Il passato ritorna ed il presente riserva incredibili sorprese.
Quando ho concluso la visione della prima stagione di quest’opera (Broadchurch – Stagione 1), mi sono posto una semplice domanda: “E’ necessario un seguito?”. In quel preciso momento pensavo di no. E’ stata una delle primissime volte in cui mi sono sentito davvero soddisfatto dopo aver visto la fine di una serie TV, ed aver scoperto che esistevano ancora due stagioni da guardare, mi ha fatto sorgere qualche dubbio. La mia preoccupazione, nel vedere rovinato il lavoro di questa splendida narrazione dalle spietate leggi del mercato che cercano di incassare soldi, piuttosto che mantenere un buon livello, mi ha quasi portato a rinunciare alla visione di questa seconda stagione; per fortuna la curiosità ha avuto la meglio!
E’ chiaro che in una sola stagione non era possibile descrivere tutti gli spunti che sono stati proposti, come ad esempio il passato dell’ispettore Alec Hardy. Un passato di cui ancora non sappiamo grandi cose, ma che è stato costantemente presente nella prima stagione e che ha portando il nostro protagonista ad assumere comportamenti estremamente insofferenti e rabbiosi. Da qui deriva la grande prova interpretativa di David Tennant nei panni dell’ispettore Alec Hardy. Ho però apprezzato il fatto che, pur avendo accennato al passato del nostro protagonista, la faccenda sia rimasta così vaga nell’aria da non disturbare più di tanto le trame principali che si affastellavano una dietro l’altra. Era comunque chiaro che, lo spunto lasciato in sospeso, doveva essere soddisfatto in qualche modo. Così la seconda stagione ci regala il passato dell’ispettore Alec Hardy su un piatto d’argento, non con banali flash back o semplici ricordi raccontati dal nostro protagonista, ma con una vera e propria indagine fuori dalle righe in cui verrà coinvolta a forza anche il vice ispettore Ellie Miller. Il misterioso caso di Sandbrook, che ha portato alla “fuga” a Broadchurch dell’ispettore Alec Hardy, ritorna quindi prepotentemente alla ribalta e vede protagonisti nuovi interpreti tra cui ricordiamo Eve Myles apparsa in Doctor Who e protagonista dello spin-off Torchwood.
Ripartendo dal grande finale in cui si è scoperto l’assassino del giovane Danny Latimer (state tranquilli non lo nominerò per non rovinare la sorpresa a chi non ha ancora avuto la possibilità di vedere la prima stagione) non mi sarei mai aspettato di assistere al suo processo. In questo caso, ripercorreremo tutto il filo conduttore della prima stagione, evidenziando i passaggi che hanno portato alla conclusione dell’iter investigativo e soprattutto mettendo in discussione tutti i metodi non del tutto ortodossi che i due protagonisti hanno messo in campo per risolvere il caso. L’ispettore Alec Hardy avrà un ruolo più distaccato, non avendo profondi legami con le persone coinvolte nel processo, e dovendo gestire l’indagine estemporanea sul suo passato, che ovviamente lo coinvolge emotivamente in modo diretto. Invece, il vice ispettore Ellie Miller, interpretata da Olivia Colman che ha dato brillante prova di se calandosi nei panni di una donna in carriera in un ambiente prettamente maschilista, viene profondamente travolta dalla vicenda processuale che vedono coinvolte in modo diretto tutte le persone a lei care.
Olivia Colman si troverà quindi a gestire un personaggio diviso su due fronti: il processo emotivamente provante con tutte le implicazioni che ne derivano e l’indagine in cui l’ispettore Alec Hardy la trascina a forza. Partecipare ad un processo che vede coinvolti amici e parenti è una cosa che distruggerebbe chiunque, sia psicologicamente che fisicamente. Anche una donna forte come Ellie Miller ha subito il contraccolpo che ha scombussolato tutta la comunità di Broadchurch; questo è indubbio ed evidente sin dalle prime battute della seconda stagione. Tuffarsi nel lavoro per allontanarsi dalle trappole di un processo che tutto sembra fuor che scontato, e che vede passare al setaccio ogni momento della fase investigativa dei due protagonisti, diviene quasi una agognata salvezza. Quindi è evidente che, quando l’ispettore Alec Hardy la trascina in un caso spinoso ed al limite del regolamento, Ellie Miller sembra restia ad accettare, ma in cuor suo sa bene che quella è una buonissima occasione per evadere dalla sofferenza che si è abbattuta su tutti loro. Olivia Colman porta sullo schermo un personaggio ancora più complesso con una pesantissima situazione emotiva e ne esce davvero bene.
Una buona parte di questa stagione vede crescere le trame legate alla famiglia Latimer e non solo perché legate all’iter processuale. Dopo la perdita del figlio, Beth e Mark hanno visioni differenti su come mandare avanti il loro matrimonio e questo darà l’opportunità agli autori di poter descrivere in maniera approfondita due modi estremi in cui si può arrivare a gestire un lutto. Mentre Mark sembra essere travolto dalle vicende e si alimenta di istinti momentanei, Beth ha in se una sofferenza profonda che potrebbe sfociare in azioni dal tutto fuori controllo, ma riesce sempre a trovare una sorta di lucidità che bilancia le sue azioni.
Come per la prima stagione, una menzione particolare deve essere fatta per l’ambiente che fa da sfondo a tutta la serie. Le scogliere a picco e le casette di provincia, le campagne inglesi e il piccolo porto turistico sono un palcoscenico fantastico che nulla a da invidiare alle metropoli americane o alla monumentale Londra.
Il finale della seconda stagione è all’altezza di tutta la serie. Ottima la conclusione delle trame sul caso di Sandbrook. Sorprendente il finale del processo e le conseguenze che esso porta. Se la prima stagione è stata molto bella e ben realizzata, anche la seconda stagione mantiene lo stesso identico livello di intensità.