Elezioni nelle Maldive: i risvolti internazionali

Mohamed Muiz la scorsa settimana ha vinto le elezioni presidenziali nell’arcipelago delle Maldive; ma che importanza hanno queste elezioni nel panorama geopolitico internazionale?

 

 

Le elezioni maldiviane si sono concluse con la sconfitta dell’ex Premier in carica Mohamed Solih, che si è dovuto arrendere con il suo 46% al ballottaggio contro il neo leader Muiz, attestatosi invece al 54%.

Al di là della dimensione locale, queste elezioni sono state fondamentali in quanto hanno ridisegnato parte dell’assetto delle alleanze geopolitiche internazionali.

Nell’ultimo decennio l’arcipelago delle Maldive aveva stretto, e rafforzato poi nel tempo, il suo legame con l’India, potenza in ascesa sia nel panorama locale dell’Oceano Indiano che in quello internazionale visto il ruolo anti-cinese che il subcontinente indiano gioca nell’ottica statunitense; le recenti elezioni tuttavia finiranno probabilmente per cambiare l’assetto delle alleanze politiche e commerciali del Paese.

Non è un segreto infatti che il neoeletto Presidente Muiz sia più propenso a stabilire nuove relazioni e legami commerciali con la Cina di Xi Jinping, nonostante nell’ultima decade gli investimenti indiani nel settore del turismo e delle infrastrutture siano stati piuttosto cospicui.

La scelta della Cina come nuovo alleato e partner commerciale è probabilmente dovuta alla maggiore capacità ed efficenza interventistica che il Paese del dragone ha saputo dimostrare nei confronti dei suoi Paesi alleati, come nel caso di alcuni Stati africani e asiatici; la Cina infatti ha investito profondamente nelle infrastrutture e nell’industria degli alleati, avendo sempre ovviamente come obiettivo quello di favorire la circolazione dei propri beni e del proprio know-how.

 

 

Ma perché invece la Cina si è dimostrata interessata al contesto maldiviano? Per cercare di rispondere a questa domanda bisogna affrontarla tenendo conto di tre fattori: quello geografico, quello sociale e quello politico.

Dal punto di vista meramente geografico, le Maldive si collocano esattamente lungo le più importanti rotte commerciali dell’Oceano Indiano, come quelle che uniscono i porti del sud-est asiatico al Golfo Persico, al Mar Rosso (e quindi al Mediterraneo) e alle coste africane orientali; sarebbero dunque un ottimo punto di appoggio oltreché un eccezionale punto di controllo strategico delle rotte.

Per quanto riguarda il contesto sociale, la Cina potrebbe essere interessata a rendere più vigorosa la sua presenza in un ambito turistico d’eccellenza come quello maldiviano con un duplice scopo: “cinesizzare” il comparto turistico al di fuori del proprio Paese per esportare parte della propria cultura (una sorta di soft power all’americana, vedi McDonald’s), e favorire la circolazione della propria élite sociale in contesti ancora poco esplorati dal turismo cinese, affinché questa possa contribuire ad un ridimensionamento della percezione che le società più sviluppate hanno del Paese e dei suoi abitanti.

Sul piano politico invece, sembrerebbe piuttosto ovvio che lo scopo della Cina sia quello di sottrarre quanti più alleati possibile agli USA (che proprio lì vicino hanno una delle loro tante basi militari) e ai suoi alleati principali, come l’India in questo caso; lo scopo è probabilmente quello di dimostrare concretamente il raggiungimento dello status quo di potenza egemone dominante nel contesto economico globale.

 

 

Le Maldive dunque potrebbero rappresentare l’ennesimo campanello d’allarme per gli USA e, più in generale, per tutti i suoi alleati occidentali: cosa accadrebbe se altri Paesi, seppur minori, decidessero di riposizionare il fulcro delle proprie alleanze spostandolo da occidente a oriente?

Probabilmente siamo ancora ben lontani da uno scenario tale, eppure chi è appassionato di scacchi sa che le partite si vincono iniziando a muovere i pedoni.

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