Il vaccino è facoltativo, ma nei fatti si sta rendendo impossibile la vita a chi preferisce non farselo inoculare. Il solito scaricabarile dei politici?
Premessa: ancora una volta, ribadisco che chi scrive è vaccinato. È stata una mia scelta, e la vaccinazione è avvenuta prima che si cominciasse a parlare di Green Pass. Non mi sono vaccinato a cuor leggero, ma ho valutato rischi immediati (certi) e futuri (potenziali), arrivando alla conclusione che vaccinarsi era la scelta migliore.
E per questo mi sento di poter dire a cuor leggero che sulla storia del Green Pass obbligatorio si sta parlando con toni inadatti. Si è generata una caccia alle streghe fuori luogo e si sta spesso ribaltando la logica, si omettono risposte e fondamentalmente si ignorano le regole di base di uno Stato civile.
Partiamo dal primo, fondamentale punto. Ad oggi, il vaccino non è obbligatorio. Il governo italiano non si è assunto carico dei rischi correlati ad un vaccino sperimentale, e non ne ha imposto l’assunzione ai cittadini italiani. Questo è l’unico fatto concreto e l’unico faro che deve far luce sulla vicenda.
Se quindi a decidere si delega il singolo cittadino, lo Stato non può e non deve discriminare chi non ha intenzione di vaccinarsi.
Vero: il Green Pass si può ottenere anche facendo un tampone non antecedente le 48 ore. Un giusto compromesso: o ti vaccini o ti tamponi. Corretto. Ma la spesa per effettuare il tampone non può ricadere, almeno se necessario in ambito lavorativo, sul singolo cittadino. Se è vero che il prezzo calmierato dei tamponi è di 15 euro, e che per lavorare ne serve uno ogni due giorni, il cittadino che legittimamente non si vaccina è costretto a spendere intorno ai 250 euro al mese per tamponarsi. Un’enormità per la maggior parte dei dipendenti, che hanno spesso stipendi che si aggirano intorno ai 1200 euro, e cosa ancora più assurda quando si parla di dipendenti pubblici.
Ecco, questa è la discriminazione di cui parlavo in apertura: io Stato non mi prendo nessuna responsabilità se vaccinandoti ti succede qualcosa, ma o ti vaccini o sei costretto a vederti lo stipendio nei fatti decurtato. E non si possono nemmeno equiparare le mense interne ai ristoranti, vista la loro funzione strettamente legata al posto di lavoro.
È o non è una subdola forma di coercizione contraria ad ogni etica propria di uno stato democratico?
Chi decide di non vaccinarsi non è necessariamente un attivista no-vax. Come abbiamo visto in passato può benissimo trattarsi di persone che non si fidano di possibili effetti sconosciuti che possano eventualmente emergere nel lungo periodo. Eppure i media trattano queste persone esclusivamente come folli estremisti, come irresponsabili, come appestati.
Ma a guidare questa ingiusta offensiva non ci sono solo i media, imbeccati o semplicemente addomesticati a seguire le parole governative, o i politici che non rispondono alle domande (come ci hanno abituato il ministro Speranza ed il sottosegretario Sileri): ci sono tante persone che hanno ribaltato la logica di questa situazione a proprio uso e consumo.
Chi non si vaccina, per i più, è stupido ed irragionevole. Punto. E affermano che chi non si vaccina limita la libertà dei vaccinati; una concetto ridicolo, sia perchè il governo ha stabilito che la scelta è totalmente personale, sia perchè nei fatti sono i non vaccinati ad essere molto meno liberi di muoversi (giustamente in molti casi, perchè più a rischio). Oltretutto il vaccino non ferma il contagio, ma riduce l’impatto sull’organismo; quindi anche l’accusa che i non vaccinati siano degli untori viene meno.
Dispiace vedere che si sia persa l’obiettività in questo paese. Una volta di più mi duole rimarcare come sono veramente poche le voci che tentano di capire, mettendosi nei panni dell’uno e dell’altro, quando i più scelgono la via più semplice: quella di far gruppo ed innalzare barricate che non portano a nulla di buono.
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Green Pass: perchè il governo non rende obbligatorio il vaccino?
Il vaccino è facoltativo, ma nei fatti si sta rendendo impossibile la vita a chi preferisce non farselo inoculare. Il solito scaricabarile dei politici?
Premessa: ancora una volta, ribadisco che chi scrive è vaccinato. È stata una mia scelta, e la vaccinazione è avvenuta prima che si cominciasse a parlare di Green Pass. Non mi sono vaccinato a cuor leggero, ma ho valutato rischi immediati (certi) e futuri (potenziali), arrivando alla conclusione che vaccinarsi era la scelta migliore.
E per questo mi sento di poter dire a cuor leggero che sulla storia del Green Pass obbligatorio si sta parlando con toni inadatti. Si è generata una caccia alle streghe fuori luogo e si sta spesso ribaltando la logica, si omettono risposte e fondamentalmente si ignorano le regole di base di uno Stato civile.
Partiamo dal primo, fondamentale punto. Ad oggi, il vaccino non è obbligatorio. Il governo italiano non si è assunto carico dei rischi correlati ad un vaccino sperimentale, e non ne ha imposto l’assunzione ai cittadini italiani. Questo è l’unico fatto concreto e l’unico faro che deve far luce sulla vicenda.
Se quindi a decidere si delega il singolo cittadino, lo Stato non può e non deve discriminare chi non ha intenzione di vaccinarsi.
Vero: il Green Pass si può ottenere anche facendo un tampone non antecedente le 48 ore. Un giusto compromesso: o ti vaccini o ti tamponi. Corretto. Ma la spesa per effettuare il tampone non può ricadere, almeno se necessario in ambito lavorativo, sul singolo cittadino. Se è vero che il prezzo calmierato dei tamponi è di 15 euro, e che per lavorare ne serve uno ogni due giorni, il cittadino che legittimamente non si vaccina è costretto a spendere intorno ai 250 euro al mese per tamponarsi. Un’enormità per la maggior parte dei dipendenti, che hanno spesso stipendi che si aggirano intorno ai 1200 euro, e cosa ancora più assurda quando si parla di dipendenti pubblici.
Ecco, questa è la discriminazione di cui parlavo in apertura: io Stato non mi prendo nessuna responsabilità se vaccinandoti ti succede qualcosa, ma o ti vaccini o sei costretto a vederti lo stipendio nei fatti decurtato. E non si possono nemmeno equiparare le mense interne ai ristoranti, vista la loro funzione strettamente legata al posto di lavoro.
È o non è una subdola forma di coercizione contraria ad ogni etica propria di uno stato democratico?
Chi decide di non vaccinarsi non è necessariamente un attivista no-vax. Come abbiamo visto in passato può benissimo trattarsi di persone che non si fidano di possibili effetti sconosciuti che possano eventualmente emergere nel lungo periodo. Eppure i media trattano queste persone esclusivamente come folli estremisti, come irresponsabili, come appestati.
Ma a guidare questa ingiusta offensiva non ci sono solo i media, imbeccati o semplicemente addomesticati a seguire le parole governative, o i politici che non rispondono alle domande (come ci hanno abituato il ministro Speranza ed il sottosegretario Sileri): ci sono tante persone che hanno ribaltato la logica di questa situazione a proprio uso e consumo.
Chi non si vaccina, per i più, è stupido ed irragionevole. Punto. E affermano che chi non si vaccina limita la libertà dei vaccinati; una concetto ridicolo, sia perchè il governo ha stabilito che la scelta è totalmente personale, sia perchè nei fatti sono i non vaccinati ad essere molto meno liberi di muoversi (giustamente in molti casi, perchè più a rischio). Oltretutto il vaccino non ferma il contagio, ma riduce l’impatto sull’organismo; quindi anche l’accusa che i non vaccinati siano degli untori viene meno.
Dispiace vedere che si sia persa l’obiettività in questo paese. Una volta di più mi duole rimarcare come sono veramente poche le voci che tentano di capire, mettendosi nei panni dell’uno e dell’altro, quando i più scelgono la via più semplice: quella di far gruppo ed innalzare barricate che non portano a nulla di buono.
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