Nord, che riesce a sorprendere la controparte e quasi sconfiggerla in una fulminea ma decisamente dispendiosa campagna. Esaurita l’avanzata nordcoreana che ha appunto quasi portato a un collasso totale delle forze delle Nazioni Unite e sud-coreane, ormai assediate nel perimetro di Pusan, il conflitto assume una nuova svolta con lo sbarco di Incheon, avvenuto il 15 settembre 1950 sotto la guida del Generale Douglas MacArthur.
Questa manovra strategica sorprende le forze nordcoreane, tagliando le loro linee di rifornimento e permettendo la rapida riconquista di Seul. L’avanzata dell’ONU prosegue oltre il 38° parallelo, con l’intento di riunificare la Corea sotto il governo di Syngman Rhee. Tuttavia, questa offensiva scatena la reazione della Cina, che percepisce l’ingresso delle truppe americane nei pressi del fiume Yalu come una minaccia diretta alla propria sicurezza. Nel novembre 1950, l’Esercito Popolare dei Volontari cinese attraversa il confine e lancia una massiccia controffensiva. Le forze ONU, sorprese dalla brutalità dell’attacco e dall’enorme numero di soldati cinesi impiegati, sono costrette a una ritirata disordinata. Seul cade nuovamente in gennaio 1951, segnando un’inversione drammatica rispetto ai successi ottenuti nei mesi precedenti. La guerra si trasforma rapidamente in un logorante conflitto di posizione, con battaglie sanguinose e fronti che si spostano avanti e indietro senza guadagni territoriali significativi.
Le condizioni per i soldati e i civili si deteriorano drasticamente. L’inverno coreano è rigidissimo e le difficoltà logistiche rendono i combattimenti ancora più estenuanti. Il conflitto assume una dimensione ancora più crudele, con violenti bombardamenti su città e villaggi, rastrellamenti e massacri su entrambi i fronti. La popolazione civile subisce enormi perdite e milioni di persone sono costrette a sfollare. Gli orrori della guerra contribuiscono ad approfondire il solco tra Nord e Sud, rendendo sempre più improbabile una futura riunificazione pacifica.
Sul piano internazionale, l’intervento cinese cambia gli equilibri della guerra e porta a un ripensamento delle strategie da parte delle Nazioni Unite. MacArthur arriva persino a proporre l’uso di armi nucleari per fermare l’avanzata cinese, ma l’amministrazione Truman, preoccupata per un’eventuale escalation globale, respinge questa opzione. La tensione tra MacArthur e Truman culmina infine nel licenziamento del Generale nell’aprile 1951, sostituito dal più prudente Matthew Ridgway. Con il suo arrivo, le forze poste sotto l’egida dell’ONU riescono a stabilizzare il fronte attorno al 38° parallelo, segnando l’inizio di una guerra di trincea che durerà fino alla firma dell’armistizio.
Contestualmente agli eventi militari, la guerra ha profonde ripercussioni culturali e sociali. La propaganda assume un ruolo centrale, con entrambe le parti che dipingono il nemico come una minaccia esistenziale: in Corea del Nord, il conflitto rafforza il culto della personalità attorno a Kim Il-Sung e contribuisce alla costruzione di una narrazione che giustifica la militarizzazione della società. A Sud invece la guerra porta a un inasprimento della repressione politica, con il governo di Syngman Rhee che utilizza il conflitto come pretesto per eliminare oppositori e consolidare il proprio potere.
Nel 1951 iniziano i primi negoziati di pace, ma le trattative sono lente e segnate da continui stalli. Il principale nodo del contendere riguarda il destino dei prigionieri di guerra: molti di quelli provenienti dai Paesi comunisti rifiutano il rimpatrio, un fatto inaccettabile per la Corea del Nord e la Cina. Nel frattempo i combattimenti continuano, con sporadiche offensive che non portano a cambiamenti sostanziali. Le battaglie più celebri di questo periodo, come quelle di Pork Chop Hill e Heartbreak Ridge, evidenziano l’assurdità di un conflitto che ormai non ha più un chiaro obiettivo strategico se non quello di esercitare pressione negoziale sul nemico.
L’armistizio viene infine firmato il 27 luglio 1953 a Panmunjom. Sebbene ponga fine alle ostilità, non sancisce una pace definitiva, lasciando la penisola divisa lungo il 38° parallelo. La zona demilitarizzata coreana (DMZ) diventa in realtà uno dei confini più militarizzati del mondo, simbolo tangibile della divisione tra due sistemi politici ed economici opposti. La guerra di Corea lascia dietro di sé milioni di morti, un paese devastato e una frattura che perdura ancora oggi, alimentando tensioni e rivalità geopolitiche nella regione dell’Asia orientale.