Il colosso nipponico sembra essere assente senza Marquez; può davvero il pilota valere più della moto?
È chiaro ormai che il costruttore numero uno al mondo per risultati (72 titoli contro i 37 di MV Agusta) viva una crisi non indifferente. Lo scorso anno, solo nella Moto3 è riuscito a salvare la faccia: nella classe regina ha chiuso il campionato costruttori in quinta posizione dietro alla KTM di ben 66 punti; e quest’anno non sembra essere partito meglio dato che dopo 3 gran premi è addirittura ultimo con soli 20 punti, 9 dei quali conseguiti dal rientrante Marc Marquez col settimo posto del GP Portoghese.
Non è stato così nel 2018 e 2019 invece, stagioni in cui ha vinto a mani basse il titolo per marche oltre a quello piloti, con un dominio pazzesco della sua punta di diamante, e ha sollevato un quesito importante: è vera crisi tecnica della sua RC213V o scarsa competitività dei suoi piloti, ad esclusione appunto di Marquez?
Ovviamente non è facile rispondere a questa domanda con gli elementi che hanno in possesso tutti i comuni mortali. Vero è che il colosso giapponese ha fatto delle scelte piuttosto discutibili almeno dall’esterno: prima fra tutte l’ingaggio di Alex Marquez, a cui non è stato dato neanche il tempo di scaldare le gomme che già lo avevano “ricollocato” nel team satellite, seppur validissimo, di Lucio Cecchinello. Il cambiamento è sembrato a tutti anomalo ed così affrettato da renderlo incomprensibile.
Una cosa però è assodata: il “cabroncito” è l’unico in grado di fare il bello ed il cattivo tempo con la moto di Hamamatsu. Questo però non significa necessariamente che gli altri piloti siano delle mezze tacche.
Aleix Espargarò, ad esempio, ha certamente bisogno di crescere e conoscere la moto ed adattarsi al cambiamento. Rider più esperti come Nakagami o Stefan Bradl però non sono riusciti ancora quest’anno ad essere veramente competitivi, a parte qualche sporadica fiammata in alcune gare; quest’ultimo non ha brillato né in gara né, verrebbe da pensare, come collaudatore, vista la difficoltà di tutti di sfruttare la Honda da MotoGP. Fu lo stesso Marquez d’altronde a confermare che per andare forte con la RC devi caderci anche diverse volte.
Ecco, forse è proprio questo il problema di fondo: la moto nasce e viene sviluppata quasi esclusivamente basandosi sulle esigenze del campione spagnolo, che ha uno stile di guida estremo e sembra non curarsi minimamente della difficoltà di interpretazione della RC213V con la quale, ricordiamocelo, è caduto “senza cadere” una quantità industriale di volte, mettendo, coi suoi salvataggi, svariate pezze ai limiti della sua moto.
Da diversi anni la politica del gigante nipponico, che ha sempre tenuto a ribadire che è la Honda a far vincere il pilota e non il contrario, “perché è la moto migliore”, contrasta profondamente con quanto detto sopra: basti ricordare la “frattura” con Rossi nel 2003, pagata a caro prezzo l’anno successivo con la fuga di buona parte del suo staff, oltre che del campione pesarese, con conseguente schiaffo che ha risuonato bene con i tre diapason.
Come ribadire adesso che la sua è la moto migliore del campionato quando la passata stagione, senza Marc, ha chiuso solo davanti alla “piccola” Aprilia?
È comprensibile che rinunciare al catalano sarebbe una follia, ma tenere dei gregari in scuderia per non mettere il discussione il suo dominio e non ascoltare le richieste di quello che dovrà essere prima o poi il nuovo futuro della casa giapponese è estremamente rischioso. Lo si è visto con l’infortunio che ha tenuto Marquez lontano dalle piste per un anno e che ha relegato la vittoria ad un brutto anatroccolo; ancora più difficile da accettare visti i budget faraonici che Honda investe da sempre nel mondiale.
Sarà e resterà Marc Marquez il futuro della Honda? Riuscirà a riportarla in vetta al campionato?
Di sicuro il catalano non starà a guardare, lo ha già dimostrato appena rientrato, e conoscendolo, da combattente quale è, ha cominciato a fare sul serio già da Jerez, anche per una “sfida” col circuito in cui lo scorso anno si fece male, per ribadire che il Re è ancora lui, che il Re è tornato. Ma state pur certi che nessuno gli regalerà nulla. Chissà se basterà a far tornare la Honda prima della classe o se il costruttore nipponico dovrà rivedere i suoi piani cercando di realizzare una moto più semplice ed intuitiva che permetta anche agli altri piloti di raccogliere punti importanti.