Se, come diceva Maurizio Costanzo, “bona la prima”, la seconda potrebbe anche andare bene ma non facilmente come poteva sembrare.
Il proseguo di narrazione della serie di Prime Video Carnival Row parte da ottime premesse ma rischia qua e là l’inciampo. Tutto nel mondo dei fatati è al suo posto. Gli umani sono cattivi e un filino razzisti, gli ibridi sono alquanto nervosetti e la politica sguazza felicemente nel torbido, più o meno come nella realtà. I quesiti da sciogliere sono diversi ma, di base, il più importante riguarda l’imberbe Orlando Bloom (Il Signore Degli Anelli, Black Hawk Down, La Maledizione Della Prima Luna, Troy, Lo Hobbit, The Outpost) nei panni sudici di Philo. Riuscirà il figlio bastardo del Cancelliere a salire al potere per creare un governo pacifico e senza divisioni? Lungi da noi dare la risposta, lo spoiler è un reato serio. Il problema è che, a tratti, sembra che neanche gli autori abbiano gran voglia di tagliare il traguardo.
Serpeggia nel corso delle diverse puntate la paura di restare uccellati come nella saga di Lost o, peggio, di ottenere una clamorosa supercazzola come in Stranger Things. L’ansia scende giusto perché, qua e là, sono infilate sapienti scene di sesso che fanno confluire il sangue lontano dal cervello e dal cuore e perché siamo tutti stati cresciuti con l’idea che la speranza è l’ultima a morire. Ma a farci da tarlo, nel frattempo, ci pensa Cara Delevingne (Only Murders In The Building 2, Città Di Carta, Valerian E La Città Dei Mille Pianeti) che diventa sempre più fastidiosa, puntata dopo puntata. Come in un matrimonio con breve vita, ogni fotogramma in sua compagnia si fa sempre più pesante. Insopportabile quel suo perenne sguardo imbronciato. Corrosivo il suo personaggio zuppo di ideologie e cause perse. Risulta spiacevole anche il nudo. Non sapremo mai se la colpa è della sua recitazione o di un copione mal scritto, ma resta l’incontrovertibile fatto che alla fine si tira un sospiro di sollievo quando la narrazione punta sulle storie parallele della Nuova Alba.
Questo scricchiolio della trama impone un voto più basso rispetto agli episodi precedenti che, però, non scende nell’insufficienza grazie all’invenzione dello Sparas. Perché alla fine tutto è salvato dall’inattesa piega splatter che l’ingresso di questo mostro impone, tra schizzi di sangue e metri d’intestino sparsi sulle strade di Burgue. Cos’è? Chi è? Cosa vuole? Come si sconfigge? Tante domande nello spettatore che s’impegna a trovarne soluzione senza rendersi conto che la serie, nel frattempo, va avanti. Il colpo di scena sulla sua vera identità è di livello come lo è il duello finale col protagonista.
Poi, a ricordarci che le cose belle durano poco, arriva un happy ending meno divertente di quello ottenuto in un qualsiasi centro massaggi. E quando ogni pezzo va esattamente al suo posto, vuol dire che qualcosa che non è andato al suo posto. Perché persino i film di Natale della Disney hanno rinunciato a una soluzione così dritta dei suoi lavori.
Restano effetti speciali ben fatti, costumi ottocenteschi alla Tim Burton e un discreto gruppetto di figoni a torso nudo e belle figliole desnude, a seconda dei gusti. Nel complesso dieci episodi piacevoli ma che di certo non cambieranno la vita a nessuno. A parte all’Orlando fuffoso… che continua a rimpinguare il conto in banca pubblicazione dopo pubblicazione. Forse è lui il vero mostro!