Cina e Venezuela: il gioco delle alleanze nell’ottica del futuro

La visita di Maduro in Cina sancisce la solidità dell’alleanza fra Cina e Venezuela; un’alleanza win-win forse finalizzata al depotenziamento statunitense?

 

 

Il Presidente venezuelano Nicolas Maduro è volato in Cina la scorsa settimana per un incontro istituzionale ufficiale; al centro dell’incontro ci sarebbe la volontà di cementificare ulteriormente un’alleanza che da entrambe la parti viene già definita “ferrea”, soprattutto in seguito all’appoggio che il Venezuela ha ricevuto dalla Cina durante le vicende della doppia presidenza di Maduro e Guaidò.

Il teorico indirizzo socialista che guida l’agenda politica interna ed estera dei due Paesi è certamente un punto di contatto importante fra queste due realtà statali; ciò che forse accomuna maggiormente questi due Stati è il sentimento anti-americano, sorto sia per motivi puramente geopolitici, come nel caso del Venezuela, sia per ragioni di egemonia come nel caso della Cina.

Oltre queste motivazioni, che potremmo definire di facciata, ci sono probabilmente delle cause più profonde e meno note che hanno guidato la scelta di Cina e Venezuela nell’allearsi a vicenda, e che hanno fatto spendere ai leader dei due Paesi parole importanti e dalla risonanza internazionale nei confronti di queste alleanza.

Il Venezuela probabilmente non vuole più alcun tipo di ingerenza estera all’interno della propria politica interna, soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno visto l’ennesimo coinvolgimento statunitense nella politica sudamericana, e l’alleanza con Pechino gli permetterebbe di ottenere un duplice guadagno in quest’ottica; la Cina infatti non avrebbe alcun interesse ad intervenire nella politica interna del Paese sudamericano; tuttavia la sua enorme potenza economica e militare rappresenterebbe per il Venezuela sia un mercato per l’esportazione che un deterrente per le possibili infiltrazioni estere non gradite.

 

 

La Cina invece acquisirebbe un partner importante per quanto riguarda gli approvvigionamenti petroliferi; l’importazione di petrolio in Cina è infatti in costante aumento dal 2021, e la necessità di Pechino di implementare o, nella peggiore delle ipotesi, sostituire parte del petrolio russo (maggiore esportatore verso la Cina) a causa della guerra in Ucraina ha fatto probabilmente sì che Pechino si mostrasse particolarmente interessata alle relazioni con il Venezuela.

Quest’ultimo è infatti uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo ed il maggior possessore di scorte di petrolio stoccate in tutto l’emisfero occidentale; a lungo termine il Venezuela potrebbe essere l’alleato più prezioso per il Paese del Dragone, anche alla luce del suo carattere spiccatamente e storicamente anti-americano, il che, almeno in linea teorica, dovrebbe scongiurare il rischio di pericolosi voltafaccia geopolitici.

Sullo sfondo della transizione energetica le maggiori potenze mondiali stanno presumibilmente pianificando il proprio futuro, e stringere rapporti con importanti Paesi produttori pieni di riserve è una strategia per assicurarsi un ampio margine di manovra all’interno di questa transizione. La Cina ha sempre dimostrato negli ultimi anni di presidenza Xi un certo cinismo, e proprio per questo probabilmente ha scelto non solo di non fidarsi unicamente dei Russi (forse per timore di un dopo-Putin), ma anche di non considerare come partner strategico l’Arabia Saudita vista la sua intricata vicinanza agli USA.

 

 

La logica dei blocchi non è così netta come 60-70 anni fa: è più frastagliata e presenta una maggiore complessità strutturale. Tuttavia le pratiche politiche internazionali che si stanno mettendo in atto ultimamente sembrano rispecchiare quegli anni lì: due grandi Stati, due sistemi culturali diversi da scegliere e che non ammettono troppe commistioni (vedi abbandono Italia dal BRICS), come se la polarizzazione sociale che stiamo vivendo avesse permeato anche le logiche dei rapporti internazionali fra Stati.

Lo scacchiere delle alleanze strette oggi forse stabilirà la configurazione globale del prossimo futuro, sempre nell’attesa che la nascita di un nuovo dualismo geopolitico arrivi a scombinare le strategie attuate fino a quel momento.

L’eterno ritorno sembra non essere solo filosofia.

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