Attacco al Cremlino: attentato o strategia russa?

L’attacco dei due droni che ha colpito il Cremlino ha sconvolto la classe politica russa: sorpresa reale o ottima recitazione? 

 

 

La scorsa settimana due droni da combattimento UAV hanno colpito la cupola del Palazzo del Consiglio della Federazione Russa (il Senato russo), provocando due forti esplosioni udite in quasi tutte le aree della città moscovita; i politici russi hanno immediatamente gridato all’attacco terroristico, accusando l’Ucraina e i suoi alleati (in particolare gli USA) di voler attentare alla vita del Presidente Vladimir Putin.

Dopo l’attentato, Dmitrij Anatol’evič Medvedev, braccio destro di Putin, ha rilasciato un’intervista nella quale afferma che a questo punto la soluzione migliore per la Russia e la sua sicurezza sarebbe l’uccisione del capo del “regime ucraino” Volodymyr Zelensky; la tensione è poi aumentata dopo la pseudo-rissa fra i delegati di Russia ed Ucraina al vertice economico del Mar Nero ad Ankara.

La metodologia dell’attacco, i danni reali e le motivazioni che hanno permesso a due droni nemici di volare indisturbati nei cieli di una Mosca in stato di allerta rimangono ovviamente celati dalla censura politica russa, che ha deciso quali immagini e quali dichiarazioni rilasciare alla già controllata stampa in merito all’accaduto.

 

 

Ciò che sembrerebbe trasparire dalle varie dichiarazioni rilasciate è la certezza di colpevolezza che i vertici politici e militari russi hanno nei confronti dell’Ucraina, che è stata immediatamente ritenuta responsabile insieme ai suoi alleati statunitensi; queste dichiarazioni tuttavia potrebbero essere parte di una strategia più grande e intricata che include anche gli attacchi terroristici al Cremlino.

L’attacco al Palazzo del Consiglio può risultare un fatto ambiguo e allo stesso tempo altamente strategico per Mosca se osservato da una certa prospettiva e con un certo grado di oggettività; all’interno dell’analisi di questo evento infatti andrebbero considerate diverse variabili come lo stato della sicurezza interna russa e la situazione attuale della campagna militare in Ucraina.

I cieli russi sono difesi e sorvegliati da una delle migliori contraeree del mondo attualmente in circolazione (la 2K22 Tunguska), che difficilmente concederebbe a qualsiasi dispositivo nemico di avvicinarsi non solo al Cremlino, ma agli stessi confini della Federazione; oltre alla potenza dei mezzi di difesa c’è poi da tenere in considerazione anche l’alto grado di attenzione e di militarizzazione presente in questo momento in Russia, vista la situazione con la vicina Ucraina.

Parrebbe difficile dunque credere che in una situazione di guerra due droni siano riusciti a sorvolare i cieli russi indisturbati per circa 500 km senza essere individuati e di conseguenza abbattuti; se poi consideriamo l’obiettivo dell’attacco la situazione sembrerebbe prendere una piega ancor meno credibile dati gli impressionanti standard di sicurezza che avvolgono le strutture del potere russo.

 

 

Oltre alle considerazioni in materia di difesa e militarizzazione del territorio ci sono poi considerazioni di carattere strategico da fare: in questo momento la guerra in Ucraina è in una fase di stallo a causa di fattori militari, come la strenua resistenza delle truppe ucraine foraggiate dai mezzi e dalla provviste occidentali, e di fattori naturali, come le piogge e il conseguente fango primaverile che in molti casi può compromettere l’avanzata dei reparti più pesanti dell’esercito russo.

La Russia quindi sembrerebbe aver bisogno di una svolta all’interno di questo scenario che, contrariamente a quanto si pensava, sta logorando lentamente i suoi militari e la credibilità di molti politici e strateghi locali; un attacco di questo tipo dunque potrebbe giustificare almeno parzialmente attacchi più pesanti e distruttivi contro l’Ucraina e i propri militari, con lo scopo di destabilizzare la resistenza ucraina e, per estensione, occidentale.

La verità in situazioni come questa è spesso irrintracciabile, e probabilmente i suoi contorni non sono così netti come entrambe gli schieramenti vogliono farli sembrare. Eppure una verità probabilmente c’è: nessuno al momento sembra voler giungere ad un compromesso immediato per cessare le sofferenze di due popoli.

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