Dragon Ball Daima è stata incensata per la sua somiglianza con le prime storie, ma basta poco per capire che lo spirito dell’originale è altrove.
La scomparsa di Akira Toriyama ha lasciato un vuoto profondo nel cuore dei fan e di tutti coloro che erano coinvolti nella realizzazione di lavori legati a Goku e compagni. Il manga Dragon Ball Super ha subito una battuta d’arresto, mentre la serie animata Dragon Ball Daima ha voluto omaggiare l’autore con un episodio finale trasmesso nel giorno del primo anniversario della sua scomparsa. Molti vedono Daima come il progetto che si avvicina maggiormente alla serie originale, riprendendo elementi nostalgici che avevano conquistato i fan degli anni Novanta; ma sarà davvero così?
Dragon Ball Daima è ambientato circa un anno dopo la sconfitta di Majin Bu, nel periodo di pace che segue gli eventi di Dragon Ball Z ma prima degli sviluppi di Dragon Ball Super. Questo posizionamento temporale permette alla serie di esplorare nuove avventure, ma rischia di entrare in conflitto con la trama successiva; una scelta rischiosa che verso la fine presta il fianco all’incongruenza quando viene introdotta una nuova evoluzione dei Saiyan mai menzionata nelle storie successive. Una scelta che appare come una caduta di stile, utile solo a strizzare l’occhio alle produzioni non canoniche.
La trama si sviluppa attorno a un evento inaspettato: Goku e i suoi amici vengono trasformati in bambini a causa di una cospirazione segreta; per tornare alle loro forme originali, i protagonisti intraprendono un viaggio nel misterioso Regno Demoniaco, dove affrontano numerose sfide e combattimenti. Questo percorso permette di esplorare aspetti del passato della serie, introducendo nuovi avversari e ampliando il contesto di elementi rimasti in sospeso nelle storie precedenti.
La storia è semplice e lineare: un viaggio alla ricerca di un modo per tornare adulti, scandito da spettacolari scontri e incontri lungo il cammino. Non mancano elementi nostalgici, come il celebre bastone allungabile del giovane Goku, che richiama le origini della serie. Tuttavia, ciò che rende il primo Dragon Ball un’opera irripetibile – e che manca a tutte le iterazioni successive – è quella vena di follia creativa che caratterizzava le prime avventure: un equilibrio perfetto tra provocazione e trovate geniali, culminato nel secondo Torneo Tenkaichi con la celebre Kamehameha sparata con i piedi, un’irriverenza stilistica che non è più tornata nelle storie seguenti unicamente incentrate sulla crescita di potere.
Dragon Ball Daima introduce finalmente il mondo demoniaco, un concetto accennato nella serie originale con la presenza del Grande Mago Piccolo e ripreso brevemente nella saga di Majin Bu, ma mai approfondito. La serie riesce a presentare in modo ampio questo universo, dando nuova luce a temi poco esplorati in passato e cercando di ricollegare la genesi di razze che fino a quel momento non erano mai state associate al mondo demoniaco, suscitando però non poche discussioni tra i fan.
La caratterizzazione di Goku e dei suoi compagni rimane fedele agli archetipi che li hanno resi celebri nella saga originale, mantenendo il loro spirito e le dinamiche consolidate nel corso degli anni. Goku, come sempre, è l’eterna incarnazione della semplicità e della voglia di combattere, ma la sua trasformazione in bambino gli conferisce un simpatico tocco di immaturità che non guasta. Vegeta continua a lottare con il suo orgoglio, Piccolo rimane ancorato al ruolo di supporto e sorveglianza, mentre il resto dei coprotagonisti storici ha troppo poco spazio per rimanere davvero impresso. Vengono però introdotti nuovi alleati e avversari che, in alcuni casi, sembrano purtroppo mere imitazioni dei famosi cattivi delle saghe precedenti, risultando “macchiette” non particolarmente riuscite.
La Toei Animation (Dragon Ball, One Piece, Sailor Moon, I Cavalieri dello Zodiaco, Digimon), storica casa produttrice, offre un’animazione di alta qualità, curando in particolare le spettacolari sequenze di combattimento e utilizzando colori vivi e brillanti. Anche la colonna sonora e le musiche che accompagnano le scene d’azione sono ben realizzate e coinvolgenti.
Dragon Ball Daima ha il merito di riuscire a conquistare molti fan, vecchi e nuovi, senza sfigurare rispetto alla serie storica, ma purtroppo senza proporre nulla di particolare o di già visto. L’unica domanda che rimane aperta è: con l’assenza di Akira Toriyama, come evolveranno i futuri progetti legati a Dragon Ball?