Colpo di Stato in Bolivia: cosa sembra esserci dietro il tentativo di destabilizzazione

Un tentato golpe sta rischiando di far piombare lo Stato andino in una nuovo periodo di incertezze: ombre estere o strategia interna?

 

 

Il 26 giugno la Bolivia è stata teatro di un tentativo di colpo di Stato che ha scosso il Paese, e l’ha gettato nuovamente in un angosciante oceano di incertezza politica e sociale; le tensioni infatti sono esplose con una rapidità sorprendente, lasciando la popolazione sgomenta e la scena politica internazionale interdetta.

La Bolivia ha una lunga storia di instabilità politica, spesso caratterizzata da frequenti cambi di governo e tensioni fra le diverse fazioni politiche che compongono e hanno composto la galassia parlamentare del Paese. Negli ultimi anni lo Stato sudamericano godeva di certo grado di stabilità sotto la guida di Luis Arce, successore di Evo Morales e membro del partito Movimento per il Socialismo (MAS), ma a quanto pare le tensioni non sono mai scomparse del tutto e il recente tentativo di colpo di stato è un chiaro segnale delle profonde divisioni ancora esistenti.

Nei giorni scorsi un gruppo di ufficiali militari guidati dagli ex comandanti dell’Esercito e della Marina boliviana, Juan José Zúñiga e Juan Arnez Salvador, hanno tentato di prendere il controllo dello Stato attaccando il Palacio Quemado con mezzi da guerra e armamenti pesanti, accusando l’amministrazione Arce di corruzione e malgoverno.

 

 

Il golpe è durato meno di 3 ore e il risultato finale pare averlo già trasformato in un’operetta minore; eppure nonostante il tentativo si sia dimostrato inefficace e vertiginosamente goffo, le teorie e le speculazioni sull’origine di questa golpe hanno dato i natali ad una serie di scenari che profumano di storia recente, ma che forse stavolta hanno davvero poca consistenza.

Uno dei Paesi maggiormente nominato all’interno di queste tesi sono ovviamente gli Stati Uniti; la storia delle relazioni tra Bolivia e USA è stata infatti complessa e conflittuale, e lo è tutt’ora vista la guida socialista del Paese andino. Durante il mandato di Morales infatti le tensioni erano andate in crescendo, per poi culminare nell’espulsione dell’ambasciatore americano Goldberg nel 2008 con l’accusa di ingerenza nei processi politici interni. L’amministrazione Arce ha continuato a mantenere una posizione critica nei confronti della politica estera statunitense, e della loro volontà di espandere il loro sistema capitalista nella ricca area sudamericana.

Secondo altre ipotesi, oltre a eventuali nazioni estere, anche importanti gruppi industriali transnazionali sembrerebbero aver avuto un ruolo nel tentativo di colpo di Stato; le multinazionali infatti, e in particolare quelle impegnate nel settore delle risorse naturali come Total, Tecpetrol e YPFB, nutrono un forte interesse per la politica di Paesi come la Bolivia, viste sia le loro quote all’interno dei mercati energetici boliviani che i materiali di cui dispone il sottosuolo boliviano (uno su tutti il litio, elemento principale della rivoluzione green).

 

 

Nella logica delle sopracitate ipotesi quindi questi gruppi industriali potrebbero aver percepito il governo di Arce come un ostacolo ai loro futuri obiettivi di sfruttamento delle risorse, e potrebbero aver fornito supporto finanziario e logistico ai gruppi di opposizione.

Le fattezze e il risultato del golpe sembrerebbero però non essere  il tentativo di una forza esterna di fare crollare il governo boliviano di Arce; uno degli scenari più ipotizzabili infatti potrebbe essere anche quello in cui il mandante del tentato golpe risulterebbe essere il Governo stesso,  interessato sia ad affermare la sua leadership (il Partito sta perdendo credibilità dopo Morales) ed eliminare al contempo il generale Zuniga, già avversario politico dell’ex Presidente e persona sospettata di simpatie filo-americane.

Se così fosse, nonostante il tentativo di golpe sia fallito, il futuro della Bolivia sarebbe ancora incerto.

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