Can che abbaia non morde… ma tiene svegli

Gli animali domestici nel contesto urbano. Cani: diritti ma anche doveri.

 

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Affrontiamo un argomento popolare e al tempo stesso impopolare per diverse ragioni. In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su un tema molto diffuso su cui c’è tanta informazione al punto da generare anche confusione: spesso sento conoscenti ed amici dire “ho il cane del vicino che la notte fa un inferno, ma tanto non puoi fare nulla”. Non è affatto vero e proviamo a capire come risolvere il problema facendo però una premessa fondamentale: l’invito è sempre quello al dialogo pacato, ad evitare di attendere ed esasperarsi per poi magari arrivare ad innescare liti; sicuramente il problema è condiviso con altre persone, quindi è meglio evitare la battaglia personale e arrivare ad azioni legali/giudiziarie solo se proprio non si trova altra soluzione pacifica.

Gli animali domestici fanno parte da sempre della vita dell’uomo, anche se fino a non moltissimi anni fa coabitavano nel contesto familiare quelli considerati di compagnia e quelli da cortile, destinati almeno in parte all’alimentazione della famiglia stessa: era pratica comune che vi fossero alcune specie allevate per il sostentamento del nucleo familiare o per essere “scambiate” con i fattori vicinanti. Nel tempo però questa tipologia di vita si è (ahimè!) perduta, e negli ormai grandi centri urbani gli animali presenti sono praticamente solo da compagnia.

Se per alcuni animali domestici “inside” ossia quelli che non escono praticamente mai da casa (uccelli, pesci, tartarughe, ecc.) la gestione risulta piuttosto semplice e il “contatto” con i nuclei familiari adiacenti pressoché inesistente, questo parametro non può certo essere applicato ai cani. A scanso di equivoci vorrei rassicurare che amo veramente l’ambiente ed in esso ovviamente gli esseri viventi, ma non amo le ipocrisie: i diritti degli animali esistono come quelli delle persone. Io stesso ho animali domestici e, anche se ora non esercito, sono una guardia zoofilia regionale, ma bisogna rammentare sempre che la propria libertà finisce dove inizia quella dell’altro.

 

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Nel contesto urbano non possiamo negare che i cani abbiano un peso completamente diverso nella vita delle persone, e non può essere considerata certamente una colpa dell’animale stesso ovviamente: va sempre ricordato che siamo noi ad annetterli alle nostre vite in case o giardini.
Abbiamo già trattato in un altro articolo il problema delle deiezioni, ma su questo aspetto la legge è piuttosto chiara ossia gli escrementi dei nostri amici pelosi vanno raccolti sempre; recentemente si è aggiunta anche la diluizione dell’urina, problema estremamente sentito dai negozianti (e dai cerchi corrosi agli automobilisti), anche se è pratica ancora “fresca” e poco applicata.
Non si può pensare di avere il diritto di lasciare in terra un qualcosa che un altro si porterà in auto o a casa o peggio ancora sul posto di lavoro; la nostra libertà, il diritto di avere uno o anche più cani, ed il loro di espletare le proprie funzioni corporali, non è più importante del diritto/desiderio di un nostro concittadino di non puzzare di merda: lo so, non è fine ma in questo caso una necessaria licenza letteraria consentitemela.

Ma arriviamo al nocciolo di questo articolo, ossia l’abbaiare dei cani che tante cause civili ha aperto in questi ultimi anni e su cui si è dibattuto con pareri ed opinioni divergenti, tanto da generare appunto molta confusione in proposito. Un Giudice di Pace di Rovereto, ad esempio, con sentenza dell’11 agosto del 2006, aveva stabilito che “abbaiare è un diritto esistenziale dei cani”; è chiaro a tutti che la forma di espressione “verbale” di questo animale non possa certamente essere altra, e non si può sicuramente sollevare un problema al vicino proprietario o detentore perché il cane abbaia un po’ durante il giorno, soprattutto se il fenomeno è dovuto a sollecitazioni esterne. A sostegno di queste affermazioni si è espresso anche il Tribunale Civile di Lanciano che in una sentenza ha ribadito che “abbaiare è un diritto sacrosanto del cane, specie quando aiuta l’uomo nella difesa della sua proprietà”.

 

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A “smantellare” questo concetto permissivista dovrebbe in primo luogo essere un atto di coscienza civile oltre che di rispetto, sentimenti entrambi sempre più dimenticati negli ultimi anni anzi direi decenni ormai; se questo non bastasse, arriva a sostegno di questo concetto la legge, nella fattispecie il codice penale ed in subordine anche quello civile. Vediamo come in con un esempio pratico.

Il nostro vicino ha un cane nel giardino che durante la notte (ovviamente ha un peso diverso ma la regola vale anche di giorno) abbaia in continuazione, praticamente sempre, alterando in maniera significativa la qualità della vostra vita nonché il riposo e, a cascata, tutto il resto, salute, serenità lavoro ecc. Prima di tutto esiste un articolo del Codice Penale, ossia il 659, che cita appunto il “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” definendo che “chiunque mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o segnalazioni acustiche suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli ed i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda fino a 309 euro”.

Concentriamoci su quel “non impedendo strepiti di animali” perché il concetto è proprio questo: se per una qualsiasi ragione hai un cane che di notte è particolarmente sensibile, ha paura, o comunque non accetta di stare fuori, non puoi scaricare il problema sugli altri; e se è vero che il cane ha diritto di abbaiare, ne hanno altrettanto i vicini di dormire, anzi consentitemi di sottolineare che mi sembra ben più importante il diritto delle persone. I più attenti diranno che l’articolo esiste dal 1930, quale sarebbe allora la novità? Di nuovo c’è che la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato che è un reato non impedire che il proprio cane abbai troppo (vediamo come non fa distinzione di orario) disturbando i vicini. Non solo, i Giudici hanno stabilito che non serve una perizia né alcun accertamento tecnico che confermi il superamento della “soglia di normale tollerabilità” del rumore molesto, ma sono sufficienti le deposizioni dei testimoni in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti subiti dai rumori percepiti.

Chiaramente, in un eventuale nuovo giudizio, questo non dà la certezza assoluta che un Giudice si esprima favorevolmente ad una eventuale querela nel confronti di un proprietario/detentore di un cane (non vi è una distinzione si è sempre responsabili delle azioni dell’animale); questo perché per esserci un riferimento certo, per dirla in termini semplici, la Cassazione dovrebbe esprimersi a sezioni Unite, dando un orientamento definitivo a cui le singole sezioni dovrebbero attenersi senza poter esprimere un parere diverso. Questo nuovo orientamento, benchè non vincolante, è importante perché stabilisce che non serve dimostrare materialmente il fatto, ma che le stesse deposizioni, se ovviamente reputate valide e concordanti, sono esse stesse una prova materiale del reato.

Certo, una sanzione o addirittura una condanna non è detto che risolvano la situazione ma il Giudice, in ambito civile, può arrivare ad imporre al proprietario ad esempio di tenere in casa il cane la notte e l’eventuale non rispetto del dispositivo del giudice potrebbe portare anche al sequestro dell’animale da parte dell’autorità giudiziaria. Insomma, come spesso accade, o si è male informati o lo si è parzialmente; certo è che dover adire alla via giudiziaria non è mai simpatico. È bene ricordare che questi presunti reati, considerati di pericolo ma che arrivano fino alla corretta detenzione e gestione dell’animale, sono di competenza della Polizia Locale come delle Associazioni di Guardie Zoofile volontarie legalmente riconosciute ed autorizzate, spesso in collaborazione proprio con le autorità locali, dalla Polizia Locale al servizio Veterinario delle Asl fino ai Carabinieri Forestali.

 

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In ultimo, dopo queste considerazioni prevalentemente legali, vorrei toccare un attimo l’aspetto umano della vicenda, facendo un invito generale alla civiltà, soffermandoci a pensare anche al più banale dei gesti che spesso viene commesso da chi porta il cane a passeggio: quello del tenerlo senza guinzaglio nelle aree verdi pubbliche. Voglio raccontandovi un aneddoto in merito: tempo fa, in servizio di controllo gestione e microchippatura all’interno di Villa Ada come Guardie Zoofile, avvicinammo una Signora con tre cani sciolti. Mentre ci forniva i dati suoi e dei suoi amici a quattro zampe, le feci notare che è obbligatorio il guinzaglio; non avevamo intenzione di multarla, piuttosto il nostro era un invito al rispetto delle regole. Lei mi chiese se mi sembrava giusta questa regola che privava gli animali della possibilità di correre e giocare, adducendo che i cani sono buoni e mille altre validissime ragioni. Le risposi che sì, mi sembrava giusta, visto che di norma, soprattutto nel fine settimana, all’interno di parchi come quello sono presenti anche migliaia di persone con altrettanti cani sciolti e la cosa, alle molte altre persone che non hanno il cane ma vanno in bicicletta o fanno running non fa affatto piacere, e che anche loro hanno il diritto di correre e giocare senza essere rincorsi o rischiare di investire qualche animale con la bicicletta.

Cerchiamo di essere anche noi, oltre ai nostri pelosi, il migliore amico del nostro prossimo!

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